Zubin Mehta: la longevità nella musica dona carisma
Zubin Mehta ha sicuramente fatto la storia della direzione d’orchestra del secondo ‘900 – come i suoi amici Claudio Abbado e Daniel Barenboim (che incontrò proprio in Italia negli ’50 ai corsi estivi della prestigiosa Accademia Chigiana” di Siena) – ma a 85 anni è ancora indomito sul podio con la sua bacchetta.
Lo è nonostante l’età e un tumore curato l’anno scorso che così ha raccontato al Corriere della Sera: «Un bravo ortopedico, da cui ero andato per un ginocchio, ha intuito che si trattava d’altro. Gli esami hanno confermato cancro al rene, già in metastasi. Tutti sembravano molto spaventati, tranne me. Ho chiamato il mio medico in Israele, mi ha raggiunto a Los Angeles. Sono stato operato da un’equipe composta da un conte austriaco, un medico siriano, due dottoresse greche. Davvero internazionale. Poi ho seguito un protocollo di cure sperimentali. E ora il cancro non c’è più. Ne sono uscito più forte di prima».
Perché Zubin Mehta, indiano di un famiglia parsi, nato a Bombay il 29 aprile 1936, da una famiglia di musicisti (il padre Mehli Mehta, violinista e direttore d’orchestra fondò l’Orchestra Sinfonica di Bombay) è una forza della natura. Ed è una forza della musica: repertorio sinfonico e operistico, tutto è nelle sue corde, tanta è la sua esperienza, lo studio continuo, la sua qualità naturale d’interprete, l’innata musicalità.
Proprio in questi mesi, così difficili per tutto il mondo dello spettacolo dal vivo, lui c’è: in streaming, in diretta tv, in differita.
E c’è soprattutto in Italia, paese cui è legatissimo e dove ha casa a Firenze da molti anni, e dove si sta dividendo tra le orchestre del Maggio Musicale Fiorentino (di cui è direttore onorario a vita dal 2006) e del Teatro alla Scala. A Milano, dopo aver diretto una applaudita Traviata in forma di opera-concerto ha dovuto però rinunciare a dirigere Salome di Richard Strauss, per un malore nel febbraio scorso. Pochi giorni dopo però era di nuovo sul podio, e ha diretto in queste settimane (tra l’altro) Così fan tutte di Mozart all’Opera di Firenze e il Concerto di Pasqua nel Duomo di Orvieto andanto su Rai 1.
Un musicista senza tempo, che non ha mai perso tempo. proiettato sempre avanti, sempre teso alla vita, all’impegno, alla dimensione sfaccettata dell’artista.
Nel 2006 quando di anni ne aveva (solo) 70 scriveva nella sua autobiografia intitolata La partitura della mia vita (excelsior 1881): «Da più di 50 anni mi dedico a quella che secondo me è la più bella professione del mondo. Sono direttore d’orchestra. Sono costantemente circondato da un mondo di capolavori e bellezza. Al tempo stesso devo continuamente , prima di ogni nuovo impegno musicale, volgere lo sguardo in avanti, alla meta da raggiungere: il prossimo allestimento operistico, il futuro concerto, la tournée programmata, i nuovi solisti, il nuovo lavoro di un compositore. Anche ciò che è apparentemente vecchio diventa nuovo: la musica infatti è sempre fuggevole… E proprio per questo mi riesce così difficile occuparmi del passato e guardare indietro, invece che avanti, verso il futuro».
Mai fermo e non solo nella musica
Instancabile, attivissimo, Mehta lo è sempre stato. Passando da quelle “macchine da guerra” sinfoniche che sono i Wiener e i Berliner Philharmoniker alle stelle e strisce della Los Angeles Philharmonic e della New York Philharmonic Orchestra. E dalla Bayerische Staatsoper di Monaco di Baviera alla Israel Philharmonic Orchestra di cui è stato direttore musicale per ben 50 anni e di cui oggi è “Music Director Emeritus”. Un impegno che per lui come ha significato anche la testimonianza concreta del suo sostegno ideale e politico alla causa di Israele anche nei momenti più difficili per quel paese, come durante la “Guerra dei sei giorni” del 1967.
Uomo affascinante e spiritoso Mehta non ha mai disdegnato la popolarità, anzi, si divertì moltissimo – senza perdere affatto in credibilità – quando diresse in mondovisione i “Tre Tenori” Carreras Domingo e Pavarotti alle Terme Caracalla nel mitico concerto di Italia ‘90 con un’orchestra di duecento elementi nata dalla fusione dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino e dell’Opera di Roma. Molti italiani lo ricordano forse solo per quello, ma oggi hanno ancora l’occasione – e il privilegio – di poter vedere e ascoltare, in disco, in tv e speriamo presto di nuovo in un teatro, un «uomo il cui solo limite è il cielo».
Lunga vita a Zubin Mehta
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