Sei gufo o allodola?
Utilizziamo il regno animale per parlare delle abitudini del sonno e, nello specifico, delle differenze all’interno della popolazione tra chi per natura è mattiniero, ma la sera va a letto presto e definibile, secondo questa similitudine allodola, e chi, al contrario, tira tardissimo la sera e al mattino fatica ad alzarsi, ovvero il cosiddetto gufo.
Ognuno di noi appartiene a una di queste due categorie, anche se ci sono delle persone che forse potremmo osare posizionare a metà. La cosa abbastanza sorprendente è che non si tratta soltanto di un’attitudine, bensì di una predisposizione genetica.
I risultati dello studio del Centre for Human Brain Health
Fare molto tardi la sera e incontrare grosse difficoltà ad alzarsi presto al mattino e, di contro, crollare la sera prima delle 11 e all’alba esser già svegli come grilli hanno rappresentato l’oggetto di studio di un’équipe del Centre for Human Brain Health dell’Università di Birmingham (UK), che ha messo a confronto le due tipologie di soggetti al fine di valutarne le diverse performance nella normale fascia oraria lavorativa: 9-17.
Una fascia oraria che, come è ovvio che sia, vede sfavoriti i gufi.
La ricerca ha coinvolto 38 volontari tra gufi e allodole dei quali, come primo step, sono state analizzate le funzioni cerebrali a riposo. In seguito, le due categorie sono state impegnate a svolgere una serie di compiti in diversi momenti della giornata fra le 8 e le 20, ed è stato chiesto loro di riferire il livello di sonnolenza. Come previsto, le allodole erano molto più attive e meno assonnate nei test del primo mattino, mentre i gufi erano più svegli e più veloci nel tardo pomeriggio/sera.
In particolare i ricercatori si sono concentrati sulla connettività cerebrale nelle aree del cervello volte a ottenere migliori performance e minore sonnolenza. I risultati hanno evidenziato una connettività significativamente più alta nelle allodole in ogni momento della giornata, mentre quella dei gufi risultava compromessa per tutta la giornata lavorativa.
Sì a orari flessibili per non alterare il ritmo circadiano
Gli esiti di questo studio dovrebbero indurre a una seria riflessione su quanto spesso gli orari di lavoro siano rigidi mal adattandosi al personale ritmo circadiano. Inoltre, possono inficiare la buona e corretta riuscita delle mansioni lavorative assegnate e, cosa ancora peggiore, avere serie conseguenze sulla salute.
La predisposizione genetica a essere gufo o allodola, dunque, se contraddetta dall’orario lavorativo, provoca nei gufi tutte le conseguenze che normalmente si manifestano in condizioni di privazione di sonno.
«L’ideale sarebbe che ognuno riuscisse a fare il lavoro in base a quello che è il proprio orologio biologico interno – afferma Luigi Ferini Strambi, primario del Centro di Medicina del sonno all’Istituto scientifico dell’Ospedale San Raffaele di Milano – mentre molti pensano che l’aspetto dei ritmi biologici non sia rilevante. Niente di più sbagliato, non a caso nel 2017 è stato dato il premio Nobel per la Medicina a chi ha scoperto i meccanismi molecolari che controllano i ritmi circadiani, tra cui il ritmo sonno/veglia. Basterebbe poco, invece. Per esempio, quando si fanno le visite prima d’iniziare un nuovo lavoro sarebbe importante che si organizzassero turni lavorativi in base alle caratteristiche biologiche del soggetto. Se una persona riuscisse a lavorare seguendo i propri ritmi biologici tutto andrebbe meglio: il lavoratore sarebbe più contento e le prestazioni sarebbero migliori».
Quali rischi se non si asseconda l’orologio biologico?
È un dato reale che i gufi iniziano a essere connessi verso le 13 o le 14. Ciò significa che se il gufo è obbligato a lavorare al mattino è più facilmente esposto a errori, oltre a essere decisamente meno efficiente di quanto lo sarebbe nella seconda parte della giornata.
In più, i rischi per la salute dovuti al non assecondare il proprio orologio biologico sono molti. «Oltre all’ipertensione – il sonno è il più importante inibitore del cortisolo -, le difese immunitarie si abbassano, la memoria funziona meno, si è esposti a un maggior rischio di diabete e obesità – prosegue Ferini Strambi -. Questo perché chi dorme bene rilascia un ormone, la leptina, che blocca lo stimolo alla fame, mentre chi dorme male rilascia grelina che aumenta l’appetito e fa ingrassare. Un buon compromesso sarebbe che il gufo provi a diventare “gufetto” perché purtroppo il gufo, che si sente molto in forze alla sera, non va mai a dormire e preme sull’acceleratore. Invece bisognerebbe insegnare a questi soggetti a cominciare a “spegnersi” verso le 22.30-23 per favorire l’addormentamento».
5 consigli pratici per favorire l’addormentamento
- No alle grandi discussioni di sera con il vostro partner: tengono attivati i centri della veglia;
- No a libri o film troppo stimolanti;
- Sì alle luci basse: favoriscono la produzione di melatonina endogena e quindi contribuiscono a rallentare tutte le funzioni dell’organismo fino all’addormentamento;
- Attenzione alla temperatura della stanza: non deve essere troppo elevata;
- No all’uso di cellulari, tablet e computer nella stanza da letto.
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