Rinati con la camicia
Prendete una camicia. Smontatela. Avrete davanti a voi undici pezzi di tessuto con forme e funzioni specifiche, e una serie di bottoni. Oppure immaginate di prendervi del tempo. Siate egoisti e dedicatevelo. Quindi cercate un camiciaio, e mettetevi a giocare nel suo showroom sfogliando le bunch dei tessuti per farvene fare una montando esclusivamente per tutti voi questi elementi.
Scegliete la vostra forma del collo preferita: francese, italiana, tab-collar, windsor-cataway… Avete circa quindici possibilità. Colletto più, colletto meno. Poi sceglierete i bottoni. Sedetevi con calma. Spegnerete il telefono perché in quell’atto quasi magico ma certamente magnifico non vorrete essere disturbati da nessuno. Perché non state comprando una camicia. State costruendo la vostra.
«L’eleganza si concentra nella camicia», diceva il sempre spesso citato Oscar Wilde. Attualizzandolo sarebbe più corretto dire che attraverso la camicia un uomo un po’ si racconta. Come dargli torto.
I requisiti fondamentali della camicia
Ma quali sono le camicie che non possono, o meglio non dovrebbero mancare nell’armadio di un uomo? Quali i requisiti minimi? Bianca, azzurra, a righe e di jeans e quest’ultima rigorosamente nella versione botton down. Stop. Tutto qui? Sì. Il problema è che le varianti a righe sono infinite. E se il bianco e l’azzurro sono solo due colori, la tipologia di tessuto no. Un Oxford e un popeline sono ad esempio due tessuti per modelli completamente diversi. La prima più sportiva, la seconda formale. E se si aggiungono i tessuti a quadretti capirete che potreste passare anni dal vostro camiciaio di fiducia.
Ma qui non vogliamo parlare di eleganza. Semmai di esperienza. Quella di scegliere il tessuto per farsi fare un capo che si indossa alla perfezione. Costruita intorno a sé, per correggere le imperfezioni del proprio corpo e godere delle iniziali cucite a mano nell’unico posto in cui vanno messe, in basso a sinistra.
Cose da ricchi capricciosi? No. Dato che una sartoriale costa uguale e spesso meno di una etichettata da un marchio blasonato che le fa produrre industrialmente in Cina (o a Prato, che è la stessa cosa) e le vende al prezzo di una artigianale.
La logica è sempre la stessa. Meglio poche cose realmente belle, che l’armadio pieno di cose solo apparentemente belle.
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