Riforma pensione anticipata 2025: cosa cambia
Le pensioni anticipate sono sul tavolo del Governo che è al lavoro per individuare una riforma delle pensioni strutturale. Nell’ambito della definizione della Manovra 2025 il tema previdenziale occupa un peso significativo, rappresentando un nodo da sciogliere: infatti, a fronte del quadro economico attuale e dei costi da sostenere, le finanze pubbliche arrancano rendendo il raggio d’azione della Manovra economica alquanto ristretto. C’è anche da dire che strumenti destinati all’uscita anticipata, come l’Opzione donna, l’Ape sociale e la Quota 103, sono in scadenza con la fine dell’anno. Il dibattito sul rinnnovarli o meno è aperto e si profila all’orizzonte anche la possibilità di sostituirli con altre misure che si inserirebbero in una riforma light dalla maggiore flessibilità. Scopriamo di seguito i cambiamenti in atto riguardo la pensione anticipata e i vari scenari che potrebbero prendere forma nel prossimo futuro.
Riforma pensione anticipata 2025: le ultime novità
I lavori per la riforma della pensione anticipata 2025 hanno ripreso il via con l’arrivo dell’autunno: il Governo si sta adoperando per individuare delle alternative alla Legge Fornero sul pensionamento anticipato. Per quanto riguarda l’età minima per le pensioni nel 2025 rimane a 67 anni, anche se la normativa continua a prevedere che possa essere rivalutata ogni biennio a seconda della speranza di vita ed eventuali variazioni calcolate dall’Istat.
Lo scenario di una Manovra leggera prende sempre più forma: si parla in queste settimane dell’introduzione di una Quota 41 tutti trasformata in una versione light, misura da tempo caldeggiata dalla Lega. Nell’ambito della Manovra, inoltre, la quota 103 verrebbe sostituita, mentre l’Opzione donna e l’Ape sociale potrebbero essere estese al prossimo anno.
Manovra 2025 e pensione anticipata: la quota 41 contributiva
Da tempo la Lega sostiene l’applicazione della Quota 41 contributiva, che consentirebbe di andare in pensione con 41 anni di versamenti indipendentemente dall’età. Attualmente, invece, è in atto la Quota 103 che prevede sempre 41 anni di contributi, ma anche il requisito anagrafico di 62 anni: con la Quota 41 il limite dell’età verrebbe quindi eliminato. Tuttavia, per via dei costi che un trattamento simile comporterebbe – che potrebbero superare i 500 milioni – il rischio è che questa misura non faccia altro che aumentare la portata della spesa pensionistica e pertanto sembra non avere molte possibilità di trovare applicazione nella Manovra 2025.
Messa da parte la Quota 41 pura, è stata proposta sempre dalla Lega la Quota 41 light che prevede come unico requisito i 41 anni di contributi, ma, a differenza della Quota 41, il calcolo dell’assegno è su base totalmente contributiva. Questo da una parte agevolerebbe le casse dello Stato, ma dall’altra richiederebbe un grosso sacrificio economico al pensionato. Infatti, il ricalcolo contributivo totale si tradurrebbe in un taglio del 20% dell’assegno pensionistico per chi sceglie questa alternativa. Sembra più probabile una variante mirata di Quota 41, che avrebbe una portata meno sostanziale sulle finanze del governo. Rivolta a una cerchia più ristretta, prevede la possibilità di andare in pensione anticipata con 41 anni di versamenti, indipendentemente dall’età, e con un requisito contributivo che prevede 12 mesi di contribuzione maturati prima dei 19 anni.
Pensione anticipata: altri possibili scenari per il prossimo futuro
Attualmente è possibile andare in pensione anticipata avendo 42 anni e 10 mesi di versamenti (mentre per le donne 41 anni e 10 mesi), indipendentemente dall’età anagrafica. Questo canale di uscita prevede una finestra di tre mesi per il pensionamento effettivo, che potrebbe essere dilatata in un prossimo futuro a 6 oppure 7 mesi, facendo slittare la pensione anticipata per gli uomini a 43 anni e 5 mesi di contributi, mentre per le donne a 42 anni e 5 mesi.
Tra le altre forme pensionistiche, l’Opzione donna è quasi giunta al capolinea con la fine dell’anno. Si tratta di una misura utilizzabile dalle lavoratrici sia dipendenti sia autonome, aventi almeno 35 anni di contributi versati e 61 anni compiuti nel 2023, oppure 59 anni se hanno avuto due o più figli o 60 anni se ne hanno avuto uno. Inoltre, sono previsti altri requisiti ovvero l’invalidità al 74%, oppure essere caregiver o disoccupate. Per il 2024 si profilano due strade in merito a questo trattamento pensionistico: da un lato potrebbe essere abolito, prevedendo altre agevolazioni per le categorie a cui è indirizzato, dall’altro potrebbe essere invece prorogato.
Altra misura su cui si sta riflettendo è l’Ape sociale (Anticipo pensionistico sociale), prevista per determinati lavoratori quali disoccupati, invalidi almeno al 74%, caregiver e quei soggetti che svolgono attività gravose per un lungo periodo. Oltre ad appartenere a una di queste categorie, per accedere all’Ape sociale è necessario avere un minimo di 63 anni e 5 mesi. Guardando al 2025 è aperta la riflessione se prolungare questa forma pensionistica riducendo la platea di riferimento oppure sostituirla con un altro trattamento, connesso alle uscite anticipate. Rimane comunque la possibilità che venga rinnovata ancora.
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