Pnrr e anziani: quando il dialogo è carente
Il nostro è un paese nel quale quasi un quarto della popolazione ha più di 65 anni – per metà secolo sarà già un terzo – e dove gli attuali 4 milioni di over 80 sono destinati quasi a raddoppiare per la stessa epoca. Tanti anziani, sempre più longevi, nelle cui mani risiede la quota di ricchezza maggiore. Terreno fertile per sviluppare il mercato della cosiddetta longevity economy. Ma anche motivo di orientamento dei servizi residenziali da scuole, asili e mezzi pubblici, priorità degli anni 60, a residenze per anziani e aree pedonali.
Immobili e necessità senior
La vita nella vecchia casa di famiglia a 80/90 anni non è più tanto comoda e sicura, tanto da rappresentare uno dei rischi principali della longevità: rischio di cadute e incidenti domestici a causa di inadeguatezza architettonica (mancanza di ascensore, vasca da bagno, presenza di scalini e dislivelli, angoli bui, armadietti posizionati troppo in alto che richiedono l’ausilio di una scalettta o peggio di una sedia), rischio di inefficienza energetica con costi e livelli di riscaldamento (o raffreddamento) insufficienti, rischio di solitudine e isolamento.
In molti paesi stranieri il tema è già stato affrontato da tempo aggiungendo alle RSA, le residenze medicali per anziani con problemi di autosufficienza, soluzioni intermedie come il senior living: condomini o gruppi di appartamenti disegnati e assistiti tecnologicamente per rendere più comoda e sicura la vita di residenti anziani, nel rispetto della privacy ma con occasioni di socializzazione, servizi di portierato H24 e di manutenzione, pulizie, gestione delle utenze, servizi di ristorazione e altro.
La tendenza è chiara: il mercato degli immobili per gli anziani, RSA o senior living, è in crescita in Europa e interessa sempre più investitori anche da noi, dove i senior living esistenti e di qualità sono ancora pochissimi ma ogni mese leggiamo che qualche gruppo bancario o assicurativo si sta impegnando nel settore.
Cosa prevede il PNRR, Piano di Rinascita e Resilienza, in proposito?
300 milioni di euro destinati alla riconversione di RSA e case di riposo in strutture ad appartamenti, mantenendo gli stessi livelli di assistenza medico-sanitaria, per migliorare il grado di autonomia delle persone con disabilità; 2 miliardi destinati alle cosiddette Case di Comunità per anziani malati cronici, 1 miliardo agli Ospedali di Comunità per l’offerta di cure intermedie e 4 miliardi all’assistenza domiciliare con l’obiettivo di prendere in carico il 10% degli over 65 entro il 2026.
Gli interventi vanno sicuramente nelle direzioni corrette, ma i fondi assegnati a un fenomeno sociale così importante nel nostro paese non sembrano adeguati. Ben venga la promozione di una soluzione abitativa intermedia tra strutture fortemente socio-sanitarie (RSA) e la casa privata attraverso la riconversione delle RSA in gruppi di appartamenti assistiti medicalmente, ma 300 milioni per questo obiettivo non sono altro che un segnale di benedizione dello Stato.
Manca ancora una normativa che definisca le linee standard per i senior living che per ora sono considerati condomini residenziali con offerta di servizi, come i build-to-rent, mentre dovrebbero seguire un modello con criteri condivisi seppur non stringenti come quelli delle case di cura.
E occorre rivedere il modello delle RSA: il Covid non era prevedibile ma se non si rivede anche il modello delle case di cura per anziani, si rischia che il combinato disposto di un’altra pandemia e di un altro amministratore poco illuminato produca la stessa tragedia.
Interessante ma sicuramente destinata a far discutere la proposta di Confcommercio di spostare dalla logica indennitaria a quella di fornitura di servizi, come è già in molti altri paesi europei, almeno parte dei 10 miliardi destinati oggi all’indennità di accompagnamento. La parte restante finalizzata al sostegno delle persone più bisognose economicamente e fisicamente.
Photo by Daniel Páscoa on Unsplash
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