Piccoli schermi, grandi conduttori
Costruttori di intrattenimento, custodi del focolare domestico, bilance dell’umore popolare, equilibristi ed equilibratori, facce, smorfie, voci, catalizzatori, calamite di applausi, sarcasmi e insulti. Fra due anni la tv italiana festeggerà i 70 anni dalla prima messa in onda e, tra contenitori, format, eventi, giochi a premi, dirette e registrate, signorine buonasera e caroselli, i ricordi più consistenti, le analisi più concrete, i commenti più veementi saranno per i loro, i capitani di ventura, i grandi conduttori con il loro carisma, i tic, i modi dire, gli slogan, gli scioglilingua, l’arroganza, la prepotenza, la piaggeria. Chi furono e chi sono quelli che hanno segnato le stagioni, che hanno travalicato le epoche, che hanno imposto veri e propri modelli? Ecco una piccola, ovviamente arbitraria, classifica.
1) Pippo Baudo
Il più giovane dei volti storici, ancora presente ma non più protagonista. C’è chi giura che fu lui ad apparire in bianco e nero, e con occhi bassi e voce di circostanza, per provare a giustificare la messa in onda di una determinante puntata di Canzonissima all’indomani della strage di Piazza Fontana. Fu solo il primo passo della costruzione del futuro padrone della televisione italiana. La “Domenica In” usurpata a Corrado e l’ingresso negli anni 80, un moto perpetuo, la confidenza che aumenta, folli cavalli pazzi che cercano di funestare festival della canzone tricolore e lui li salva da morte certa, in diretta globale. E poi gli amori, le delusioni, il matrimonio con una cantante lirica, Pippo che suona il pianoforte, Baudo che diviene l’archetipo dello spettacolo del sabato sera, classico, stereotipato, le critiche accolte come un attentato di stato, Ricci che lo deride, uno sketch che funesta la tranquillità nazionale, il flop berlusconiano, il ritorno eroico da Mamma Rai. L’ubiquità.
2) Mike Bongiorno
Mike Bongiorno: è il volto giovane del dopoguerra, il nome americano, come un alleato liberatore e ricostruttore sulle macerie e sulle rinnovate speranze. Mike è il gioco a premi, il quiz, i milioni di persone che si riuniscono messianicamente di fronte ai primi 80.000 schermi presenti nel Paese. Bongiorno che prosegue, che insiste, che si ripete, che scia, che beve la grappa, che diventa più cattivo con i concorrenti, che invecchia e brontola, che alza la voce in fuori onda che diventano manifesti di incompatibilità con i tempi moderni. Mike il valletto di Silvio, Bongiorno che, alla fine, si imbatte in Fiorello, lo sdoganatore.
3) Corrado Mantoni
La voce che dalla radio annuncia la liberazione dal fascismo e la chiusura delle ostilità militari. Corrado che avrebbe anche un cognome, Mantoni, ma chi lo ha mai saputo? Romano e apoteosi del garbo e dell’ironia prestata allo spettacolo, maestro della compostezza, ma una virgola fuori posto, una simpatia controllata ma non frenata. Corrado è la domenica pomeriggio che si apre ai contenitori, che tranquillizza un’Italia molto tesa. Un incidente in auto lo mette in ambasce, dai piani alti viene messo da parte, incontra Carletto che fa la pipì nel letto, le classifiche, la Lotteria Italia. Corrado che diventa alfiere di Berlusconi, che serve pranzi, che innesca corride, che saluta in silenzio.
4) Renzo Arbore
Renzo Arbore è l’innovatore mediatico, prima radiofonico, in compagnia della stravaganza di Gianni Boncompagni, poi, visto l’alto gradimento, televisivo, con il contenitore pomeridiano domenicale alternativo sull’allora Rete 2, “L’Altra Domenica”. Da qui nasce un vero e proprio mondo parallelo, fatto di personaggi folli, o quantomeno singolari, da Luotto a Michel Pergolani, che però non creano disturbo, accendono piuttosto una parte nascosta dell’utente medio. Da una stalla appare anche Roberto Benigni. Quando finisce la parentesi domenicale è solo l’inizio di una giravolta che consegnerà Arbore all’applauso perenne. Da “Tagli, ritagli e frattaglie” a Luciano De Crescenzo, alla celebrazione del primo amore radiofonico con “Cari amici vicini lontani”. Nell’estate del 1985, apice del decennio, in tutti i sensi, si scatenano quelli della notte, da Frassica a Roberto D’Agostino, e il giorno dopo tutti hanno da dire qualcosa, anche se già dormivano il sonno dei lavoratori. Due anni dopo, le Fast Food Girls diventano Le ragazze Coccodè all’interno del manifesto “Indietro Tutta” e Renzo cementa il ruolo di dissacratore dello show tradizionale, in contemporanea con Ricci. Arbore è il boss del breve ma bello, una sorta di Paganini del piccolo schermo, non ripete, mai. Da qui lo stop, lento, progressivo, sotto una scroscio costante di applausi. Ebbe a dire Pino Daniele: “Arbore non ha più voglia, ma ha fatto già tanto”.
5) Raffaella Carrà
La regina del Tuca Tuca, lo sbarazzino che diventa sexy, che turba ma che mai disturba. Un segno. La chioma bionda, che fu accarezzata persino da Frank Sinatra, domina il principio degli anni 70, bacini scatenati, cervicali sempre in pericolo, ma poi muta pelle e diventa una sorta di mamma, di padrona di casa intenta a cucinare la tarda mattinata di un Paese in cerca di coccole: “Pronto, Raffaella?” è un esperimento Rai che si trasforma in un boom, con il popolo che prova a indovinare quanti fagioli ci siano dentro un barattolo! Raffaella può tutto, persino non cadere nel patetismo dei sentimenti: Carràmba è kitch, con altri sarebbe una coltellata inflitta al buongusto, ma lei è Raffaella, la prestigiatrice.
6) Piero Angela
Ovvero la scienza spiegata a tutti, a portata del popolo. Gambe accavallate, sopracciglia arcuate, sorriso amico, intelligenza evidente, cultura mostrata ma mai prepotente. Giornalista, voce radiofonica, pianista professionista mancato per un pelo, Angela tramanda la tradizione informativa di stampo britannico che non arretra mai nei consensi, anche quando il piccolo schermo comincia a prediligere urla e cafonerie. Quark, Super Quark e dintorni. Un mistero, un atto di fede benvenuto, oltre le certezze della scienza.
7) Enzo Tortora
Volto storico della prima e seconda era della tv nazional popolare, conduttore della domenica più attesa dagli italiani, quella sportiva, Tortora diventa un personaggio fenomenale quando prova a parlare, invano, con un pappagallo: Portobello è nuovo ma allo stesso tempo antico, il perfetto contenitore nazional popolare, già visto eppure fresco, per tutti. Enzo diventa talmente popolare che la malavita organizzata decide di usarlo per coprire qualche manigoldo: una mattina di giugno del 1983, l’alba romana viene svegliata da Tortora in manette, una vergogna mediatica che anticipa di dieci anni le oscene telecamere di Mani Pulite. Un’odissea di 4 anni, il ritorno in tv, ma Enzo non c’è più, si ammala e muore, rimpianto, con mille scuse tardive.
8) Raimondo Vianello
Insieme a Ugo Tognazzi (e a Walter Chiari), il re della primissima tv nazionale. Tognazzi è però un genio e, dopo un centinaio di gag, lo molla e diventa una leggenda del cinema. Raimondo non batte ciglio, diventa un Tappabuchi, poi un trascinatore, poi Tarzan, Zorro e infine un leader in coppia con Sbirulino. Silvio, l’emergente, lo strappa dalla tradizione e lo fa precipitare nella camera da letto di Casa Vianello, lui, Sandra e un tormentone, per sempre.
9) Luciano Rispoli
L’eleganza, la cortesia, la simpatia arriva dalla Calabria e cresce lentamente, inesorabilmente, ma sempre con un aplomb che sa di Gran Bretagna, in quel di Roma. Rispoli, con un passato radiofonico, matura la propria vena autoriale, propone e ottiene spazi di culto nell’ultima Rai in bianco e nero, dirige il temibile “Dipartimento Scuola Educazione” e poi, alla soglia dei 55 anni, sbanca con “Parola Mia”, gioco incentrato sulla lingua italiana, in cui, con l’appoggio del professor Beccaria, umilia un intero Paese su questioni semantico-grammaticali. Ormai presenza cara nelle dimore tricolori, giunge a Tele Montecarlo su un “Tappeto Volante” insieme a Melba Ruffo, anche lei dalla Calabria, per addolcire i pomeriggi nazional popolari. Un salotto in cui non accade nulla, ma su quel divano vogliono sedersi tutti. Epocale l’imitazione-omaggio di Max Tortora.
10) Gianfranco Funari
Romano, cabarettista nato, autore di canzoni, teatrante e polemista. Dopo una lunga gavetta, Funari inventa la televisione del contenzioso verbale, prima con “Torti in faccia” su Telemontecarlo e poi con “Aboccaperta” che, dal capoluogo monegasco, arriva a Roma via Gianni Minoli. È l’esplosione della piazza in tv, con toni accessi, linguaggio crudo, urla, strepiti e volgarità. Gianfranco diventa un simbolo spettacolare, poi sociale e poi politico. Di fatto anticipa il Beppe Grillo movimentista pentastellato. Viene fatto oggetto di accuse, ilarità, minacce. Appare fastidioso e scomodo anche nel ruolo di testimonial di una famosa carne in scatola. Entra definitivamente nella leggenda della tv grazie a “Mezzogiorno Italiano”, contenitore di contestazioni politiche, sempre sull’orlo del precipizio, fino alla cancellazione avvenuta nel 1992. Irrefrenabile fino alla scomparsa, Funari è stato lungamente omaggiato dalla fenomenale parodia di Corrado Guzzanti.
11) Maurizio Costanzo
Giornalista, autore, sceneggiatore, regista e persino attore, Costanzo è, probabilmente, il più grande personaggio della tv italiana di sempre. Popolare ma altezzoso, intellettuale ma fintamente semplice, esperto di media fino a divenire docente universitario, sornione e mai sopra le righe, decisionista e provocatore, creatore di un’icona televisiva dei nostri giorni, da quasi 30 anni, la potentissima moglie Maria De Filippi, un traguardo solo suo. Costanzo non teme rivali ed è subito autorevole nella Rai della seconda meta degli anni 70, grazie al trittico “Bontà Loro”, “Acquario” e “Grand’Italia”, format che lo vedono nelle vesti di padrone di casa, disponibile a dare la parola a tutti, l’importante è che siano famosi. Da qui nasce la chiacchiera sotto traccia, che poi farà esplodere, venti anni dopo, Aldo Busi: “Costanzo è debole con i forti e prepotente con i meno fortunati”. La sua tv colloquiale raggiunge la perfezione con l’approdo alla corte di Silvio e la messa in onda del “Maurizio Costanzo Show”, una seconda serata, tendente verso la notte che si concluderà solo 25 anni dopo. Prima aveva fatto in tempo a entrare nell’occhio del ciclone della P2; poco più di dieci anni dopo, la Mafia proverà a eliminarlo. Tra le prodezze catodiche, purtroppo dimenticata, la sit-com che lo vedeva protagonista con l’allora compagna Simona Izzo: “Orazio”.
12) Amadeus
Amedeo Umberto Rita Sebastiani si sceglie un nomignolo impegnativo ma, oltre 30 anni dopo l’esordio, in Italia non c’è Mozart che tenga, l’unico Amadeus è proprio il ravennate, una delle ultime scoperte del più grande talent scout italiano di sempre, Claudio Cecchetto. Subito in radio e poi volto iper sorridente di Deejay Television e Dj Beach, con lui ci sono la star Jovanotti e i futuri eroi Fiorello e Pieraccioni. Da metà anni 90, diviene l’immagine nazionale dei giochi a quiz, il popolo lo segue numeroso ma non regala mai l’idea di apprezzarlo. Non poche le smorfie di disgusto quando gli viene assegnato un incarico prestigioso. Con la conduzione prima de “L’Eredità” e poi de “I Soliti Ignoti” la sua presenza diventa ossessiva, sembra quasi arrivare a un punto di non ritorno. Invece non è così: diviene la guida e il direttore artistico del Festival di Sanremo, palcoscenico in cui appare maturo e sicuro di sé e dove salva la faccia a qualche mattatore in crisi d’identità.
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