"Picasso. La metamorfosi della figura": un percorso inedito in mostra a Milano
Dopo un 2023 ricco di manifestazioni per il cinquantesimo anniversario della morte di Pablo Picasso (1881- 1973), proseguono anche quest’anno gli eventi per celebrare l’opera del grande artista. La sola Milano ospita due mostre: una in primavera ed una in autunno/inverno.
Rievocare l’opera di uno degli artisti più geniali e prolifici del novecento non è solo una manifestazione di stima nei confronti del suo lavoro, ma significa indagare su aspetti ancora inesplorati della sua vasta e complessa produzione artistica.
La sua personalità spesso sospesa tra genio e follia, la sua poliedricità, la sua opera talvolta sconvolgente l’hanno reso infatti tra gli artisti più incompresi.
Per fornire una nuova chiave di lettura del lavoro dell’artista spagnolo è stato avviato al Mudec di Milano un grande progetto espositivo, dal titolo Picasso. La metamorfosi della figura.
La mostra, prodotta da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE e promossa dal Comune di Milano-Cultura, con il patrocinio dell’Ambasciata di Spagna in Italia e dell’Istituto Cervantes di Milano, rimarrà aperta fino al 30 giugno.
Nell’esposizione una selezione di 40 opere di Picasso, tra dipinti e sculture, insieme a 26 disegni ed al preziosissimo Quaderno n. 7, si confronta con un corpus di fonti antiche e reperti archeologici.
L’intento è di far vedere questo laboratorio di forme, per raccontare il processo creativo dell’artista e per dimostrare come il suo modo di rappresentare la figura sia stato influenzato dall’arte di popoli primitivi.
L’ “arte africana”: fonte di ispirazione per Picasso
Insoddisfatto dei modelli tradizionali dell’arte occidentale, l’artista spagnolo subì soprattutto il fascino dell’arte tribale africana, non solo perché gli appariva un’arte semplice e libera dai condizionamenti sociali, ma anche perché ne apprezzava la spontaneità, la forte spiritualità, la creatività istintiva, l’espressione realistica delle emozioni e delle passioni, oltre al linguaggio fortemente comunicativo.
Quel tipo di arte, inoltre, gli permetteva di liberare gli istinti primordiali, presenti nel suo inconscio, e di far affiorare il primitivo dal profondo del suo animo.
L’arte africana non è un’arte figurativa, ma concettuale e simbolica, per cui la forma è sempre espressione di un significato. E’ anche questo che Picasso apprezzava in quelle creazioni artistiche: per lui la pittura, infatti, non era un processo estetico, ma una forma di magia che si interpone fra l’universo ostile e noi.
L’artista spagnolo non considerò mai quelle creazioni come arte “primitiva”, perché per lui l’arte era senza tempo: non c’è né passato né futuro nell’arte, se un’opera d’arte non può vivere sempre nel presente, non ha significato.
Il percorso espositivo milanese
Molti storici dell’arte hanno chiamato “metamorfosi” quelle opere che Picasso ha realizzato dal 1925, caratterizzate da forme più morbide e lontane dalla rappresentazione geometrica.
Seguendo questa impostazione e mantenendo come filo conduttore la ricerca di nuove modalità di rappresentazione della figura, la mostra milanese è suddivisa in 5 sezioni, con un percorso in parte cronologico.
L’esposizione si apre con opere di Picasso del 1906, influenzate non solo dall’arte africana, ma anche da sculture iberiche preromane e si completa con fotografie di sculture e di maschere collezionate da Picasso.
Il 1906 fu un anno importante per l’artista: si trasferì definitivamente a Parigi dalla Spagna e, influenzato dall’arte orientale e dall’arte africana (“Periodo Africano”), cominciò a sperimentare un nuovo stile artistico, il cubismo, che apportò una vera rivoluzione nel modo di raffigurare la figura.
La seconda sezione, 1906-1907. Les Demoiselles d’Avignon: il fulcro della mostra
Il famoso dipinto, Les demoiselles d’Avignon, che l’artista ha dipinto tra la fine del 1906 ed il luglio del 1907, convenzionalmente, segna l’inizio del Cubismo.
Nella seconda sezione della mostra c’è la possibilità di ammirare il taccuino del 1907, il famoso Quaderno n. 7 ( in prestito dalla Fondazione Pablo Ruiz Picasso – Museo Casa Natal di Malaga) che presenta disegni e schizzi preparatori proprio di questa grande opera, Les Demoiselles d’Avignon.
Era abitudine del maestro spagnolo tenere dei quaderni (ne sono documentati almeno 189), dove prendeva appunti o creava dei bozzetti, per studiare le varie soluzioni artistiche prima di realizzarle sulla tela. Dei 189 quaderni almeno 16 riguardano Les Demoiselles d’Avignon e questo dimostra con quanta cura abbia preparato quell’opera che segnerà l’inizio del Cubismo e che deve essere stata per lui anche la più problematica.
La presenza nella mostra del Quaderno n.7 è quindi molto importante non solo per la sua valenza storica, ma soprattutto per capire il processo creativo dell’artista nella realizzazione dell’opera che ha cambiato l’arte del XX secolo.
In questa seconda sezione è presente anche il bellissimo dipinto, Femme Nue, proveniente dal Museo del Novecento di Milano. La figura è il preludio di quella in piedi sulla destra di Le Demoiselles d’Avignon.
E’ presente anche un multimediale con immagini di disegni di altri quaderni, tutti riferiti a Les Demoiselles.
Les demoiselles d’Avignon
Nell’opera, Les Demoiselles d’Avignon, conservata al MoMa di New York, sono raffigurate nude ed in pose provocanti cinque prostitute in un bordello di via Avignon, a Barcellona: quattro sono in piedi, di fronte, di tre quarti e di profilo, ed una seduta, che guarda avanti anche se il suo corpo è raffigurato di schiena.
Fino a quel momento le figure venivano riprodotte in modo verosimile, Picasso, invece, rifiutò ogni principio di bellezza e di ordine formale. Rinunciò alla prospettiva rinascimentale, scompose i corpi e li trasformò in un insieme di figure geometriche.
Con Les Demoiselles d’Avignon Picasso ha espresso quello che di importante gli era successo, quando andò a visitare per la prima volta il museo etnografico del Trocadéro a Parigi. Provò una forte esigenza di liberarsi dai vincoli della tradizione morale, culturale ed artistica, per entrare in un nuovo mondo anti-classico e primordiale. Secondo lo psicanalista Carl Gustav Jung, seguendo la forza di attrazione verso il mistero, Picasso è arrivato a dissolvere la realtà in frammenti, in linee spezzate ed in elementi disorganici, nella ricerca disperata e vana della sua essenza.
In particolare i volti, dai tratti geometrici, obliqui e stilizzati, dalle forme spigolose e dai nasi aguzzi, delle due figure di destra richiamano le maschere africane.
Il significato della maschera per Picasso
Se nel passato la maschera, rappresentando le forze sovrannaturali, diventava mezzo di elevazione oppure era una forma di mediazione tra l’uomo e le forze ignote che lo circondavano, nell’opera di Picasso evidenzia paura, accoglienza, repulsione, attrazione, sofferenza esistenziale.
Se nel cosiddetto “periodo blu” l’artista denunciava l’isolamento, l’emarginazione, la sfiducia dell’uomo attraverso la rappresentazione di figure tristi, ha scelto poi un’altra forma espressiva. Ha scelto la maschera.
L’artista spagnolo nella maschera africana non ha visto, quindi, un oggetto di interesse etnografico, ma un mezzo per difendersi dall’universo ostile ed anche un modo di controllare l’incontrollabile, imponendo un colore e una forma ai nostri terrori come ai nostri desideri. Voleva, perciò, nascondere la sua alienazione e quella dei suoi contemporanei, invece di manifestarla, come aveva fatto nel “periodo blu”.
Le altre sezioni della mostra
Proseguendo nel percorso della mostra, nella terza sezione, dedicata ai cubismi, è possibile ammirare alcune figure realizzate tra il 1908 ed il 1917.
Sono presenti anche fotografie di statue, maschere ed oggetti provenienti dall’Africa e dall’Oceania, che Picasso aveva collezionato in quel periodo. In particolare una scultura tribale, la scultura CHAMBA, mostra il legame con le opere cubiste dell’artista.
Anche la quarta sezione, relativa al periodo compreso tra gli anni Venti e la Seconda Guerra Mondiale, mette in luce la permanenza dell’arte tribale nell’opera di Picasso, la cui influenza continuò anche quando Picasso abbandonò il cubismo, per ritornare alla rappresentazione classica.
Nella quinta sezione sono esposte opere che l’artista aveva composto dal 1925 fino alla fine della sua vita.
Infine nella sesta ed ultima sezione viene evidenziata l’importanza che gli artisti africani contemporanei attribuiscono all’artista andaluso.
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