Per vivere a lungo, un amico è d'aiuto
Le relazioni sociali sono determinanti per la longevità e per la salute fisica e mentale
Cosa fa vivere più a lungo e meglio? Sicuramente la disponibilità di denaro aiuta a vivere accedendo a cibo di miglior qualità, case più confortevoli e sicure e cure migliori, quando è necessario, fuori dal sistema sanitario nazionale. Così come sono determinanti gli stili di vita: fare esercizio, mangiare in modo vario ed equilibrato, evitare alcol e fumo. A incrociare questi due assi, denaro e stili di vita, il livello di studi. Chi ha studiato di più vive più a lungo e meglio, perché da una parte ha accesso a una maggiore consapevolezza di ciò che è bene e ciò che è male per sé e dall’altra perché un livello di studi superiore porta in genere a lavori meno onerosi sul piano fisico e meglio retribuiti.
Un ulteriore elemento fondamentale: i rapporti sociali
Chi ha relazioni, che si tratti di amici, vicini o partner, sta meglio di chi non ne ha. E’ confermato da tutti gli studi con evidenze biologiche, come per esempio minori livelli di infiammazione e migliori parametri cardiocircolatori, comportamentali, come maggiore disposizione all’esercizio fisico e migliore resistenza allo stress in situazioni difficili, ma anche psicologiche: le relazioni sociali mantengono vivace il nostro cervello e allontanano il decadimento cognitivo.
Per molto tempo si è creduto che la relazione di coppia allungasse la vita e alcuni studi ancora lo sostengono ma più recentemente si è modificato questo assioma: solo gli uomini vivrebbero più a lungo in coppia rispetto ai loro colleghi divorziati o vedovi, le donne no. La prova sta nell’opposto: gli uomini sono inclini a maggior mortalità e morbilità in caso di separazione e vedovanza – stato al quale la medicina associa una serie di fattori biologici tra cui maggiore produzione di cortisolo, peggioramento dello stato infiammatorio generale, alterazioni del sonno e del sistema immunitario, aumento del battito cardiaco e della pressione sanguigna.
Nel genere maschile ha inoltre grande rilevanza il crollo del livello di testosterone e in molti casi anche la perdita di buone abitudini di vita che in generale venivano sostenute dalle compagne. Le donne, meno vulnerabili grazie a una rete di relazioni più fitta, dentro e fuori la famiglia, corrono però maggiori rischi di depressione, patologia alla quale siamo biologicamente più inclini.
Le relazioni fanno bene se sono buone
Una relazione tossica, sentimentale o non, peggiora il quadro cinico di chiunque. I partner di una cattiva relazione di coppia hanno un sistema immunitario e un metabolismo meno efficienti e una maggiore presenza degli ormoni dello stress nel sangue, con conseguente aumento della pressione arteriosa e della produzione di citochine, le proteine che inducono stati infiammatori aumentando il rischio cardio-circolatorio.
Forse per questo i divorzi sono in continua crescita anche e soprattutto nelle fasce di età già mature: se la longevità ci dà più anni da vivere, vale la pena di viverli bene. Recentemente la CNN ha presentato uno studio dal quale emergono un picco di divorzi tra i 50 e i 64 anni e un aumento delle persone sole, tendenze che osserviamo anche in Italia dove si registra una richiesta di separazione ogni 5 minuti e un aumento considerevole delle famiglie unipersonali. Secondo Istat, nel 2040, quasi il 39 per cento delle famiglie sarà costituito da persone che vivono sole (maschi nel 16% dei casi e femmine nel 23%), in particolare tra persone anziane, dove si assisterà a un aumento di 1,2 milioni di donne sole (+38 per cento) e di oltre 621.000 uomini soli (+54 per cento). Come si vede, sono sempre più le donne da sole, anche perché gli uomini che si separano o rimangono vedovi tendono a risposarsi o a unirsi in un’altra relazione, ma la velocità con cui aumentano gli uomini soli è più alta rispetto all’aumento delle donne sole.
Pianificazione della longevità
La preoccupazione di fronte a una società sempre più anziana e sempre più single è anche, quindi, nella fonte di relazioni sociali, determinanti per il benessere fisico e cognitivo delle persone. Ecco che ci ritroviamo, come già altre volte da queste pagine, a parlare di pianificazione della longevità: dove, come e con chi invecchiare. Se ci ha mai stuzzicato l’idea di trasferirci in un paesino sul lago verifichiamo prima se presenta una comunità attiva e accogliente; se viviamo da soli cominciamo a valutare insieme all’amica/amico del cuore se è praticabile in futuro una co-abitazione oppure informiamoci sulle soluzioni di co-housing nella nostra zona. Se ci stiamo separando non chiudiamoci a riccio ma cerchiamo la compagnia di qualcuno che ci distragga e ci strappi un sorriso imprevisto. Se non abbiamo amici, dedichiamo un po’ del nostro tempo alla comunità nella quale viviamo: anche in età già matura è possibile farsi nuovi amici e trovare motivo di soddisfazione nell’aiutare gli altri. Oppure prendiamo la palla al balzo e spostiamoci in un luogo più accogliente dal punto di vista sociale, o vicino a un parente o amico che ci vedrebbe volentieri. I grandi cambiamenti, che ci fanno tanta paura, sono anche la materia prima per la costruzione di nuovi assetti di vita.
L’importanza degli animali domestici
Esistono evidenze che la convivenza con un animale domestico riduce solitudine e depressione. Uno studio del Journal of Vascular and Interventional Neurology del 2009 esteso a 4.000 persone su oltre 20 anni di osservazione ha rilevato che chi possiede un gatto è meno esposto al rischio di morte per infarto. Mentre secondo una meta-analisi pubblicata su Circulation, che analizza gli studi sulle persone con animali domestici condotti tra il 1950 e il 2019, i proprietari di cani vivrebbero più a lungo delle persone senza cani e il maggior beneficio l’avrebbero i soggetti con alle spalle una storia di problemi cardiaci per i quali il rischio mortalità sarebbe ridotto del 65%.
La pet therapy in generale ha effetti sulla percezione del dolore, grazie a una serie di effetti tra cui la riduzione degli ormoni dello stress e della pressione arteriosa, l’aumento del livello di endorfine, ossitocina e dopamina, e semplicemente un miglioramento dello stato d’animo. Secondo un articolo di HelpGuide.org, sito specializzato nella salute mentale, i proprietari di animali domestici con più di 65 anni (i proprietari, non gli animali) farebbero registrare il 30% in meno di visite dal medico di famiglia rispetto ai coetanei senza il dono di un animale.
Se avete tempo e masticate l’inglese, riguardatevi un Ted Talk del 2015 nel quale Robert Waldinger – psichiatra di Harvard e quarto direttore di una delle ricerche più longeve della storia, condotta dal 1938 ad oggi su un folto gruppo di giovani dell’epoca durante tutta la loro vita – spiega l’importanza delle relazioni sociali.
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