Nutrizione di genere
Nemmeno nell’alimentazione esiste una ricetta uguale per tutti. Uomini e donne hanno bisogni diversi
Da quando, molto più recentemente di quanto si creda, si è cominciata a promuovere la medicina di genere nell’ambito, in forte tendenza, di una prevenzione e una medicina sempre più di precisione, le differenze biologiche e sociali tra uomini e donne hanno trovato spazio nei tavoli clinici. Ci ammaliamo in modo diverso dagli uomini, talvolta con sintomatologie diverse, reagiamo in modo diverso ai farmaci e abbiamo bisogni nutrizionali diversi.
Questo nuovo appuntamento della nostra rubrica approfondirà il tema della nutrizione di genere e parleremo di:
- Diversità di genere e sesso e invecchiamento femminile
- Esigenze alimentari diverse fin da piccole
- Aiutarsi con il cibo contro il rischio delle patologie tipiche dell’invecchiamento femminile: demenze, malattie neurodegenerative e fragilità ossea, sindrome metabolica, insulino resistenza e diabete.
Genere e sesso non sono la stessa cosa, ma gli effetti dell’uno e dell’altro si sommano
Abbiamo già trattato qui le di differenze nel modo in cui uomini e donne invecchiano, alcune legate pesantemente a fattori ormonali e biologici (genere), altri a fattori culturali (sesso) come, per esempio, il fatto che fino ai primi anni 2000 i test clinici e farmacologici erano sempre stati effettuati quasi esclusivamente su soggetti maschi, uomini o animali. Da qui sono partite una serie di sviste su sintomatologia e diffusione nelle donne di alcune patologie che, come quelle cardiocircolatorie, si credevano a torto prettamente maschili, tanto da indurre una vasta cronicizzazione delle stesse nelle donne.
Adesso che queste cose si sanno possiamo dire con ragionevole certezza che le donne:
- subiscono un tracollo nelle condizioni fisiche e di protezione dopo la menopausa a causa del repentino crollo degli estrogeni;
- attraversano fasi molto diverse anche dal punto di vista ormonale durante tutta la loro vita: inizio del ciclo mestruale, maternità, allattamento, peri e post menopausa, sviluppando anche necessità nutrizionali diverse;
- sono generalmente più inclini, con l’aumentare dell’età, a patologie cardiovascolari, spesso in concomitanza con un aumento del grasso posizionato sulla circonferenza che può portare, insieme ad altri fattori, a sindrome metabolica e, successivamente, al diabete; patologie autoimmuni che sembrerebbero essere promosse dal doppio cromosoma X; osteoporosi; ansia e depressione; problemi di memoria, demenze e Alzheimer;
- è quindi ovvio che abbiano bisogni alimentari diversi e specifici rispetto agli uomini che l’ottimizzazione di tempi di preparazione e consumi dei pasti nella società contemporanea hanno via via ignorato;
- anche la pressione della “questione estetica” nell’invecchiamento femminile porta l’attenzione alimentare su un piano di costante sottrazione che determina, col tempo, un andamento a fisarmonica: sottrazione/eccessi a cicli ripetuti.
Le esigenze alimentari di genere iniziano in giovane età
Le differenze biologiche e ormonali tra uomini e donne iniziano fin da piccoli, e così le differenze nelle esigenze alimentari, anche se per i ben noti motivi di standardizzazione delle procedure di preparazione dei pasti queste vengono di fatto spesso ignorate. “Le femmine, per questioni legate alla riproduzione, hanno una massa grassa maggiore rispetto ai maschi e fabbisogni nutrizionali differenti”, a parlare è la Dottoressa Hellas Cena, Prorettore dell’Ateneo Pavese, medico chirurgo specializzata in Scienza dell’Alimentazione, responsabile del Laboratorio di Dietetica e Nutrizione Clinica dell’Università di Pavia e dell’Unità di Nutrizione Clinica dell’IRCCS Maugeri, ospitata per parlare del tema nutrizione di genere sul sito di SoLongevity. “Inoltre durante l’adolescenza, se perdono molto peso per disturbi del comportamento alimentare, le ragazze sono più a rischio di sviluppare sarcopenia (perdita di forza e di massa muscolare, ndr.), mentre in età avanzata, in peri- e post-menopausa, rischiano l’osteoporosi per via delle modificazioni ormonali. I fabbisogni nutrizionali di uomini e donne iniziano quindi a differenziarsi già in età evolutiva, non solo per peso e composizione corporea diversa che determina un fabbisogno energetico maggiore negli uomini che nelle donne, ma anche per caratteristiche fisiologiche come l’arrivo del menarca, che determina un significativo aumento dei fabbisogni di ferro, per poi arrivare all’età fertile in cui i fabbisogni di macro e micronutrienti della donna in gravidanza e allattamento aumentano sensibilmente”.
Dieta, nel senso di scelta di stile alimentare. Ovvero come aiutarsi con il cibo
Nel bene e nel male il potere del cibo è tale da essere impiegato in molti casi come terapia integrativa per curare alcune patologie che colpiscono le donne, come forme di allergie al nichel, condizioni autoimmunitarie come la celiachia, carenza di vitamina B12 o deficit enzimatici come l’intolleranza al lattosio, e sindrome metabolica, diabete e malattie cardiovascolari.
E allora cominciamo a cercare i cibi che ci proteggono dalle patologie più diffuse nelle donne.
Demenze: alla base di processi degenerativi e di eventuali danni cellulari, comprese le neurodegenerazioni, ci sono i radicali liberi. Alimenti a effetto antiossidante possono aiutare a mantenere più basso il rischio di demenze; per esempio alcuni cibi ad alto contenuto di carotenoidi (luteina, zeaxantina e criptoxantina): luteina e zeaxantina sono contenute in verdure verdi quali il cavolo, i broccoli, gli spinaci, i piselli e verdure a foglia larga, mentre la criptoxantina si trova principalmente in alcuni frutti, quali arancia, papaya, mandarini, cachi.
Malattie neurodegenerative e fragilità ossea sono sicuramente più comuni nelle donne che negli uomini anziani. Le ricerche ci dicono che un eccesso di omocisteina, un amminoacido presente nel sangue, potrebbe promuovere proprio queste patologie, oltre al rischio di ictus, che è oggi la terza causa di morte in Italia. L’omocisteina deriva della metionina, un altro aminoacido che si assume con i cibi, e in particolare attraverso carne, uova, latte e legumi. Nelle persone sane l’omocisteina si riconverte in metionina o si trasforma in cisteina (un precursore del glutatione) grazie all’acido folico e alle vitamine B6 e B12. In caso di particolari malattie o di diete sbilanciate può però accadere che i livelli nel sangue di omocisteina aumentino oltre i valori normali, determinando l’iperomocisteinemia. Questa condizione può essere pericolosa, perché porta a un ispessimento del rivestimento interno delle pareti delle arterie, danneggiandole. Di fatto le ricerche sul tema dicono che chi presenta alti livelli di omocisteina, di colesterolo e trigliceridi ha il 40% in più di possibilità di andare incontro a un ictus rispetto a chi ha valori nella norma, a parità di altri fattori di rischio e che la correzione della iperomocisteinemia comporta una riduzione del rischio dal 34% al 70%. Ma da cosa dipende l’aumento di omocisteina? Sostanzialmente da fattori di rischio come fumo, alcol, eccessivo consumo di caffè, sedentarietà o ancora ereditarietà, insufficienza renali, ipotiroidismo, assunzione di contraccettivi orali o antiepilettici. Ma c’è un fattore scatenante più comune di questi nelle donne in età matura: la menopausa. Con la menopausa infatti la quantità di omocisteina, normalmente più bassa nelle donne che negli uomini, aumenta per la caduta degli estrogeni.
La quantità di omocisteina si misura con un esame del sangue e i valori normali sono tra 5 e 9 μmol, mentre quelli borderline tra 10 e 12 μmol/L.
Cibi ricchi di vitamine B6 sono pesce, carne, uova, frutta, verdura, latticini e frutta secca, di vitamina B12 aringhe, tonno, sgombro, sogliola, alcuni formaggi, e di acido folico il latte, che contiene anche la due già citate vitamine. Occorre però tenere in conto che la cottura consuma la metà della quantità di vitamine e acido folico presente nei cibi indicati. Per questo motivo, proprio per massimizzare l’integrazione di vitamine e acido folico, si può sceglie un integratore alimentare.
La sindrome metabolica non è una malattia, come dice il nome, ma la concomitanza di una serie di fattori di rischio per patologie cardio circolatorie e l‘anticamera dell’insulino-resistenza, resistenza all’ormone prodotto dal pancreas in grado di controllare i livelli di glucosio nel sangue, e del diabete. Purtroppo la sindrome metabolica è molto diffusa nella popolazione matura, tanto da colpire il 50% degli over 50. Sintetizzando, è il risultato dell’aumento del grasso nelle persone anziane (obesità) e di una serie di dismetabolismi. Si identifica nell’aumento di alcuni valori tra cui pressione arteriosa, trigliceridi, e glicemia a digiuno, oltre a una diminuzione del colesterolo HDL (“buono”). Per soffrire di sindrome metabolica non occorrono livelli fuori media di tutti questi valori, ma ne basta una buona rappresentanza.
Vale per tutti
Una dieta equilibrata tende ad aiutare a mantenere sotto controlli i fattori di rischio della sindrome metabolica attraverso consumo regolare di frutta, verdura, legumi, cereali integrali, limitando quello di carni rosse, insaccati, formaggi e latticini. E dolcificanti (aspartame, saccarina, stevia o sucralosio) che secondo alcune ricerche provocherebbero dismetabolismi, alterando i livelli di glicemia. Due dei dolcificanti, la saccarina e il sucralosio, avrebbero un impatto significativo sulla tolleranza al glucosio negli adulti sani.
In generale, tanto per uomini come per donne, una dieta amica della longevità limita l’apporto energetico tanto quanto quello di carboidrati raffinati e semplici per contrastare l’insulino resistenza, con l’età incrementa l’apporto di proteine nobili (possibilmente di origine vegetale) importanti per prevenire la naturale perdita di massa magra, e seleziona quello di lipidi, che devono essere qualitativamente scelti per la loro funzione protettiva e non dannosa per l’organismo. Senza dimenticare vitamine, minerali e antiossidanti presenti in grande quantità nei prodotti di origine vegetale.
Un altro suggerimento valido per tutti: aggiungere cibi fermentati all’alimentazione (es. yogurt, crauti, kefir, ecc.) aiuta a tenere sotto controllo l’infiammazione. Infine adottare tecniche di cronoalimentazione, limitando l’assunzione di cibi alle 12 ore diurne o, meglio ancora facendo digiuni intermittenti di 5 giorni ogni 3-4 mesi, si conferma benefico fino addirittura a ridurre la resistenza all’insulina, abbassare la glicemia, la pressione arteriosa e altri fattori di rischio di diabete e malattie cardiovascolari.
SoLongevity ti suggerisce: Cardio Age
Nutraceutico di nuova generazione a sostegno del benessere cardio e neuro vascolare, promuove diversi processi metabolici utili alla salute del nostro organismo. Una buona fisiologia cellulare si basa su una corretta replicazione cellulare e sul mantenimento di una normale sintesi del DNA. La formula CardioAge favorisce la normale espressione di questi processi, promuovendo la regolazione della sintesi di omocisteina e glutatione e in tal modo favorendo il benessere del sistema vascolare e aiutando la sintesi endogena di componenti utili per un metabolismo più sano e giovane. Infatti le vitamine B6 e B12 che contiene contribuiscono al normale metabolismo dell’omocisteina; Acido folico e Magnesio intervengono nel processo di divisione delle cellule, oltre a contribuire al controllo dell’omocisteina nel sangue; lo Zinco contribuisce alla normale sintesi del DNA. Inoltre, CardioAge contribuisce a promuovere la produzione endogena di glutatione grazie a: Serina – Glicina – Vitamina B6.
Uno studio clinico pubblicato su Nutrients nel 2020 ha dimostrato come l’utilizzo dell’integratore CardioAge, sviluppato da SoLongevity Research, sia in grado di ridurre efficacemente l’omocisteina, convertendola in glutatione endogeno, un potente antiossidante. CardioAge fornisce inoltre folati, sia in maniera diretta sia stimolandone la produzione. Il team scientico di SoLongevity è da tempo impegnato nello studio degli effetti dell’omocisteina sulla salute cerebrovascolare e nel portare avanti studi clinici su nuove formule di nutraceutici in grado di contrastare questo fattore di rischio.
ll nutraceutico CardioAge è quindi indicato per gli adulti con:
- Condizioni di rischio cardiovascolare: ipertensione, colesterolo elevato, gene MTHFR mutato, aterosclerosi
- Passati eventi cardiovascolari o familiarità con questi eventi
- Difficoltà neurocognitive: memoria, concentrazione
- Ipotiroidismo
- Menopausa
- Problemi del microcircolo o che utilizzano farmaci con antagonismo rispetto ai Folati, ivi compresi anticoncezionali.
In generale, CardioAge può essere utilizzato per il mantenimento di una buona salute cardiovascolare e metabolica al di sopra dei 45 anni, in particolare se si ha uno stile di vita pro-ossidante caratterizzato da fumo, sedentarietà, regime alimentari ipercalorici. CardioAge non compensa i danni arrecati da uno stile di vita pro-ossidante, ma può contribuire al recupero di valori fisiologici dei nostri antiossidanti endogeni.
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