Non è vero che non abbiamo abbastanza tempo
E’ vero che abbiamo poco tempo e che, se ne avessimo in misura maggiore, riusciremmo a fare di più e meglio? Per il filosofo Seneca “non è vero”. Per la psicologia il tempo si dilata o si comprime, perché cambia la nostra percezione temporale. Questa sensazione è causata da vari fattori, quali per esempio l’età, le aspettative, le emozioni, la cultura.
La dimensione qualitativa del tempo
Ci lamentiamo sempre di avere poco tempo e di non riuscire a fare ciò che vorremmo. Ma è veramente così? Secondo Seneca non è vero che abbiamo poco tempo: la verità è che ne sprechiamo molto (1).
Mentre per la cultura precedente ed a lui contemporanea la vita è breve, il filosofo latino ribalta il paradigma: la vita non è breve, siamo noi a renderla tale, sprecando il tempo che abbiamo a disposizione. La vita infatti è lunga a sufficienza, per compiere mirabili imprese, se solo imparassimo a farne buon uso ed a viverla in modo proficuo. Soltanto quando giungiamo alla fine, ci rendiamo conto che la vita è passata, senza che ce ne siamo accorti.
Per il filosofo latino perciò è breve la vita che viviamo davvero. Tutto il resto è tempo, che passa, ma non è vita
La percezione del tempo è soggettiva
Quando pensiamo di non avere abbastanza tempo oppure che il tempo non passi mai, facciamo riferimento soprattutto al cosiddetto “tempo spazializzato” della scienza. Esso viene considerato, secondo il filosofo Bergson, come una successione di momenti, che si susseguono cronologicamente (come, per esempio, quelli rappresentati dal movimento delle lancette dell’orologio). Questi istanti sono distinti l’uno dall’altro secondo un criterio quantitativo.
Non consideriamo, però, che il tempo segmentato della scienza non è il tempo della vita, ma una convenzione determinata da necessità pratiche. Il tempo della vita invece è un continuum, in cui ogni istante può avere per ciascuno di noi una durata diversa. La percezione del tempo infatti è soggettiva e deriva dall’esperienza di ciascuno: è innegabile che un’ora sulla sedia del dentista sembra infinita, mentre un’ora passata in piacevole compagnia appare brevissima.
Ma quali sono gli elementi che determinano una percezione del tempo variabile e diversa per ciascuno di noi? Innanzitutto la percezione temporale può essere influenzata dalla biochimica del cervello. La dopamina, in particolare, favorisce l’ impressione che il tempo passi più velocemente.
La sensazione soggettiva del tempo poi dipende anche da altri fattori, quali l’età, le aspettative, le emozioni e anche la cultura. Ghandi diceva infatti che gli occidentali hanno l’ora ma non hanno mai tempo.
Pensiamo per un momento come anche le diverse emozioni ci diano l’impressione che il tempo si dilati o si comprima. Quando ci si sente tristi, si ha l’ impressione che il tempo non passi mai, nella gioia invece sembra che il ritmo temporale sia accelerato. Per non parlare poi di come le nostre paure, le nostre insicurezze e le nostre contraddizioni influiscano sulla nostra percezione del tempo.
Ciò che è importante notare è che la sensazione che abbiamo del tempo influisce sulla nostra interpretazione della realtà, sulla percezione di noi stessi e sui nostri comportamenti. Il nostro rapporto con il tempo può anche offrire una chiave di comprensione di noi: un rapporto negativo con il tempo diventa così lo specchio di un rapporto negativo con noi stessi.
La percezione del tempo cambia anche con l’età
Un’altra osservazione importante è che la persona più anziana ha una percezione del tempo diversa rispetto a quella più giovane. Proprio con l’avanzare dell’età si ha effettivamente l’impressione che il tempo fugga.
Ciò è dovuto non solo al fatto che si ha la consapevolezza di averne meno a disposizione, ma, secondo la scienza, dipende dalla velocità o dalla lentezza con cui le immagini vengono elaborate dal nostro cervello. Questa teoria, avanzata dal prof. Adrian Bejan, professore di ingegneria meccanica della Duke, è stata pubblicata dalla European Review della Cambridge University nel maggio 2019. In essa si legge: il tempo che percepisci non è lo stesso del tempo percepito da un altro. Come mai? Perché la mente giovane riceve più immagini in un giorno della stessa mente in età avanzata. Detto in altro modo, se la durata della vita è misurata in termini di numero di immagini percepite durante la vita, allora la frequenza delle immagini mentali in giovane età è maggiore che in vecchiaia.
La mente quindi percepisce il “cambio di tempo”, quando l’immagine percepita cambia. Oltre al limite organico bisogna considerare anche la differenza del tipo di vita di un giovane e di quella di un anziano. Quest’ultimo infatti ha meno sollecitazioni.
La consapevolezza del fatto che il tempo passa in fretta solo quando si è privi di nuovi stimoli può permettere all’anziano di capire il motivo del suo disagio e di trovare delle possibili soluzioni alla sua sensazione di insufficienza del tempo.
Dovrà per esempio ricercare nuove esperienze, come viaggiare in posti nuovi, intraprendere nuove attività, frequentare gente diversa. Anche se proprio i limiti imposti dall’età non rendono tutto questo sempre possibile, è comunque importante che l’anziano si impegni al massimo per ricercare, nella propria quotidianità, stimoli nuovi ed attività diversificate.
Una vita attiva tra l’altro genera sempre nuovi stimoli, come in una reazione a catena. Se per esempio decido di andare a vedere una mostra d’arte sull’impressionismo, sono stimolata a prepararmi prima, leggendo vari studi sulla corrente e sui suoi rappresentanti, soprattutto su quelli, i cui quadri sono esposti. Anche dopo sono spinta a parlarne o ad approfondire eventuali stimoli ricevuti, arricchendo così la mia vita.
L’anziano non solo deve cercare stimoli all’esterno, ma deve anche aprirsi alla voce del “fanciullino”, che, come dice Pascoli, è dentro di noi. Questo “bambino interiore” riesce a stupirsi ogni volta ed a riscoprire sempre qualcosa di nuovo, indipendentemente dall’età.
Spesso non è il tempo che manca, ma l’interesse
L’argomento, che stiamo trattando, merita anche un altro tipo di riflessione. Oltre a quanto è stato detto e dimostrato, la percezione di non aver tempo può sottintendere altre verità.
Quante volte abbiamo sentito dire questa frase e probabilmente l’abbiamo usata anche noi : “Mi dispiace, non ho tempo”. In realtà è una scusa per non fare determinate cose. Stiamo prendendo in giro noi e gli altri, in quanto spesso non esiste la mancanza di tempo, ma solo di interesse. Lo dimostra il fatto che, quando qualcosa ci sta a cuore, troviamo subito il tempo per farla: non esiste la mancanza di tempo, esiste la mancanza di volontà. Perché quando le persone veramente vogliono, “il tramonto diventa alba; martedì diventa sabato e un momento diventa un’opportunità” (2)
Ciò che manca quindi è la motivazione ed è questa che ci fa stabilire le priorità: quando diciamo di non avere tempo, in realtà affermiamo che quella determinata cosa non è per noi una priorità.
Addirittura spesso, dicendo di non aver tempo, si vuole giustificare la vita frenetica e l’accumularsi degli impegni, quando invece è solo una scusa per non affrontare i problemi o per sfuggire alle proprie responsabilità. Anche quando procrastiniamo, giustificandoci con la mancanza di tempo, in realtà è il nostro io più profondo che teme di affrontare quella questione o magari ha paura del cambiamento e ci spinge a rimanere nella zona di comfort.
E’ più facile infatti pensare di non aver tempo, piuttosto che ammettere la verità! Mentire a noi stessi però si rivela molto pericoloso.
Siamo stati educati a dire sempre di sì, per essere accomodanti e per non offendere gli altri. Di conseguenza soprattutto quando ciò che dobbiamo fare o ciò che ci viene chiesto non corrisponde a quello che desideriamo, ricorriamo a delle scuse. Non sarebbe meglio invece essere esattamente come siamo, senza paura del giudizio altrui e senza temere di sentirci in colpa per non aver corrisposto alle aspettative delle altre persone?
Quando pensiamo o diciamo di non aver tempo, è meglio riflettere perciò su ciò che c’è dietro a questa frase ed è saggio agire di conseguenza.
Ciò di cui abbiamo bisogno infatti non è il tempo, ma un dialogo onesto e sincero con noi stessi.
Note al testo:
1) De brevitate vitae
2) Gustavo Adriàn
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