La tortura è reato (e deve rimanerlo)
Oggi 26 giugno ricorre la Giornata internazionale per le vittime di tortura, una battaglia che ha sempre visto Amnesty International Italia lottare in prima linea, inizialmente per il riconoscimento del reato introdotto nel codice penale dopo un lungo iter parlamentare nel 2017; successivamente per la sua difesa contro i tentativi di modifica e abrogazione da parte di alcune parti politiche, sia al Senato che alla Camera, che potrebbe fermare i processi e le indagini in corso.
“Ci sono voluti 29 anni per avere il reato di tortura nel codice penale italiano”, ha sottolineato Alba Bonetti, presidente di Amnesty International Italia. “Riaprire adesso la discussione è un segnale pessimo, un messaggio in favore dell’impunità. Diciamo chiaro e tondo al parlamento e al governo: il reato di tortura non si tocca!”.
In molti atti internazionali, dalla Convenzione di Ginevra del 1949 all’istituzione della Corte penale internazionale del 1998, si afferma che nessuno può essere sottoposto a tortura, né a pene o trattamenti inumani o degradanti. Nella maggior parte dei casi, però, ci si limitava a proibire la tortura ma non se ne forniva una specifica definizione.
La sofferenza fisica o psichica inflitta a una persona privata della libertà personale mediante violenze, minacce o comunque condotte particolarmente crudeli ripetute nel tempo era perseguita anche prima dell’introduzione del reato di tortura, ma l’imputato doveva rispondere di più delitti e non di un unico reato. L’introduzione del reato di tortura ha soprattutto permesso di perseguire molte condotte che prima sfuggivano alla definizione di reato, come le violenze domestiche e, in alcuni casi, quelle perpetrate dalle forze dell’ordine.
Oltre a battersi in difesa del reato di tortura per scongiurare un pericoloso passo indietro nel diritto interno, Amnesty International Italia si batte per favorire un importante sviluppo nel diritto internazionale.
L’organizzazione per i diritti umani è infatti impegnata nella promozione di un Trattato internazionale che regoli il commercio delle armi meno letali in dotazione delle forze di polizia impegnate in azioni di ordine pubblico.
Con armi meno letali s’intendono dispositivi antisommossa dal forte potenziale offensivo, come per esempio manganelli, spray urticante, gas lacrimogeni, granate stordenti, cannoni ad acqua e proiettili di gomma.
“Chiediamo un Trattato internazionale che vieti la produzione e il commercio di attrezzature, destinate alle forze di polizia, intrinsecamente atte a violare i diritti umani e sottoponga a rigorosi controlli in materia di diritti umani il commercio delle armi meno letali, destinate all’uso della forza in contesti di ordine pubblico o di custodia”, ha dichiarato Bonetti.
Al momento non esistono normative globali sul commercio e sulla produzione di queste armi meno letali dagli effetti potenzialmente altrettanto devastanti.
Questi mezzi in dotazione alle forze di polizia sono stati pensati per consentire loro di usare un livello minimo di forza di fronte a una particolare minaccia. Ma grazie alle ricerche di Amnesty International si è scoperto che in moltissimi casi queste armi meno letali sono state usate in modo illegale contro semplici manifestanti o persone in stato di fermo come fossero veri e propri strumenti di tortura, provocando lesioni gravi e in alcuni casi addirittura la morte.
Quella contro la tortura è una delle battaglie storiche di Amnesty International, in Italia e nel mondo. Una battaglia che continua perché sui diritti non si torna indietro.
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