La mia Venezia
Il 22 febbraio era un giorno come un altro o forse no!
Non esiste un giorno come un altro, ogni nuovo giorno in quanto nuovo è diverso da qualunque altro e proprio in quanto nuovo porta con se novità che piccole o grandi che siano, lo rendono diverso da qualunque altro.
Accogliere ogni alba con questa consapevolezza credo sia il miglior modo di predisporsi a vivere la giornata che ci attende sempre come un nuovo inizio.
Quindi era il 22 febbraio quando una mail fra tante attira la mia attenzione.
La chiamata
Una giovane regista mi scrive per espormi il progetto di un corto cinematografico per cui a suo dire sarei perfetta nel ruolo di Ottavia.
Le parole della regista su di me, in base a ciò che ha trovato online, nei social e non solo mi sorprendono e mi lusingano, ma al tempo stesso bussano con insistenza alla mia sindrome dell’impostore: non sono un’attrice. Giusto per non far mancare la benzina su questo falò di vanità e paura mi scrive nella mail che il corto andrà fuori concorso al festival del cinema di Venezia.
E qui immaginatevi me che barcollo fino a cadere sul divano. Allegati alla mail ci sono il progetto e il copione che per fortuna quando ho letto ero già seduta. Il progetto, IO SONO CORPO, mira a de-sessualizzare e de-oggettificare il corpo per restituirgli il naturale ruolo di semplice e, al tempo stesso, fondamentale strumento attraverso cui siamo chiamati ad esperire la vita, la componente materica che fa di noi spiriti incarnati. Per veicolare questo tanto semplice quanto potente messaggio la regista ha scritto una sceneggiatura che racconta scene di vita quotidiana che gli attori recitano completamente nudi.
La trama del corto
La nudità non mi intimorisce, non certo quanto Venezia, e siccome il progetto mi piace molto seppure azzardato, mi fiondo a leggere il copione, scopro che il mio personaggio ha due battute facili e in grado di limitare i danni della mia poca abilità recitativa.
Accetto di fare il provino e la regista conferma la sua impressione su di me sostenendo che sono la persona giusta per quel ruolo. Mi comunica che non appena avrà finito di visionare le altre candidate, mi farà sapere
Fra la speranza e l’incredulità metto in stand by la cosa, non senza un tarlo nella testa che mi solletica al pensiero di un’esperienza del genere. Sono a Düsseldorf a girare uno spot quanto la giovane regista mi manda un audio nel quale mi comunica che alla fine delle selezioni resta dell’idea che io sia perfetta per il ruolo e mi conferma l’ingaggio.
Per un istante il respiro mi si è spezzato fra la gola e il naso, rimanendo sospeso in una apnea di meraviglia ed eccitazione difficile da spiegare. Il messaggio prosegue dicendo che mi inviava la stesura definitiva del copione che con trascurabile leggerezza apro per scoprire che un po’ di cose erano cambiate.
Avrei voluto chiamare la regista e dirle MA SEI COMPLETAMENTE SCEMA????
Un attimo di panico, il tempo di recuperare quel respiro che si era incagliato nella gioia prematura di un attimo prima e realizzo. Il mio personaggio aveva assunto un ruolo più importante, pur non essendo la protagonista era decisamente più presente nelle scene e, cosa terrorizzante, aveva decisamente più battute.
Se dovessi farvi la cronistoria di ogni singolo stato d’animo che ha transitato nel mio cervello e nel mio cuore fino al giorno delle riprese questo articolo diventerebbe una divina commedia. Vi basti sapere che sono arrivata alla data fissata per girare il corto con tanta eccitazione quanta ansia e non so se felicità e paura, come in una sorta di somma algebrica si siano annullate a vicenda, ma ero perfettamente a mio agio, centrata e a bolla.
Vivere il set con entusiasmo
È stato entusiasmante vivere il set con le sue sequenze assolutamente non filologiche con la cronologia della storia, con i suoi accavallamenti di ruolo, cavi microfoni luci voci ciak, con i suoi momenti di decompressione fra colazioni pranzi pause caffè, con tutte le energie le sinergie le aspettative i contrattempi, con tutto il fervore e la logistica.
E se girare il corto è stato entusiasmante, vedere il risultato finale e vederlo proiettato nel buio di una sala cinematografica, sul grande schermo è stato indescrivibile. Provate a pensare il livello di emozione quando tutto questo avviene all’interno di una manifestazione iper galattica come la mostra del cinema di Venezia.
La cosa più difficile è immagine che tutto questo avvenga nel contesto di una vita complessa che fiorisce proprio nel momento in cui comunemente si ritiene abbia già dato il meglio, abbia già tracciato la rotta definitiva di un traguardo prestabilito.
Un’esperienza indimenticabile
Mai e poi mai avrei potuto nemmeno lontanamente immaginare di vivere un’esperienza di questo tipo partendo all’età di 50 anni a muovermi in questo mondo. Eppure forse proprio l’averlo fatto in età matura mi ha permesso di gestirlo con entusiasmo e coscienza, senza apprensione o ansia da prestazioni dettati dall’ingenuità e l’insicurezza della giovane età.
L’idea di non avere nulla da perdere a provarci e qualcosa che si fa strada sempre troppo tardi nella nostra mente e invece è un’idea così straordinariamente potente.
Venezia durante il festival ha il profumo dei sogni, della magia della finzione che si fa narrazione della verità, della speranza, di una idea, di un incubo, di un progetto, di un messaggio, di una storia, della storia …quante cose può veicolare il cinema.
Sono felice di essermi misurata anche in questo linguaggio, sono felice di aver pensato a 50 anni di poter intraprendere una nuova vita, se non lo avessi fatto non sarei mai approdata a Venezia
Ringrazio me stessa per essermi data questa possibilità e invito tutti a pensare alla vita in termini di potenzialità anziché di età.
A presto
La vostra Vale Grey Model
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