La medicina di genere
Un numero sempre maggiore di studi scientifici dimostrano che può influire sullo stato di salute non solo il sesso, cioè il complesso dei caratteri anatomici e fisiologici, ma anche il genere. Questa dimensione è stata definita dall’OMS come il risultato di criteri, che si basano su parametri sociali, circa il ruolo ed il comportamento attribuiti a ciascuno dei due sessi.
Partendo da queste considerazioni la medicina di genere si pone lo scopo di capire come le differenze legate al genere influiscano sullo stato di salute e di malattia di ogni persona.
Quando nasce la medicina di genere e a che punto siamo in Italia
Per sentir parlare di differenze di genere bisogna aspettare il 1991, quando in un articolo del New England Journal of Medicine la cardiologa americana Bernardine Healy faceva notare il comportamento discriminante dei colleghi cardiologi, che sottostimavano il rischio cardiovascolare nelle donne. Bisogna però attendere ancora otto anni perché l’OMS prenda atto delle differenze tra i due generi ed inserisca la medicina di genere nell’Equity Act, per garantire il principio di equità all’accesso e all’appropriatezza delle cure.
In Italia il tema della Medicina di Genere è stato per la prima volta menzionato nel 2011 dal Decreto Legge “Omnibus”. Finalmente, la legge 11 gennaio 2018, all’ art.3, prevede l’introduzione della medicina di genere nel Servizio sanitario nazionale, per cui il 2 giugno del 2019 è stato pubblicato il Piano per l’applicazione e la diffusione della Medicina di Genere.
Il Piano è adottato nel rispetto dei seguenti principi:
a) previsione di un approccio interdisciplinare tra le diverse aree mediche e le scienze umane che tenga conto delle differenze derivanti dal genere, al fine di garantire l’appropriatezza della ricerca, della prevenzione, della diagnosi e della cura
b) promozione e sostegno della ricerca biomedica, farmacologica e psico-sociale basata sulle differenze di genere
c) promozione e sostegno dell’insegnamento della Medicina di Genere, garantendo adeguati livelli di formazione e di aggiornamento di tutto il personale medico e sanitario
d) promozione e sostegno dell’informazione pubblica sulla salute e sulla gestione delle malattie, in un’ottica di differenza di genere.
La medicina di genere non è solo per le donne
Bisogna subito chiarire una questione importante: anche se in medicina, come in altri settori, le donne sono le più svantaggiate, non si deve però intendere la medicina di genere come la medicina per le donne, come erroneamente si pensa.
Si parla infatti di una medicina per entrambi i generi, perché, come le malattie, ritenute solo maschili, colpiscono anche le donne, così malattie, considerate da sempre femminili, riguardano anche gli uomini, sia pure con sintomi diversi.
La medicina di genere non è quindi una branca a sé dell’area medica, ma una dimensione trasversale ed interdisciplinare a tutte le branche del sapere medico. E’ più precisamente una medicina genere-specifica, perché, come ha sempre affermato la Prof.ssa Giovannella Baggio, presidente del Centro studi nazionale su salute e medicina di genere di Padova e prima docente in Italia ad avere una cattedra di medicina di genere (presso l’Università di Padova), tutte le specialità, trasversalmente, devono essere affrontate e praticate con attenzione al genere.
Differenze di genere in medicina
Molte patologie hanno un’insorgenza ed un decorso diverso per le donne e per gli uomini ed anche la risposta alle terapie ed ai farmaci può essere diversa tra i due generi.
Per esempio le malattie cardiovascolari sono ancora considerate un problema maschile, mentre stanno diventando una delle principali cause di morte per le donne . Secondo le statistiche sulle malattie cardiovascolari in Europa, diffuse dall’ Istituto Superiore di Sanità, ogni anno le malattie cardiache coronariche e l’ictus sono causa del 48% di tutti i decessi (54% per le donne, 43% per gli uomini). Questi dati impressionanti sono lontani non solo dall’immaginario di tutti, ma anche da quello dei medici. La differenza tra i due generi non riguarda tanto le percentuali, quanto i fattori di rischio, lo sviluppo delle malattie a livello cellulare e subcellulare, la prevenzione e le cure farmacologiche.
Paradossalmente i farmaci non solo per questa patologia, ma anche per tutte le altre, sono poco testati proprio sul genere femminile, che li usa di più e che è più soggetto a reazioni avverse.
Nonostante queste consapevolezze donne e uomini continuano ad essere curati allo stesso modo e le sperimentazioni dei farmaci vengono fatte ancora prevalentemente sugli uomini. Si continua così a commettere un grave errore metodologico, che ha pesanti ricadute sulla salute delle donne, inficia il loro diritto alla salute, garantito invece dalla Costituzione, solleva anche rilevanti problemi etici ed ha importanti ripercussioni economiche.
Perché la medicina di genere non viene ancora attuata ?
Purtroppo la causa della mancata ricaduta della medicina di genere sulla prassi medica va ricercata in ambito economico, ma soprattutto culturale.
Sul piano economico i costi aumentano innanzitutto perché la sperimentazione ha bisogno di utilizzare campioni più numerosi, dovendo raggiungere risultati significativi non solo per il campione totale, ma per entrambi i generi. I costi poi aumentano, anche perché la sperimentazione sulle donne diventa più lunga e più complessa, dovendo considerare i fattori ormonali, l’eventuale gravidanza e la menopausa.
Sul piano culturale c’è da dire che la medicina ha sempre avuto un’ impostazione androcentrica, per cui gli uomini sono stati gli unici soggetti e le donne sono state paragonate a loro. Lo dimostra il fatto che l’attenzione alle specificità femminili è stata limitata solo alla funzione riproduttiva.
Purtroppo le diseguaglianze in ambito sanitario riflettono le discriminazioni, che si riscontrano in tutti gli altri settori, come il lavoro, l’ economia, l’ educazione, la politica, e rientrano nel discorso spinoso e più generale della parità di genere. Nonostante che questo principio sia stato affermato nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani delle Nazioni Unite nel 1948, il Gender Gap purtroppo è ancora una triste realtà.
L’ importanza dell’applicazione della medicina di genere
Un approccio di genere è estremamente importante per indirizzare la ricerca, per organizzare l’offerta dei servizi, per garantire l’appropriatezza e la personalizzazione delle cure. Individuare una risposta alle specifiche necessità del paziente ovviamente comporta cure più efficaci e quindi un risparmio in termini di tempo e di denaro: anche se la ricerca è più costosa, i risultati però sono più produttivi.
Agire in un’ottica di genere significa anche avere una buona conoscenza e dare un’ informazione corretta. Per esempio, per rimanere in ambito cardiologico, l’infarto del miocardio nella donna viene diagnosticato in ritardo, perché presenta sintomi diversi da quelli dell’uomo. I sintomi della donna infatti non sono quelli noti del dolore in centro al petto che si irradia al braccio sinistro, tipico degli uomini, ma la donna ha pochi sintomi, può avere un po’ di mal di pancia o un po’ di dispnea o più frequentemente un dolore posteriore e sentirsi stanca. In questo caso una conoscenza di genere, in fase di diagnosi, fa davvero la differenza nel salvare una vita!
E’ opportuno che tutti noi sappiamo che non solo i sintomi, ma anche i fattori di rischio hanno un impatto diverso sui due generi: per esempio una donna diabetica ha tre volte più probabilità di avere un infarto rispetto ad un uomo diabetico.
In modo analogo nell’uomo vengono completamente trascurate quelle patologie considerate erroneamente solo femminili, come per esempio l’osteoporosi e la depressione. La prima si presenta nell’uomo con un ritardo di circa dieci anni rispetto alla donna e nelle situazioni più gravi, dopo una frattura, spiega la prof.ssa Baggio, il tasso di mortalità è molto superiore. La depressione è indubbiamente più frequente nella donna, ma nell’uomo non abbiamo gli strumenti per diagnosticarla e sappiamo che il suicidio è dalle cinque alle sette volte superiore nell’uomo rispetto alla donna. A qualcuno di questi uomini era mai stata fatta una diagnosi di depressione?
Medicina di genere e Covid – 19
La Covid – 19 ha dimostrato che non è più rinviabile in medicina una prospettiva di genere.
La comunità scientifica sulla base dei dati epidemiologici ha evidenziato infatti delle differenze tra uomini e donne nel contrarre l’infezione da Sars-CoV-2 e nello sviluppare la malattia. E’ emerso che le donne si ammalano meno degli uomini per una migliore risposta immunitaria, presentano meno complicazioni e hanno una minore mortalità. Sembra però che il rischio di sviluppare sintomi a lungo termine da Covid – 19 (Long Covid) sia il doppio nelle donne rispetto agli uomini nell’arco di età tra i 40 e i 50 anni, mentre si ritiene che dopo i 60 anni il rischio tra donne e uomini sia simile. Differenze statisticamente significative sono emerse anche riguardo alla gravità degli effetti collaterali farmacologici ed agli effetti avversi dei vaccini.
Nonostante queste evidenze solo una minoranza degli studi clinici, già effettuati e tuttora in corso, considera la variabile del genere. La denuncia arriva da uno studio di ricercatori olandesi e danesi, pubblicato il 6 luglio 2021, sulla rivista Nature Communications, con il titolo Lack of consideration of sex and gender in COVID-19 clinical studies. I ricercatori affermano che, se le analisi vengono condotte secondo la prospettiva di genere, possono evidenziare meccanismi altrimenti ignorati. Da loro arriva perciò una forte raccomandazione, per cui questa metodologia non può più essere rinviata, ma deve essere una componente essenziale di una ricerca solida, riproducibile e socialmente rilevante.
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