In pensione nel 2024: prepensionamenti scoraggiati
I provvedimenti previdenziali previsti dalla bozza di Manovra chiariscono che saranno sempre meno facili e sempre più penalizzati i prepensionamenti
Andare in pensione prima dell’età di legge sarà sempre più difficile e sempre meno conveniente nel 2024. Non stupisce. O sì? Se stupisce è perché non si è voluto finora capire cosa sta succedendo alla demografia del nostro Paese: tra meno di 30 anni l’Italia avrà 5 milioni di over 65 in più, persone pronte per andare in pensione o già in quiescenza, e 6 milioni di persone in età da lavoro in meno, cioè persone che, secondo il nostro modello previdenziale, con i loro contributi sostengono le pensioni correnti. Ecco perché di anno in anno si rende sempre più ostico andare in pensione anticipatamente rispetto all’età pensionabile e si restringe la platea di persone che possono sperare di farcela ritagliandole tra i cittadini più bisognosi o che portano carichi pesanti di lavoro gravoso o di assistenza ad anziani e disabili. Tanto che si sa già che dal 2025 le pensioni anticipate dovranno essere adeguate all’aumento dell’aspettativa di vita, in anticipo sul 2026, data in cui l’età pensionabile in generale riprenderà ad essere commisurata all’aspettativa di vita.
Requisiti per pensionamento anticipato
Già già dal 2024 le pensioni anticipate prevedono i seguenti requisiti:
- 42 anni di contributi per gli uomini e 41 per le donne, a prescindere dall’età anagrafica;
- tetto minimo dell’assegno pensionistico di almeno 3 volte l’assegno sociale (che è nel 2023 di 503,27 euro); significa che per accedere alla pensione anticipata bisognerà avere versato contributi per un assegno pensionistico lordo di 1.509 euro, contro i 1.409 euro attuali. Nel caso di assegni superiori a cinque volte il minimo, valore dell’assegno verrà tagliato per tutto il periodo dell’anticipazione, ovvero fino al raggiungimento del requisito dei 67 anni.
- sistema di calcolo puramente contributivo il che implica che chi accede alla pensione anticipata, dati i requisiti contributivi, perderà la quota retributiva cui avrebbe avuto diritto nel sistema di calcolo misto.
Ferma restando l’età che per legge consente di pensionarsi a 67 anni con almeno 20 di contributi e ferma restando la regola che vuole che chi ha iniziato a lavorare prima del 1996 potrà contare su una parte calcolata con il regime retributivo e una con il regime misto (retributivo+contributivo), mentre chi ha iniziato a lavorare dal 1/1/1996 vedrà il proprio assegno pensionistico calcolato con il regime contributivo puro, ecco gli altri aggiustamenti che vanno nella direzione di limitare i pre-pensionamenti.
Il sistema Quote resiste, ma sempre meno conveniente
Anche nel 2024 si potrà andare in pensione anticipata con Quota 103 – 62 anni di età e 41 di contributi – ma, per chi perfeziona i requisiti nel 2024, con alcune penalizzazioni:
- calcolo interamente contributivo;
- tetto massimo al valore lordo dell’assegno pensionistico (4 volte il minimo, circa 2.250 euro lordi);
- allungamento della finestra di latenza prevista prima dell’effettiva corresponsione dell’assegno pensionistico (da 3 a 7 mesi per il settore privato, da 6 a 9 per quello pubblico).
Sembrerebbe confermato anche il bonus Maroni per chi, pur avendo i requisiti per accedere a Quota 103, sceglie di rimanere al lavoro: una quota dei contributi previdenziali a carico del lavoratore confluirà direttamente in busta paga.
Resiste anche Ape Sociale, almeno fino al 21/12/2024
Confermate le restrizioni già previste dal 2023 con l’aggiunta di 5 mesi in più nei requisiti anagrafici: si potrà accedere all’Ape Sociale, infatti, con 63 anni e 5 mesi di età anagrafica, 5 mesi in più rispetto al 2023.
Ape Sociale, che prevede un limite massimo dell’assegno mensile di 1.500 euro lordi è cumulabile con redditi da lavoro autonomo occasionale fino a un massimo di 5.000 euro lordi annui, è un’indennità sostitutiva che dura fino al raggiungimento dell’età per la pensione di legge (e come tale non prevede tredicesima) riservata a quattro precise categorie di lavoratori:
- disoccupati;
- invalidi almeno al 74%;
- che assistono persone con handicap in situazione di gravità.
- impegnati in lavori gravosi.
Inoltre chi vuole accedere ad Ape Sociale deve aver cessato l’attività lavorativa e non essere titolari di un trattamento pensionistico diretto.
Torna anche Opzione Donna con la maggiorazione di un anno
Confermata con le restrizioni relative alle categorie ammesse già previste nel 2023 e un anno in più di età anagrafica l’opzione che permette alle donne di andare in pensione anticipata con calcolo interamente contributivo: 35 di contributi e 61 anni di età (60 per chi ha un figlio e 59 per chi ne ha più di uno) sono richiesti alle lavoratrici delle seguenti categorie:
- disoccupate;
- caregiver;
- invalide almeno al 74%.
Ci sarà anche un limite all’assegno superiore che non potrà superare quattro volte l’assegno pensionistico minimo, ossia circa 2.255 euro lordi mensili, per tutto il periodo che separa la pensione anticipata dall’età pensionistica di legge.
Inoltre anche per Opzione donna è prevista una finestra di latenza tra il momento della maturazione del diritto e l’effettivo versamento del primo assegno pensionistico di 12 mesi per le dipendenti e 18 per le lavoratrici autonome.
Riscatto agevolato dei buchi contributivi
Una novità positiva riguarda i lavoratori interamente contributivi (chi ha iniziato a lavorare dal 1/1/1996) che potranno riscattare in forma agevolata i periodi di “buco contributivo” fino a un massimo di 5 anni. La cifra da versare potrà essere rateizzata fino a un massimo di 120 pagamenti di importo non inferiore a 30 euro. Il datore di lavoro dei soggetti interamente contributivi del privato può contribuire al riscatto attraverso premi di risultato soggetti a forme di deducibilità fiscale.
Rivalutazioni delle pensioni
Ecco quale sembra il traguardo con riferimento alla rivalutazione degli assegni pensionistici parametrata all’inflazione:
- per la fascia di assegni pari a un importo tra 4 e 5 volte il minimo (563,74 nel 2023, quindi un importo tra 2.254,96 e 2.818.70 euro) l’indicizzazione sale dall’85 al 90%;
- dieci punti in meno invece, dal 32% al 22%, per la fascia di assegni pensionistici sopra 10 volte il minimo (sopra 5.637,40 euro);
- l’adeguamento all’inflazione sarà invece totale per le pensioni fino a 4 volte il minimo (fino a 2.254,96 euro).
Avvertenze
A giudicare dai continui cambiamenti apportati negli ultimi giorni alla bozza dei provvedimenti pensionsitici presentata con la Manovra, non è il caso di dare per certo nulla finché non ci sarà un’approvazione finale.
Foto di Hitomi Bremmer su Unsplash
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