Il toto pensioni continua: si va in pensione a 62 anni?
Mentre suona l’allarme rivalutazione delle pensioni per adeguarle all’ondata inflazionistica che potrebbe costare quest’anno allo Stato oltre 10 miliardi, molti scommettono che la riforma previdenziale non si farà nel 2022 e forse nemmeno nel 2023. Draghi ha detto chiaramente che riforme e adeguamenti sono bene accetti purché finanziariamente sostenibili, il che fa pensare che anche la proposta di Quota 41 fatta dalla Lega (in pensione con 41 anni di contributi prescindendo dall’età) non passerà per via dei costi che avrebbe.
Lavoratori di PMI in difficoltà
Così la scena è oggi dell’ultima novità che vorrebbe la possibilità di accedere al pensionamento anticipato a 62 anni di età compiuti per i lavoratori di PMI in difficoltà, con un numero di dipendenti superiore a 15 ma inferiore a 250 e un fatturato non superiore a 50 milioni, che possano provare una diminuzione del giro d’affari almeno del 30% rispetto al 2019, anno pre-pandemia. Questo per venire incontro alle aziende medio-piccole che non sono riuscite a rialzarsi dopo la batosta del Covid 19, in pratica allargando una misura che era già stata introdotta nella legge di bilancio 2022 con uno stanziamento economico di 150 milioni per il 2022, con ulteriori 200 milioni per il 2023-2024.
I dettagli dicono che la misura sarà accessibile solo se esisteranno i requisiti di 62 anni di età compiuti nel momento in cui azienda e lavoratore concordano la fine del rapporto di lavoro. Lo Stato si accollerebbe il 90% dell’assegno pensionistico cui il lavoratore avrebbe avuto diritto al compimento del requisito di vecchiaia, al netto dell’eventuale Naspi cui il lavoratore avrebbe diritto. Al momento del raggiungimento dei requisiti per la pensione – che sono oggi 67 anni di età e almeno 20 di contributi (*)- il lavoratore perderebbe il diritto alla Naspi ma riceverebbe il 100% dell’assegno pensionistico.
Lo stato di crisi dell’azienda deve essere certificato dal Ministero dello Sviluppo Economico e dall’Inps e i lavoratori che intenderanno godere di questa possibilità di anticipazione della pensione dovranno siglare un accordo in tal senso con i sindacati. La richiesta quindi deve essere inoltrata a Inps 90 gg prima della data di chiusura del rapporto di lavoro. Il dato importante è che l’Inps non potrà superare i fondi indicati (150 per il 2022 – altri 200 per i due anni successivi) quindi chi prima arriva meglio alloggia. Quindi arriverebbe un nuovo scivolo per andare incontro alla PMI in difficoltà e ai lavoratori vicini all’età della pensione.
Altre opzioni di pensionamento a 62 anni
Ma è bene ricordare che c’è un’altra possibilità di andare in pensione in forma anticipata a 62 anni accedendo a Rita, soluzione di anticipazione che prevede almeno 20 anni di contribuzione e non più di 5 dall’età della pensione di vecchiaia, purché il lavoratore in questione risulti iscritto a un fondo di previdenza complementare con almeno 5 anni di contributi versati.
Inoltre il pensionamento anticipato a 62 anni è previsto per lavoratori del settore privato con invalidità civile almeno all’80% o attraverso l’isopensione, accessibile a lavoratori assunti a tempo indeterminato (da aziende con più di 15 dipendenti) cui manchino meno di 7 anni per l’età della pensione di vecchiaia. L’isopensione, disponibile sia per il settore privato che per quello pubblico, però prevede che il costo dell’anticipo della pensione sia a carico dell’azienda datore di lavoro, che deve quindi autorizzarla in accordo con il lavoratore e il sindacato. In questo caso la pensione del lavoratore sarà pari a quanto previsto in base agli anni effettivamente contribuiti, che saranno pertanto inferiori ai 67 di legge dell’età pensionabile, raggiunta la quale l’assegno sarà adeguato agli anni di contribuzione reale più gli anni di isopensione che infatti continuano a maturare contributi.
Tutte strade da prendere in esame, ben sapendo che le cose non miglioreranno con i venti inflazionistici e di guerra che fanno prevedere una nuova contrazione dell’economia, e con la massa di baby boomers che stanno arrivando tutti insieme all’età della pensione. Tanto che anche Opzione Donna potrebbe essere rivista innalzando l’età di accesso: da 58-59 anni potrebbe essere portata a 60-61 anni.
La proposta Tridico per la riforma
Ad oggi in molti danno per molto gettonata la recente proposta di Pasquale Tridico, Presidente INPS, di adottare un percorso di uscita flessibile a 63-64 anni con il pagamento dell’assegno in due rate: quella puramente contributiva (per contribuzioni successive al 1996) verrebbe corrisposta subito, a partire quindi dalla data del pensionamento anticipato, mentre quella relativa alla contribuzione precedente il 1996 verrebbe corrisposta a partire dal raggiungimento dell’età pensionabile di legge. Ciò non graverebbe sul bilancio Inps e permetterebbe a molti lavoratori di smettere di lavorare prima dell’età di maturazione del requisito di vecchiaia.
(*) Solo per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996 e avrebbe quindi diritto a una pensione interamente calcolata con il sistema contributivo, il diritto alla pensione matura solo se l’assegno pensionistico cui avrebbe diritto non è inferiore a 1,5 volte l’assegno sociale, quindi non è inferiore a 702,15 euro. Altrimenti deve attendere i 70 anni, età per la quale decade quest’ultimo requisito e gli anni di contribuzione possono essere inferiori a 20, purché almeno 5.
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