IL CLUB DEI DELITTI DEL GIOVEDÌ di Richard Osnam
Si sorride parecchio ne “Il Club dei delitti del giovedì”, il libro di esordio (edito da Sem) con il quale Richard Osman ha scalato le classifiche letterarie del Regno Unito, conquistato un regista del calibro di Steven Spielberg e stravolto le convinzioni di ogni lettore che si rispetti.
La storia
Perché l’età anagrafica è sempre più una semplice convenzione che non impedisce di innamorarsi come di investigare su crimini cruenti. Con un plus: la leggerezza. Che deriva dagli anni, certo, ma anche da una certa intelligenza e da quella prontezza di spirito che accomuna Elizabeth, Joyce, Ibrahim e Ron, intrepidi ottantenni ospiti di un villaggio per pensionati nel britannicissimo Kent ( https://it.wikipedia.org/wiki/Kent ) che hanno l’abitudine di trovarsi un giorno a settimana per dedicarsi a scandagliare i delitti irrisolti del passato. Bevendo generosi bicchieri di vino accompagnati da fette di torte alla vodka e da una dose di indefesso buonumore, i complici perfetti per trasformare un giallo tradizionale in un ibrido letterario spassosissimo, un romanzo in cui Agatha Christie incontra Guy Ritchie, in buona sostanza.
Cosa succede quando la realtà supera la fantasia e una serie di omicidi si verifica realmente nel centro della tranquilla quotidianità di vecchietti apparentemente amabili offrendo loro la possibilità di entrare nel vivo delle indagini, dare il loro contributo e, naturalmente, sfruttare adeguatamente i loro trascorsi? Ovvio, si mettono a indagare per davvero. Organizzano appostamenti. Ricostruiscono percorsi. Interrogano testimoni. Si servono di ogni mezzo per entrare in possesso di informazioni riservate e lavorare a fianco della polizia.
Ma dimenticate ogni labilità di trama. Perché ogni cosa è graffiata da quell’irresistibile e dissacrante ironia inglese che rende la lettura godibilissima, con una storia costruita in maniera intelligente e frizzante al netto di un genere, il poliziesco, sempre rispettato. Funziona la dimensione giocosa del romanzo che non prescinde, però, da una riflessione più intensa sul valore del tempo, sul senso dell’amicizia, ma anche sulla malattia, sull’amore e sulla morte. Il tutto con una continua commistione tra un punto di vista esterno, quello del narratore, mischiato a quello più intimo affidato al diario di Joyce, che regala impressioni squisitamente personali e capaci di portare il lettore nel cuore stesso della vivace banda di investigatori sui generis.
Proprio loro che, grazie alla saggezza regalata dall’età, arrivano dove i rappresentanti della legge non vanno, creano collegamenti impensabili e scovano dettagli insignificanti, hanno ognuno la loro unicità e sono mossi dalla passione, non solo per la ricerca del colpevole ma per apprezzare in toto ogni aspetto della vita. Che è poi il vero segreto di ogni cocooners che si rispetti.
Che, una volta letto questo libro, non aspetterà altro che poter godere ancora di altri irresistibili omicidi da risolvere
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