Floria Fiorucci: la solitudine mi fa stare bene
Molte persone temono la solitudine e questi due anni di Covid hanno indubbiamente, per alcuni, rappresentato un momento in cui entrare in contatto con se stessi. E non sempre questo incontro ravvicinato sortisce effetti positivi. Fortunatamente, però, non è così per tutti. Qualcuno dalla solitudine prolungata ha tratto dei vantaggi, è entrato in contatto con parte sconosciute di se stesso e ha capito che in fondo, quando si è sani e in compagnia di se stessi, non si è mai soli. Né isolati.
Isolata, ma mai sola e connessa con tutto il mondo
Questo, ad esempio, è quanto accaduto a Floria Fiorucci. Lei è la sorella di Elio, il fondatore dell’omonimo brand e di Love Therapy di cui lei, oggi, è l’amministratore delegato. Ma non fatevi impressionare dai “titoli” perché Floria (ndr deve essere un gene di famiglia) è una donna molto unconventional e non segue i riti sociali convenzionali. Del resto, se non fosse così, non avrebbe potuto lavorare a stretto contatto del fratello, genio e visionario che ha cambiato la visione della moda alla fine degli anni 70, creando il concept store come siamo abituati a conoscerlo oggi.
Classe 1941, Floria, da due anni, si è ritirata, ma non isolata, nella sua casa di Sueglio, una località di montagna che si affaccia sul Lago di Como e ha scelto di vivere lontano da tutti per tutelarsi dal Covid. Questo, però, non le impedisce di stare, non solo, in compagnia di se stessa, ma connessa con tutto il mondo, anche perché il suo lavoro in azienda continua e ogni giorno parla con i figli Marina (ufficio stile) e Marco (digitalizzazione archivio LT)
Cocooners l’ha intervistata:
Da quanto tempo vive ritirata nella sua casa in montagna?
Ormai sono quasi due anni. Sono venuta qui all’inizio del Covid e da quel momento sono scesa a Milano solo in rare occasioni, nei periodi più tranquilli, quando non c’era il lockdown, ma di fatto, ormai, vivo qui e sto benissimo.
Come trascorrono le sue giornate?
Mi alzo alla mattina, respiro l’aria di montagna, sto all’aperto, quando c’è il sole, lavoro l’orto, leggo tantissimo, lavoro ai progetti di Love Therapy e parlo con tutti via whatapp o computer. Di fatto, non sono isolata e sento molte persone. Non ho il tempo per sentirmi sola, anche se, il fatto di esserlo, mi ha messa nella condizione di riflettere su questa situazione, su me stessa e devo ammettere che questo isolamento mi piace molto. Si scoprono delle cose sempre nuove su se stessi. So che ci sono molte persone tristi, che hanno perso parenti e amici, quindi non vorrei essere fraintesa, ma questo Covid per me è stato un motivo di riflessione profonda. E tra le tante cose che ho scoperto, c’è il senso della libertà. In realtà, la libertà era qualcosa che già vivevo nella vita di tutti i giorni. Con mio fratello ho viaggiato tantissimo per ragioni di lavoro e di certo, essendo nata in un’epoca in cui le donne non erano libere, ho apprezzato tantissimo quello che abbiamo scoperto negli anni.
Tipo?
Ad esempio, quando Elio è tornato dal suo primo viaggio in Inghilterra alla fine degli anni 60, mi ha fatto innamorare di quella cultura, tanto che ci sono andata anche io ed effettivamente è così che abbiamo scoperto che vivevamo in un mondo vecchio. E’ lì che abbiamo capito che cosa avremmo fatto, che abbiamo respirato la nuova moda, una nuova cultura e l’abbiamo portata a Milano. Ricordo le prime minigonne che abbiamo importato dalla Gran Bretagna. Erano spettacolari e le abbiamo fatte mettere in produzione dagli artigiani che lavoravano qui a Milano e nei dintorni. Un’epoca magica.
Tra lei e suo fratello c’erano 6 anni di differenza. Cosa ricorda della vostra infanzia o adolescenza?
La mia era la tipica famiglia in cui o studiavi o lavoravi. Io ho iniziato ragioneria, ma prima di finirla, lavoravo già nel negozio di famiglia che era una boutique che vendeva pantofole in Corso Buenos Aires. Era un negozio storico noto in tutta Milano ed lì che abbiamo iniziato a lavorare anche con mio fratello. Ma lui era un’anima curiosa, per cui dopo alcuni anni ha iniziato a viaggiare ed è stato proprio il viaggio in Inghilterra che ha cambiato la sua vita, ma anche la mia. Se penso all’epoca a mia sorella più grande che, quando usciva con il suo fidanzato lo faceva perché si sarebbe sposata con lui, provo un certo senso di assurdo. E’ anche difficile spiegarlo alle ragazze di oggi che quella era la nostra condizione. A me sembrava assurdo e persino violento, ma accettavo quella visione. Oggi mi sembrerebbe un comportamento da altro pianeta. Il viaggio a Londra mi ha liberata da tutti questi concetti obsoleti.
Come trascorre il tempo, oltre al lavoro?
Leggo tantissimo. Molti libri sul buddismo. E poi passo delle ore al telefono. Sia con amici vecchi che nuovi. Ad esempio parlo tutti i giorni con una amica recente che conosco da due anni. Lei è di Domodossola e ci sentiamo via whatsapp. Lavora al telaio. E’ una donna semplice ma di una intelligenza molto vivace ed è un piacere parlare con lei e scambiarci pareri e opinioni. E’ molto arricchente. Poi, lavoro l’orto e devo dire che da quando ce l’ho la natura continua a stupirmi. Quando, finalmente, i pomodori o le zucche sono mature, faccio sempre un po’ di fatica a raccoglierli perché penso a tutto il tempo che c’è voluto per farli maturare. Mi sembra quasi di ucciderli. Comunque, indubbiamente, in questi anni qui mi sono accorta che alla fine faccio le cose che mi piacciono e seguo i miei ritmi, le mie necessità e il mio istinto.
Una delle cose che consigliano di fare per stare in salute è mangiare bene e poco. Lei cosa mangia di solito?
Innanzitutto io mangio poco e la mia dieta non contempla carne. Faccio un unico pasto al giorno, di solito. Raramente mangio due volte. Di solito il mio pasto si concentra alle 15 e nella maggior parte dei casi, mangio frutta, verdura e riso. Non sento il bisogno di mangiare altro. E soprattutto sono contraria alla carne. Bisognerebbe rispettare molto di più gli animali. Ad esempio, ho acquistato delle galline e trovo che siano degli animali super intelligenti oltre che sensibili. Gli animali sono sottostimati, ma hanno una sensibilità molto forte e dovebbero essere rispettati di più. Questo è qualcosa in cui credeva fortemente anche Elio.
Con suo fratello Elio avete portato il mondo a Milano. Come è cambiato il modo di lavorare rispetto al passato?
Io sono stata enormemente fortunata perché ho avuto la possibilità di fare ciò che mi piaceva senza essere troppo assillata. Mi è sempre piaciuto viaggiare, prendere treni, aerei, andare alla scoperta di nuovi posti, negozi, oggetti e questo era il mio lavoro. Con me ed Elio lavoravano tante persone che viaggiavano e cercavano nel mondo oggetti da portare in Italia nel nostro concept store o da mettere in produzione. Parlavamo con loro lo stesso linguaggio (ad esempio, con Tito Pastore di cui ho un ricordo meraviglioso). Una cosa che avevamo trovato viaggiando erano degli stivaletti super colorati che all’epoca facevamo realizzare in pelle colorata da alcuni artigiani di Parabiago. Ma anche altri capi. Ad esempio siamo stati i primi a far realizzare i jeans leggermente elasticizzati che piacevano a tutte le donne, tanto che furono un successo per molto tempo. Lavoravamo con un modellista (ndr Mario Morelli) che aveva collaborato con Valentino a Roma per molti anni ed è stato lui a trasformare il denim immettibile in jeans indossabilissimo. Oggi, invece, per quanto non sia portatissimo all’uso della tecnologia, le ricerche le facciamo direttamente su internet e sui social. Le cose sono indubbiamente cambiate. Certo, io spesso trovo che tutto quello che vedo è un déjà vu per me perché ho vissuto in anni in cui ho veramente visto tutto, però capisco che per le nuove generazioni alcune cose siano nuove e che assemblarle in maniera diversa e non convenzionale possa essere una chiave di successo, come nel caso di Gucci, tanto per fare un esempio. Però una cosa era veramente fantastica nel nostro lavoro ed era lo stimolo a cercare il bello anche quando il bello non c’era. Ecco, credo che ancora oggi si debba andare alla ricerca del bello, ma nella moda, anche dei contenuti perché l’estetica non è più sufficiente.
Photo Credit
Giuliano Grittini (artista)
Enzo dal Verme (fotografo)
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