Film sulla finanza
Competitivo e avvincente per gli appassionati, ma poco conosciuto dai più, il mondo del trading e del mercato azionario ha ispirato molti film sulla finanza che hanno avuto un notevole riscontro di pubblico.
Le dinamiche che si sviluppano in ambito finanziario, spesso dettate da decisioni insondabili da parte dei profani del settore, fanno di questo ambiente un luogo popolato da personaggi intriganti, che sembrano divertirsi ad aggirare regole e codici, sconfinando spesso dal campo del lecito in maniera assolutamente spregiudicata.
E sono proprio questi caratteri controversi ad animare le storie ambientate in quel contesto: con i loro comportamenti pragmatici e privi di scrupoli, attirano l’attenzione dello spettatore e lo incuriosiscono.
Abbiamo deciso di suggerirvi alcuni titoli a tema finanziario, con la convinzione che, attraverso le storie che ruotano attorno al motivo centrale, possiate trovare spunti per conoscere meglio questo mondo.
Wall Street e dintorni, la “mini saga” sul lato oscuro della finanza
Diretto da Oliver Stone nel 1987, Wall Street è un film che mette in evidenza la dicotomia tra capitalismo estremo e umanità e lo fa attraverso la figura di un giovane intermediario che, dopo aver conquistato fama e denaro, si ritrova a lottare contro le sue stesse convinzioni.
In una banca d’affari di Wall Street, il broker Bud Fox (interpretato da Charlie Sheen), ha trovato il suo mentore in Gordon Gekko (un perfetto Michael Douglas che, grazie a questo ruolo, vinse l’Oscar).
Gekko è un vero “squalo della finanza” e svela al giovane i trucchi per manipolare il mercato azionario, spiegandogli che per raggiungere i propri obiettivi è indispensabile mirare al potere assoluto, inteso come controllo globale di affari, sentimenti e conoscenze.
Nel pacchetto sono incluse le implicazioni familiari, come la compagnia Blue Star Airlines, di cui il padre di Bud è capo sindacale.
L’avidità, però, è una caratteristica di Gekko ma non appartiene a Bud che, per amore del padre Carl, decide di abbandonare la strada percorsa fino a quel momento.
Denunciando Gekko, Bud è consapevole di andare incontro a conseguenze legali, dato che risulta essere stato suo complice in affari illeciti, ma preferisce comunque la soluzione che gli permette di salvare il posto di lavoro dei dipendenti della compagnia aerea.
Il sequel naturale del primo film, realizzato nel 2010 (Wall Street: Money Never Sleeps), ha toni meno accesi del precedente.
I tempi sono cambiati, i rampanti anni 80 sono tramontati e la narrazione ha il suo focus sull’evoluzione personale dei protagonisti e su una storia d’amore.
Mentre Bud Fox è diventato presidente della Blue Star Airlines, Gordon Gekko ha scontato la sua pena e nel 2001, quando esce di prigione, non trova nessuno ad attenderlo: sua figlia Winnie (Carey Mulligan), lo detesta e, ritenendolo responsabile della tossicodipendenza e del suicidio del fratello Rudy, ha rotto i rapporti con lui.
La ragazza ha una relazione con Jack Moore (Shia LaBeouf), un giovane broker dipendente della prestigiosa banca Keller Zabel, con il quale condivide gli ideali di sostenibilità perseguiti dall’istituto bancario e finalizzati alla creazione di energia pulita.
Ancora una volta, il denaro e la sete di potere interverranno sulle storie personali dei protagonisti, ma qualcosa è cambiato.
Non solo muta lo sfondo, sono diverse anche le modalità e gli strumenti di azione del mondo finanziario e Gordon Gekko si rende conto di trovarsi di fronte a un vero “impero del male”, all’interno del quale viene considerato quasi obsoleto, perché facente parte di un sistema economico ormai superato.
Capitalismo e mondo del lavoro: i docu-film che raccontano le crisi globali
Nel 2009, Michael Moore dirige Capitalism: A Love Story, un documentario che ha il tono della denuncia al sistema capitalista degli States, rilevando come in America solo il 5% della popolazione detenga la ricchezza, a fronte di un restante 95% che ricco non sarà mai.
Con sarcasmo e ironia, il regista interpreta sé stesso e analizza le fasi che hanno condotto alla crisi dei mutui Subprime e alla disastrosa debacle bancaria del 2008, citando la “mentalità da Casino” che caratterizza gli scambi a Wall Street e l’influenza dei colossi bancari, in particolare di Goldman Sachs, sulle decisioni governative.
Nel farlo, pone l’accento anche sulla visione religiosa del capitalismo, che potrebbe essere definito un vero e proprio ‘peccato’ all’interno di una società in cui molte delle dinamiche finanziarie sono supportate da partiti strettamente legati agli Enti religiosi.
Un anno dopo, nel 2010, esce nelle sale il docu-film Inside Job di Charles Ferguson, ancora una volta incentrato sulla crisi finanziaria del 2008.
Attraverso la narrazione condotta da Matt Damon, il film propone una ricca rassegna di interviste e documenti, che cercano di spiegare i motivi alla base degli avvenimenti che hanno portato le banche a farsi prendere dal panico.
Nei cinque capitoli del film si analizza il “prima”, si passa al “come” e si arriva al “dopo”, con i racconti di giornalisti, esperti del settore finanziario e personaggi politici, alcuni dei quali hanno avuto il ruolo di protagonisti nella creazione della famosa bolla speculativa.
Molto interessante a livello conoscitivo, il film-inchiesta di Ferguson si avvale di una fotografia eccellente e della competenza personale in materia economica dello stesso regista, rivelandosi perfettamente comprensibile anche da chi non si è mai addentrato nei meandri del sistema finanziario.
La finanza tra dramma, thriller e vita reale
Un film molto coinvolgente è Margin Call di J.C Chandor, distribuito nelle sale americane nel 2011, con un cast di tutto rispetto, guidato da Kevin Spacey.
Ha una narrazione cadenzata, a tratti lenta e l’ambientazione è quasi teatrale, dato che l’intera storia si svolge nell’arco di un solo giorno.
Il riferimento alla vicenda della Lehman Brothers è chiaro, così come l’ambientazione fa presagire che -immediatamente dopo- avverrà qualcosa di molto grave, ovvero lo tsunami finanziario del 2008.
Con modalità introspettive, il regista racconta la “quiete prima della tempesta” e il comportamento umano in tempi di crisi; lo fa attraverso le decisioni che alcuni manager di una banca di investimenti si troveranno a dover prendere sulla base delle informazioni riservate di cui, inaspettatamente, sono venuti a conoscenza.
Nel 2013 Martin Scorsese dirige The Wolf of Wall Street, un film biografico ispirato alla vita (strategicamente romanzata) di un personaggio reale, Jordan Belfort, controverso e spregiudicato imprenditore e intermediario alla conquista di Wall Street, interpretato in modo molto convincente da Leonardo Di Caprio.
La storia si basa sull’evoluzione personale e materiale del “lupo” Belfort, che parte come venditore di Penny stock e arriva a salire sui jet di lusso, non senza attraversare momenti in cui l’avidità e la corruzione guideranno le sue scelte, per finire nel “grosso guaio” che lo condurrà dietro le sbarre.
Il film ha rappresentato per Scorsese il suo più grande successo commerciale ed è stato anche apprezzato dalla critica, quindi vale davvero la pena di essere visto, anche per scoprire qualcosa di più sul favoloso mondo del brokeraggio.
Quando la finanza incontra l’emozione
Può sembrare singolare, ma un argomento complesso come l’attività finanziaria ha fatto spesso da sfondo -e talvolta da supporto- a storie “leggere” o drammatiche che avevano tutt’altra intenzione, rispetto a quella di affrontare temi legati all’economia e alla Borsa.
È il caso del celeberrimo Trading Places (Una poltrona per due), ambientato a Philadelphia nel 1983, in cui due potenti finanzieri decidono di sostituire il vagabondo Eddie Murphy al manager Dan Aykroyd, per provare l’assunto che chiunque venga messo in una determinata posizione di potere possa essere un uomo di successo.
Il film fu ispirato da un fatto realmente accaduto, la storia dei fratelli Hunt che, alla fine degli anni 70 decisero di manipolare il mercato dell’argento: come nella vita vera, anche nel film l’inganno non va a buon fine e i due fratelli miliardari finiranno in bancarotta.
Anche nel drammatico ed emotivo La ricerca della felicità di Gabriele Muccino si racconta una storia vera, quella di Chris Gardner, un imprenditore che, dopo aver conosciuto la miseria e la disperazione, riesce a raggiungere i suoi obiettivi, insieme alla felicità e ai miliardi che le fanno da confortevole contorno.
Non solo la storia di un riscatto sociale ed economico, ma anche uno specchio sulla società e sui mezzi a disposizione dei broker negli anni 80, quando la tecnologia non aveva ancora raggiunto il loro mondo.
Suggeriamo anche Barbarians at the Gate, adattamento cinematografico di Glenn Jordan dell’omonimo libro di Bryan Burrough e John Helyar, che tratta di una delle storie più avvincenti del panorama finanziario americano, ovvero la contrapposizione di interessi del CEO di una multinazionale e di un colosso della finanza, nell’acquisto dell’azienda per cui il primo lavora.
Uscito nel 1993, ma ambientato negli anni 80, il film parla dell’utilizzo dei junk bond, i titoli spazzatura ampiamente utilizzati dai “barbari” dell’economia, che all’epoca provocarono una valanga di acquisizioni altrettanto barbare, ma che sono riuscite a dare una scossa al sistema corporate delle società di capitali.
Oggi i junk bond si chiamano, più elegantemente, “fondi alternativi” e non vengono utilizzati dai barbari, ma da investitori istituzionali a tutti gli effetti.
Infine, impossibile non citare Pretty Woman, che nel 1991 fece incontrare -con successo- due mondi spietati, quello della prostituzione e quello dei businessmen senza scrupoli che comprano aziende quotate, le chiudono e ne vendono gli asset separatamente.
Una commedia sentimentale che, per questo motivo, ha l’obbligo del lieto fine, ma anche uno dei primi tentativi di affrontare il problema della deindustrializzazione degli States, derivante dall’inflazione degli anni 70-80 ad opera di finanzieri spregiudicati.
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