Espressionismo astratto: periodo, artisti ed opere famose
L’Espressionismo astratto è un movimento artistico, che, nato negli Stati Uniti d’America dopo la Seconda Guerra Mondiale, ha raggiunto il suo apice tra il 1947 e il 1956.
Alla fine degli anni trenta e l’inizio degli anni quaranta emigrarono negli Stati Uniti, in fuga dalle leggi razziali e dalla guerra, molti artisti europei di diverse tendenze artistiche, come il Cubismo, l’Astrattismo, il Dadaismo, che apportarono in America nuovi stimoli. Fu soprattutto il Surrealismo, il movimento che voleva calarsi nella dimensione della vita interiore, ad essere particolarmente importante per lo sviluppo dell’Espressionismo astratto americano.
Questo movimento fu il primo fenomeno artistico americano che ha influenzato il resto del mondo. Fino ad allora l’arte si era sviluppata nel contesto europeo. Da quel momento si è verificata una spaccatura tra l’Europa ed l’America: mentre nel nuovo continente si affermava l’Espressionismo astratto, in Europa si stava diffondendo l’arte informale. In fondo si trattava di due stili abbastanza simili, in quanto entrambi davano libero sfogo all’emozione con un’ incomparabile spontaneità.
Origini del movimento
Cosa ha originato l’Espressionismo astratto?
Secondo qualche storico è nato dal desiderio di esprimere la propria rabbia e la propria angoscia nel contesto storico post-bellico, per altri è l’opposto, nel senso che è l’espressione del senso di rivalsa e di reazione agli orrori della guerra, per altri ancora è la manifestazione del vuoto di valori e di creatività.
Non dobbiamo dimenticare, però, che il contesto culturale in cui si è sviluppato l’astrattismo è stato caratterizzato dalla crisi del paradigma positivista che inneggiava alla ragione ed all’oggettività del reale e che portò all’affermazione dell’irrazionalità e della soggettività, anche sotto l’influenza delle teorie sull’inconscio di Freud.
Di conseguenza questa forma artistica (l’”espressionismo”, come spinta ad esprimere la propria interiorità, e l’”astratto”, come rifiuto della rappresentazione della realtà) può essere considerata come punto di arrivo del processo di evoluzione della pittura, iniziato con l’Impressionismo e continuato con l’Espressionismo, il Cubismo, il Futurismo, l’Astrattismo, il Dadaismo, il Surrealismo.
Inoltre non dimentichiamo che l’arrivo della fotografia, ma anche del cinema, ha spinto gli artisti a cercare l’ispirazione al di là della natura e della realtà. L’hanno trovata nel mondo interiore, nei sentimenti, nella psiche, nell’esplorazione dell’inconscio e nel processo di simbolizzazione che sottende i meccanismi inconsci della nostra mente. Hanno dato vita, così, ad una forma di arte che era l’espressione di un’ interiorità che dialogava continuamente con una contemporaneità in costante e rapido cambiamento.
Le caratteristiche dell’Espressionismo astratto
Anche se il movimento comprendeva stili diversi, gli artisti dell’Espressionismo astratto condividevano varie caratteristiche.
Il loro comune denominatore era la volontà di esprimere, attraverso la forma astratta, la propria emotività in modo personale e spontaneo, secondo il “puro automatismo psichico” dei surrealisti, lasciando, cioè, che un’ immagine seguisse l’altra “automaticamente”, senza il collegamento logico del ragionamento.
Il loro spirito ribelle ed il rifiuto dei modelli artistici tradizionali hanno generato combinazioni cromatiche fuori dall‘ordinario, con forme contorte ed inusuali, rese attraverso pennellate decise e vigorose e privilegiando tele di grandi dimensioni.
All’interno dell’Espressionismo astratto si distinguono due correnti: l’Action Painting ed il Color Field Painting.
Action Painting
La definizione di Action Painting, cioè pittura d’azione, creata dal critico d’Arte statunitense Harold Rosenberg, sottolinea la potenza gestuale e cromatica con la quale un artista si esprimeva. L’ arte si configurava nell’atto stesso del dipingere, nel gesto, anche violento, che era l’espressione immediata dell’ emotività del pittore.
Il colore, spruzzato o fatto sgocciolare sulla tela col pennello o direttamente dal barattolo, veniva applicato in modo istintivo e casuale. Talvolta, invece del pennello, veniva utilizzato dall’artista qualunque altro oggetto e materiale che potesse aiutare a dare libero sfogo alle proprie sensazioni.
L’importante era liberare l’emozione, sfogarsi, sgombrare la mente da pensieri tossici. L’azione diventava una catarsi nella misura in cui lo sblocco delle emozioni, controllate o nascoste, riduceva la tensione emotiva.
Il risultato pittorico dell’esplosione di quell’ incontrollabile impulso interiore che era alla base di quei gesti casuali è un’immagine caotica, fatta di linee inconsuete e di strane macchie di colore.
Color Field Painting
La corrente, Color Field Painting (pittura a campi di colore), ha dato grande importanza ai colori e soprattutto agli effetti cromatici che derivavano dal loro accostamento.
Generalmente i pittori usavano un solo colore oppure giocavano sulle varie tonalità dello stesso colore. Questa scelta, insieme all’uso generalizzato di tele di grandi dimensioni, generava l’effetto coinvolgente dello spazio infinito che fa eco alla tensione di ciascuno di noi verso l’immenso. Ecco perché queste ampie tele producono spesso, non solo nel pittore, ma anche in chi le guarda, un senso profondo di serenità e di pace.
A differenza dell’Action Painting, i pittori di questa corrente davano meno importanza alla pennellata gestuale ed alcuni, pur rimanendo nell’astrattismo, si servirono di forme geometriche, anche se semplificate.
I maggiori esponenti dell’Espressionismo astratto e le opere più significative
Jackson Pollock (1912-1956), l’artista più conosciuto dell’Action Painting, ha portato il movimento al massimo delle sue potenzialità.
Adottò la tecnica del dripping, cioè muovendosi energicamente intorno alla tela, adagiata a terra, vi lasciava gocciolare il colore in modo casuale, creando un groviglio di linee colorate.
La sua carriera artistica raggiunse l’apice del successo tra il 1947 e il 1950, ciò nonostante progressivamente ha abbandonato quello stile che lo aveva reso famoso, per riprendere elementi figurativi, come in Echo: Number 25 del 1951.
Tra le opere più famose di Pollock ricordiamo:
Lavender Mist del 1950 (conservato nel National Gallery di Washington) è considerato uno dei suoi dipinti più importanti. La tela (221 x 299,7 cm), densa di colore, cattura lo sguardo di chi la guarda e lo coinvolge a livello emotivo.
Blue Poles del 1952,conosciuto anche come Number 11, (212.1×488.9 cm) è “ l’arte nel suo farsi”, in quanto l’enorme quadro non è la rappresentazione di qualcosa, ma di un’esperienza piena di vigore e di energia. Dividono lo spazio otto linee, inclinate in modo diverso e distribuite a distanze abbastanza regolari che danno una parvenza di odine in uno spazio dove l’intreccio colorato rimanda alle forze misteriose del caos.
Convergence (237 x 390 cm.) rappresenta il punto più alto dell’ espressività del pittore. Tra linee nere e bianche Pollock aggiunse il rosso, il giallo e il blu, applicati con gesti non del tutto casuali. Se si guarda bene l’opera, si può individuare, infatti, nei vari elementi una qualche forma di regolarità.
Mark Rothko
Di origine lettone, Marcus Rothkowitz, noto come Mark Rothko (1903-1970), è famoso per i suoi color field paintings, realizzati tra il 1949 e il 1970: sono delle tele in cui l’artista ha utilizzato un solo colore o una gamma molto ristretta.
Rothko dipingeva su grandi tele, perché pensava che così potesse coinvolgere meglio l’osservatore In genere i suoi quadri sono campiture di colore orizzontali (solitamente 3 in ogni quadro), sovrapposte una sull’altra, con una disposizione omogenea del colore, che fa sparire ogni traccia di pennellata.
Non hanno forme, ma creano uno spazio indefinito e inesistente. Pensiamo al No. 1 (Royal Red and Blue), dai colori rossi e blu, applicati su una superficie di rettangoli dai bordi volutamente sfumati, o al No. 10, dai colori luminosi, o ad Orange, Red, Yellow, un caldo accostamento di tre colori, arancione, rosso e giallo. I tre rettangoli colorati, di grandezze crescenti dall’alto verso il basso, non arrivano ai limiti della tela, ma sembrano ondeggiare su di essa.
Particolarmente interessante è il suo ultimo lavoro, la Rothko Chapel: una cappella, costruita a Houston, nel Texas (inaugurata nel 1971), che Rothko ebbe l’incarico di decorare.
Lavorò per tre anni a questo progetto. Dipinse quattordici pannelli di grandi dimensioni, di cui nove formano tre trittici. A prescindere da uno con una leggera zona rossa, negli altri prevalgono i colori scuri, dal nero al viola ed al marrone cupi.
Nella cappella, a pianta ottagonale, dove la luce naturale si diffonde da un lucernario per la mancanza di finestre, i dipinti di Rothko creano un ambiente particolarmente suggestivo che invita al silenzio ed alla meditazione. Chiaramente queste tele evocano il mistero, che noi cerchiamo di indagare e scandagliare, ma la risposta non può essere che il buio e l’oscurità.
A differenza degli altri pittori Rothko non considerava la pittura come l’espressione della propria interiorità, quanto una forma di comunicazione con gli altri.
Le sue superfici colorate possono risultare per alcuni claustrofobiche ed ostili, per altri, invece, possono essere invitanti e magnetiche. I suoi lavori possono intristire oppure rallegrare, ma raramente lasciano indifferenti, nonostante la loro apparente semplicità.
Franz Jozef Kline
Per il gesto potente Franz Jozef Kline (1910- 1962) viene considerato come action painter. I suoi lavori più noti sono quelli in bianco e nero, nei quali il nero è dipinto sopra il bianco e viceversa. Sono opere imponenti, impressionanti, come per esempio Painting No. 7, che misura 204×270 cm, dove il nero, il colore e non-colore più potente e travolgente, evoca emozioni molto forti.
Il nero, in quanto colore dell’ombra, rimanda al mistero, agli aspetti interiori e più nascosti dell’inconscio. Ma allo stesso tempo, a livello psicologico, richiama la negazione, il vuoto, l’assenza: l’assenza della moglie Elizabeth, affetta da una gravissima depressione, sfociata poi in schizofrenia. Franz Kline ha ridotto il ritratto a segni neri essenziali, tratteggiati in modo dinamico sulla realtà statica degli sfondi bianchi. Su di essi l’entità tragica è presente, pur con l’abolizione di qualunque elemento di rappresentazione del soggetto.
Willem de Kooning
Willem de Kooning (1904-1997) pittore e scultore statunitense di origine olandese, insieme a Jackson Pollock, è stato un artista di grande rilevanza dell’Espressionismo Astratto ed in particolare dell’ Action Painting.
Nonostante abbia esasperato l’aspetto gestuale di questa corrente, ritroviamo nelle sue opere, accanto al puro astrattismo, accenni al reale, anche se deformato. Ne è un esempio Woman I , un olio del 1950/52, in cui l’artista ha condensato figura e astrazione. Fa parte di una serie di ritratti di donne, dove con segni incisivi ed audaci ha fatto risaltare una sessualità irruente.
Anche un’altra opera importante Excavation del 1950 , divisa in vari piani fluttuanti, che possono rappresentare il dinamismo della vita moderna, evidenzia la tensione dell’artista tra astrazione e figura. Invece Interchange del 1955, venduto ad una cifra record, è un capolavoro dell’arte astratta I contorni decisi, che delimitano campi di pennellate sciolte e fluide, danno l’impressione del movimento.
Per approfondire il legame di Willem De Kooning con l’Italia è stata allestita una mostra (la più grande retrospettiva dell’artista mai organizzata in Italia), alla Galleria dell’Accademia di Venezia, dal 17 aprile, in concomitanza con la 60° Mostra Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, e rimarrà aperta fino al 15 settembre 2024.
E’ interessante scoprire come l’influenza italiana sia stata determinante sui dipinti, disegni e sculture che de Kooning ha realizzato in America successivamente ai due periodi che ha trascorso nel nostro paese, nel 1959 e nel 1969.
E’ difficile interpretare la pittura di questi artisti. Anche se qualcuno ha voluto vedere rappresentato il mistero dell’inconscio, espresso attraverso il ginepraio di linee colorate che si intersecano tra di loro, e qualche altro ha voluto cogliere il senso di estraneità dal mondo, ma anche da se stessi, in realtà, la maggior parte delle opere “astratte” risultano enigmatiche ed ermetiche.
Eppure l’oscurità e l’impenetrabilità sono segni dell’esistenza umana, del mistero e della percezione del non senso della vita. L’uomo stesso è un enigma e perciò è in continua ricerca della sua umanità e del segreto che essa nasconde.
Non possiamo liquidare ciò che non capiamo, perché anche l’incompreso ha un valore educativo: ci abitua a vivere nell’enigma e nel mistero. Bene e male, senso e assurdo, significato ed insignificante fanno parte dell’esistenza e con ognuno di questi aspetti contrapposti dobbiamo confrontarci.
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