Ma dove sono gli over 60 nella pubblicità?
Cosa succede ai nostri comunicatori di professione? Sembra che non vedano la società per come è. Non vedono che il 23% ha più di 65 anni, non vedono che quel 23% possiede il 40% della ricchezza ed è disposto a spendere per prodotti di qualità. Non vede che questa fascia di popolazione gode di una forma fisica molto simile a quella di 10 anni prima e non ha niente del cliché del vecchio di metà del secolo scorso. Sono fermi lì, come dire fermi al ‘900, ignorando completamente la categoria dei nostri active agers; in pubblicità ci si ferma volentieri a 40 anni, salvo che si tratti di vendere complessi vitaminici over qualcosa, medicinali per problemi alla prostata, pasta per dentiere o assorbenti per perdite urinarie. E il fatto che gli unici anziani rappresentati siano deficitari in qualcosa la dice lunga sui pregiudizi e gli stereotipi che circondano l’invecchiamento.
Com’è, infatti, che siamo invece circondati da 60/70enni che gestiscono i nipoti, guidano l’azienda di famiglia, sostengono con il proprio reddito le famiglie dei figli, viaggiano e comprano cultura in tutte le sue forme? Li vediamo solo noi di Cocooners?
La metà dei nostri anziani ha meno di 75 anni, 7 milioni di persone, nella stragrande maggioranza dei casi ancora attive e coinvolte nella di tutti i giorni. Dei restanti 7 milioni che hanno superato la soglia del 75, il 41,4% degli uomini e il 31,2% delle donne non ha alcuna limitazione nelle attività quotidiane. E fa altri 2.5 milioni circa di persone autonome e attive. Vuol dire che il 70% dei nostri anziani non si comporta da anziano, non è dipendente, non è bisognoso di cure e svolge ancora un ruolo sociale di tutto rispetto.
Ma allora perché queste persone non si vedono nella pubblicità?
Un professore dell’Università Bocconi di Milano, Gabriele Troilo, intervistato sul tema per Economy recentemente, ha detto che il problema è che marketing, e di conseguenza pubblicità, soffrono di una forma di egocentrismo che lui chiama isoformismo demografico.
In poche parole, le persone di marketing, in genere più giovani che in altre funzioni, tendono a riflettersi nei propri consumatori, ignorando che molti dei prodotti di consumo della cui vita sono responsabili sono in realtà comprati da persone più mature e con stili di vita diversi dai Millennial.
Forse è che non fa figo rivolgersi alla parte senior del Paese, forse è che il marketing dovrebbe indicare il futuro e per questa vocazione tende a ipotecare il futuro delle marche di cui si occupa sul futuro potere di acquisto dei giovani, mentre potrebbe vendere agli attuali consumatori.
Secondo una recente ricerca condotta da Age of Majority, sito e community americana di over 55, sono tre i pregiudizi che ricorrono in pubblicità per come vengono dipinti i consumatori senior: analfabeti tecnologici, deboli e bisognosi, cognitivamente compromessi. Le persone senior non vogliono essere rappresentate né più giovani di quanto siano – cosa che fa spesso la moda seppur sia da riconoscere che è l’unico segmento che comincia a valorizzare il pubblico over – né più vecchi.
La vecchiaia è un modo di essere, non il risultato di un’età anagrafica. E l’autenticità nel marketing e nella comunicazione è sempre più chiave di credibilità.
Voi cosa pensate delle persone senior rappresentate dalla nostra pubblicità?
Photo by Nickolas Nikolic on Unsplash
Vuoi commentare l’articolo? Iscriviti alla community e partecipa alla discussione.
Cocooners è una community che aggrega persone appassionate, piene di interessi e gratitudine nei confronti della vita, per offrire loro esperienze di socialità e risorse per vivere al meglio.