Discriminazione sul lavoro: colpisce anche i più adulti
L’approccio all’invecchiamento sembra dividere la popolazione in due grosse fasce molto complesse, ma che possono essere ridotte abbastanza semplicemente. Ci sono quelli alla ricerca dell’eterna giovinezza, spesso con risultati poco soddisfacenti, perché al momento la tecnologia medica non è in grado di evitare i cambiamenti, ma soltanto di moderare alcuni dei loro effetti.
Poi troviamo quelli che, invece, decidono di accogliere il passare degli anni, ma lo fanno con un’attenzione elevata verso la propria salute e non lasciandosi controllare dalle idee altrui.
Che cos’è l’ageismo? È una forma discriminatoria che coinvolge tutte le situazioni in cui ci possono essere diversi gradi di selezione legata all’età e non alle effettive potenzialità e caratteristiche di una persona, soprattutto nell’ambito lavorativo e in quello sanitario e che in Italia sono esplicitamente proibite per legge.
Invecchiare e maturare bene
Il passare del tempo, almeno per ora, è un ostacolo con cui fare i conti e bisogna essere preparati alle trasformazioni fisiche e mentali a cui si va incontro, anno dopo anno, ma la società sembra sempre più concentrata a fare il possibile per ignorare il fatto che l’età media si alza progressivamente.
C’è chi lavora alla propria maturazione con largo anticipo e si prepara ad una anzianità e una vecchiaia tutelate, ma soprattutto a far sentire la propria voce e i propri diritti in ambito lavorativo, rispondendo colpo su colpo alle discriminazioni che sempre più spesso vengono messe in atto, in particolare nel settore impresa medio-grande, ma non solo.
Creare i presupposti per un ambiente in grado di supportare e valorizzare anche le quote mature è fondamentale, per non avere una società dove una fetta progressivamente crescente di persone è di fatto destinata a trasformarsi solo in un peso.
La discriminazione in atto ai danni dei soggetti che solo anagraficamente sono da considerarsi lontani dal target ideale di un settore sono legati alla necessità di una maturazione della società.
Si tratta al momento ancora di un ambiente dove per parametri obsolescenti e poco allineati con la tendenza attuale dell’invecchiamento della popolazione media, in particolare in Italia, ma anche in altri paesi, si tende ad isolare gli anziani.
Nella cronaca si sente sempre più spesso parlare di imprese che preferiscono non assumere le persone che hanno superato una soglia di età, anche se spesso sono nel pieno delle capacità fisiche e mentali per affrontare le effettive richieste della posizione, soprattutto nei settori dov’è la risposta dinamica non è così strettamente necessaria quanto la competenza.
Questo è un fattore che è spesso coincidente con anzianità di servizio e con un curriculum sviluppato in decenni. Ignorare che la maturità sia un valore da preservare e come i costi di una formazione ex novo a volta siano difficili da sostenere, a fronte di un mercato con molta proposta di senior è un passaggio culturale di cui non si può fare a meno.
Creare un ambiente a misura di ultrasessantenni attivi
I motivi alla base del rischio di discriminazione e di ageismo sono tanti. Vanno da quelli più strettamente legati all’ambito specifico, in particolare ai settori fortemente informatizzati e che seguono le tendenze della tecnologia, fino a una percezione errata che vede solo un rapporto commerciale tra giovani.
È il caso,ad esempio, del settore delle boutique e del fashion oltre che altri ambiti simili, in cui è sempre più difficile incontrare personale maturo, perché si ritiene che non sia in grado di soddisfare le esigenze del pubblico. Questo senza considerare il fatto che spesso proprio gli acquirenti appartengono alla fascia discriminata.
Quello che bisogna capire è l’orizzonte dell’anzianità. Non viviamo più in una società in cui la salute di una persona che ha superato una soglia di età si può considerare precaria a priori. A 60 si è anziani? Assolutamente no!
Infatti, nella maggior parte dei casi chi è in questa fascia ha ancora non soltanto caratteristiche fisiche e mentali in grado di affrontare le richieste del suo settore di business, ma anzi, con esperienza e ponderatezza rappresenta una risorsa importante su cui fare affidamento, evitando anche i comportamenti troppo istintivi che spesso caratterizzano i loro colleghi più giovani.
A 60 anni, se è stato intrapreso un percorso di cura della propria persona con check-up periodici e controlli, non solo non si è vecchi, ma ci si trova a breve distanza da un nuovo periodo della vita, quello della maturità in salute.
In questa età si possono avere a disposizione asset come case, investimenti e immobilizzazioni, liquidi, contatti ben radicati e tutti i vantaggi di cui si può approfittare per vivere alla grande per molti decenni a venire, pur restando all’interno del settore produttivo.
In una fascia di età avanzata come quella degli ultrasessantenni, quindi, salvo casi eccezionali, ci si può tranquillamente considerare al centro della vita attiva, in particolare se il settore lavorativo in cui si opera non richiede una particolare quantità di fatica fisica.
È un’età in cui porsi come risorse fondamentali per settori produttivi che possono anche comprendere quelli dell’artigianato tradizionale, ovviamente nelle forme avanzate, dei quadri dirigenziali e di tutti gli ambiti in cui a contare sono le capacità stratificate, la differenziazione del curriculum e dell’esperienza interpersonale.
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