Chi è in pensione può continuare a lavorare? E se sì, conviene?
Regole, consigli e qualche raccomandazione per cogliere solo gli aspetti positivi di un’attività lavorativa, anche parziale, parallela alla pensione
Sgombriamo il campo da equivoci: andare in pensione e continuare a lavorare, anche a tempo parziale, è possibile per i pensionati di vecchiaia e di anzianità. In alcuni casi specifici però al cumulo di redditi diversi (lavoro e pensione) sono previsti limiti o trattenute. I riferimenti sono nei decreto 133 del 2008 e, se avete la pazienza di attraversare un linguaggio tecnico e un po’ burocratico, trovate qui la sezione dedicata del Portale Inps.
Per aiutarvi, però, riassumiamo di seguito le cose essenziali.
Non solo si può ma potrebbe essere molto conveniente per una serie di ragioni
- Doppio vantaggio: aumentare il reddito mensile e nello stesso tempo continuare a contribuire in modo che in futuro si possa contare su una maggiorazione dell’assegno pensionistico (questo aspetto si rinforza naturalmente se il lavoro, seppur parziale, non si limita a 1 o 2 giorni a settimana e viene svolto in forma continuativa). La maggiorazione dell’assegno pensionistico si può richiedere all’Inps dopo 2 anni di lavoro dalla pensione, se si è andati in pensione di vecchiaia a 67 anni, o dopo 5 anni di lavoro se si è andati in pensione prima;
- La classe medica è ormai concorde nel sottolineare come il pensionamento improvviso e totale tenda ad acuire l’invecchiamento biologico e cognitivo con una riduzione delle funzioni fisiche e mentali, tanto più visto l’allungarsi dell’aspettativa di vita al pensionamento. Protrarre il momento di pensionamento può quindi essere un modo per mantenersi attivi e in migliori condizioni;
- Anche dal punto di vista psicologico, il pensionamento – se non coincide con un preciso progetto di altra attività di tipo volontaristico oppure culturale o ancora sportiva o sociale – può significare un cambiamento profondo che vede una forte riduzione delle relazioni e del ruolo sociale;
- Per le coppie, inoltre, il pensionamento può coincidere con una inedita convivenza a tempo pieno negli stessi ambienti, rappresentando uno squilibrio rispetto alle abitudini pregresse e mettere potenzialmente a rischio la serenità quotidiana;
- Infine, per chi riesce a guardare al di là del proprio personalissimo interesse, un Paese in forte invecchiamento che vede erodersi la forza lavoro disponibile guarda a una persona senior che continua a contribuire alla produttività nazionale con esperienza e conoscenze specifiche come a una preziosa testimonianza di cittadinanza consapevole e partecipazione.
Ma i lettori saranno interessati anche a soppesare i vantaggi economici dell’associazione pensione/lavoro, il primo dei quali è sicuramente l’integrazione dell’assegno pensionistico costituita dal reddito da lavoro. Il vantaggio qui dipende dal compenso e da un’attenta valutazione di quanto questa integrazione di reddito possa portare a uno scaglione fiscale superiore. Valutazione da farsi con un esperto.
Il secondo vantaggio invece è più sottile ma certo: continuare a lavorare significa continuare a contribuire e questo inciderà sull’assegno pensionistico futuro. Diversi sono gli elementi che determinano di quanto può aumentare:
- importo del montante contributivo accumulato negli anni di lavoro
- numero di anni in più di lavoro e di contribuzione
- coefficiente di trasformazione
- sistema di calcolo (retributivo, contributivo, misto).
La simulazione offerta da un articolo di BusinessOnline suggerisce che una persona che all’età di 67 anni abbia maturato un montante contributivo di 200 mila euro e quindi una pensione annua di 11.150 euro (circa 850 euro al mese), riprendendo da subito a lavorare per almeno un ulteriore anno vedrebbe la sua pensione aumentare a 11.544 euro, circa 890 euro al mese; nel caso lavorasse per due anni, l’importo della pensione salirebbe a 900 euro al mese.
Un’altra simulazione arriva da un altro articolo sempre di BusinessOnline: una persona andata in pensione a 67 anni che continui a versare contributi lavorativi per i due anni successivi per un importo pari a 15.000 euro godrebbe di un supplemento della pensione di 842,55 euro annui lordi, pari a circa 70 euro lordi al mese.
Il diritto al supplemento di pensione vale anche nel caso che i contributi aggiuntivi dopo la pensione si versino non all’Inps ma in altre Casse previdenziali.
Si tenga inoltre presente che nel caso il pensionato continui a lavorare in forma di dipendente potrebbe contare anche sul cosiddetto bonus Renzi, pari a circa 100 euro mensili, purché però il suo reddito da lavoro non superi i 15.000 euro (e non sia inferiore agli 8.174 euro, al di sotto dei quali si è considerati incapienti e si perde il diritto ad ottenere questa agevolazione).
Lavorare in pensione generalmente quindi si può, ma vale per tutti?
I pensionati di vecchiaia e anzianità non hanno limitazioni al cumulo di reddito da lavoro e pensionistico. In altri casi invece ci possono essere eccezioni e limitazioni alla pensione o rendita.
SI al 100%
A partire dal 2009 si può tranquillamente cumulare reddito da pensione con reddito da lavoro, per il tempo che si vuole (totale o parziale, determinato o indeterminato) e con qualunque contratto se si è in quiescenza con pensione di vecchiaia o di anzianità (attuale pensione anticipata); è bene ricordare che è necessario dare le dimissioni da lavoro dipendente per accedere alla pensione e quindi firmare un contratto di lavoro in seguito, salvo il caso dei lavoratori autonomi cui ciò non è richiesto.
NO al 100% nei casi di:
- pensione di inabilità dipendenti privati e pensione anticipata precoci
Al contrario delle pensioni di invalidità che, come vedremo più avanti, prevedono delle trattenute parziali, le pensioni di inabilità non sono compatibili e, quindi, cumulabili con un reddito da lavoro.
NO anche al cumulo di reddito da lavoro con reddito da pensione anticipata lavoratori precoci fino al compimento dell’età di pensionamento di vecchiaia prevista dalla legge.
- pensioni con Quota 100 e successive Quote e Ape sociale, incompatibili per il periodo intercorrente tra la data di decorrenza della pensione e la data di maturazione dell’età per la pensione vecchiaia, salvo il lavoro autonomo occasionale nel limite di 5mila euro lordi annui. Al conseguimento del requisito dell’età pensionabile di vecchiaia (67 anni) è possibile cumulare redditi da lavoro e da pensione. La non ottemperanza di questa regola comporta la sospensione della pensione per l’anno in questione e/o l’eventuale restituzione delle rate di pensione indebite;
- pensionati del pubblico riammessi in servizio presso le pubbliche amministrazioni. a loro è fatto divieto di cumulare pensione e reddito da lavoreo;
- pensionato con il sistema contributivo puro (ha cioè iniziato a versare contributi dopo il 1° gennaio 1996) che non abbia almeno 60 anni se donna o 65 se uomo e 40 anni di contributi alle spalle oppure almeno 61 anni di età anagrafica ma con almeno 35 anni di contributi.
Sì con Opzione Donna, pare
Nonostante la questione sia dibattuta, Opzione Donna non esprimerebbe alcuna limitazione nei confronti della continuazione di un’attività lavorativa in quanto non concepita come una pensione vera e propria, con conseguente accesso al cumulo dei redditi. Meglio però sentire un esperto sul tema perché la questione potrebbe essere discussa ulteriormente e sortire altre sintesi.
Limitazioni per assegno ordinario di invalidità…
Nel caso di cumulo di reddito da lavoro con assegno ordinario invalidità sono previste una riduzione e una trattenuta se la pensione è liquidata con meno di 40 anni di contributi (computando anche i periodi riconosciuti a supplemento) e se l’importo dell’assegno ridotto resta comunque superiore al trattamento minimo (598,61 euro mensili, 7.781,93 euro l’anno per il 2024).
La trattenuta cade se il reddito del pensionato è inferiore a quattro volte il trattamento minimo (sempre 598,61 euro mensili per il 2024, pari a 7.781,93 euro annuali), mentre è pari a:
- 25% dell’importo di pensione, se il reddito supera quattro volte il trattamento minimo annuo
- 50% dell’importo di pensione, se il reddito supera cinque volte il trattamento minimo annuo
La parte eccedente il trattamento minimo può subire un secondo taglio se l’anzianità contributiva sulla base della quale è stato calcolato l’assegno è inferiore a 40 anni di contributi.
…e pensioni di invalidità
Se il reddito da lavoro (o di impresa) del titolare di pensione di invalidità superiore a tre volte l’ammontare del trattamento minimo (598,61 euro x 3 per il 2024), la pensione di invalidità viene sospesa fino al compimento dell’età di pensionamento o fino a quando la pensione di invalidità venga trasformata in pensione di vecchiaia.
Limitazioni per la pensione di reversibilità
Anche nel caso di pensione di reversibilità il cumulo con reddito da lavoro prevede decurtazioni che scattano se quest’ultimo è compreso tra 3 e 4 volte l’importo minimo INPS (pari a 7.781,93 euro annuali per il 2024), come segue:
- reddito da lavoro pari a 3 volte l’importo minimo INPS: decurtazione del 25%;
- reddito da lavoro pari a 4 volte l’importo minimo INPS: decurtazione pari al 40%;
- reddito lavorativo pari o superiore a 5 volte l’importo minimo INPS: decurtazione al 50% .
Tali decurtazioni potrebbero venire ridotte o annullate in base ad eventuali contitolari della pensione di reversibilità, presenza di minori, studenti e disabili a carico.
NOTA BENE
E’ obbligo di ogni pensionato che inizi un’attività lavorativa, anche parziale e con qualunque contratto, informare il datore di lavoro della propria condizione di pensionato.
Così come è obbligatorio per ogni pensionato che lavori in forma autonoma presentare all’Inps la dichiarazione dei redditi da lavoro autonomo.
In sintesi
L’associazione di un’attività lavorativa anche parziale con la pensione sarà sempre più comune almeno per quegli anni in cui, pur rientrando tra i cosiddetti “anziani”, siamo ancora attivi e in buona forma fisica. Sia per integrare un assegno pensionistico che appare sempre più risicato, sia per protrarre più a lungo condizioni di vita più ingaggianti e il loro effetto positivo sulle nostre funzioni biologiche.
- La legge italiana oggi riconosce la possibilità di lavorare se si è in pensione di vecchiaia o di anzianità.
- Diversamente è impossibile nei casi di pensione anticipata con una Quota (salvo per i redditi da lavoro autonomo entro i 5.000 euro annui), pensione di inabilità, pensione anticipata lavoratori precoci e Ape sociale.
- Limitazioni sono previste in caso di pensioni di invalidità, di reversibilità, contributive pure (inizio contribuzione dopo 1/1/1996) e assegno ordinario di invalidità.
E’ però bene affidarsi a un consulente che possa chiarire l’entità del vantaggio economico (associazione due redditi) con riferimento agli scaglioni Irpef e del vantaggio della maggiore contribuzione previdenziale, tanto più apprezzabile quanto consistente e continuativa l’attività lavorativa.
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