Che cosa c’è alla base dell’invecchiamento
Con il supporto scientifico di SoLongevity
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L’aspettativa media di vita continua ad aumentare e stiamo recuperando anche quanto avevamo perso a causa del Covid 19. L’aspettativa di vita è fortemente influenzata dalla mortalità della popolazione. Se muoiono più persone in un dato periodo l’aspettativa di vita si riduce, anche se per le persone indenni dalle cause di questa maggiore mortalità l’aumento della longevità continua imperterrito a scalare vette inedite.
I dati ci dicono che oggi siamo a 80,5 anni per gli uomini e 84,9 per le donne. Il che fa una media di quasi 83 anni. Praticamente il doppio di un secolo fa (tenendo in debito conto la drastica riduzione della mortalità infantile). Quello che dà meno soddisfazione è l’aspettativa media di vita in salute, ferma a poco più di 10 anni oltre i 65 (quindi poco più di 75 anni) sia per uomini che per donne. Le donne, in particolare, vivono più anni in cattiva salute e non solo per la maggiore longevità. Soffrono infatti di un maggior numero di patologie croniche per l’effetto pesante della menopausa, che l’andropausa negli uomini non eguaglia, e per altre ragioni che approfondiremo presto in un articolo dedicato proprio alla longevità femminile.
La domanda e in qualche modo la sfida che si pongono i medici che studiano la longevità è quindi, si può pensare di separare l’invecchiamento dalle patologie che si porta dietro? Gli studi sin qui condotti dicono di sì.
Ciò che la medicina della longevità ha scoperto, infatti, è che non basta il solo passare del tempo per provocare l’invecchiamento del nostro organismo. In realtà, questo dipende da una serie di modificazioni biologiche e della funzionalità cellulare, in buona parte determinate dall’ambiente e dagli stili di vita, che intervengono sul nostro funzionamento cellulare.
I 9 fattori biologici dell’invecchiamento
Gli studiosi già da anni hanno identificato 9 fattori biologici legati all’invecchiamento che elenchiamo a favore della nostra cultura generale, anche se altri sono in realtà i concetti di base che dovrebbero passare:
- buona parte di questi meccanismi di invecchiamento sono influenzati da nutrizione, ambiente e stili di vita;
- egualmente, buona parte di questi meccanismi sono reversibili, quindi è possibile ricreare l’equilibrio cellulare specifico da cui dipendono, e se si interviene per tempo è possibile evitare che degenerino in una patologia cronica;
- intervenendo anche solo su uno di questi meccanismi, tutti gli altri ne beneficiano;
- molti di questi meccanismi di disfunzione cellulare provocano uno stato infiammatorio che è alla base dell’invecchiamento biologico;
- esistono sistemi di screening per valutare lo stato di “invecchiamento” biologico.
I 9 fattori biologici dell’invecchiamento citati prima sono:
- L’accumulo di danni progressivi al DNA causati da agenti esterni (inquinanti, sostanze chimiche, radiazioni ionizzanti, fumo). Con il passare del tempo le cellule perdono la capacità innata di riparare i danni e questi possono degenerare in patologie oncologiche;
- l’accorciamento dei telomeri, i cappucci che ricoprono e proteggono le estremità dei cromosomi e che si riducono a ogni divisone cellulare;
- alterazioni epigenetiche: i geni sono interruttori che possono accendersi o rimanere spenti; in questa particolare condizione, le patologie cui siamo predisposti geneticamente potrebbero non attivarsi mai. Esistono però alterazioni biochimiche – per fortuna reversibili – causate dall’ambiente e dagli stili di vita che possono alterare appunto “l’espressione” spento/acceso dei geni, influenzando inoltre la capacità di autoriparazione del DNA;
- l’accumulo di proteine danneggiate o mal funzionanti che, inceppandosi il meccanismo di auto-eliminazione degli scarti delle cellule, aumentano di numero determinando potenzialmente danni permanenti;
- cambiamenti del metabolismo che interferiscono con la corretta percezione del fabbisogno di nutrienti: per esempio la perdita di risposta all’insulina o insulino-resistenza, responsabile dell’infiammazione cronica (inflamamging) e del diabete;
- disfunzioni dei mitocondri, la centrale energetica della cellula. Il DNA mitocondriale, che si eredità per via materna, può essere danneggiato da stress ossidativo causato dai radicali liberi;
- presenza di “cellule zombie” ovvero cellule non funzionanti che hanno perso la propria capacità originaria di autoeliminarsi a fine ciclo di vita, la cui presenza danneggia i tessuti circostanti determinando infiammazione;
- perdita della capacità rigenerativa dei tessuti dovuta all’esaurimento delle cellule staminali;
- e infine l’alterazione della corretta comunicazione tra cellule con la produzione di molecole infiammatorie, la causa più comune dell’invecchiamento (inflammaging).
Appare molto chiaro che il nostro organismo è programmato per auto-manutenersi e per ripararsi ma gli stili di vita inducono un malfunzionamento delle cellule e la perdita di questa capacità. Da qui tutti gli squilibri dell’invecchiamento e le patologie cui conducono.
Inoltre, si comprendono molto bene altre due cose: primo che l’invecchiamento è il risultato di diversi fattori e secondo che la parola infiammazione ricorre spesso.
L’importanza dell’epigenetica
La scienza dice che l’epigenetica ha voce in capitolo in molti di questi meccanismi dell’invecchiamento, rappresentando una alterazione dell’espressione dei nostri geni dovuta a una degenerazione degli equilibri cellulari alla base del nostro benessere. Fortunatamente, come dicevamo, le cellule possiedono la capacità di ripararsi, capacità che può essere potenziata e ripristinata da interventi sulla nutrizione, l’integrazione della nutrizione con molecole di origine naturale capaci di aiutare le cellule a funzionare meglio e stili di vita. Quindi, se l’epigenetica governa l’accensione o il mantenimento dello stato “spento” di alcuni geni, significa che non tutto ciò che è scritto in essi è matematicamente destinato a succedere. E se noi possiamo intervenire sull’epigenetica, possiamo intervenire su questi interruttori e ripristinare alcune funzioni cellulari determinanti per la capacità del nostro organismo di riparare i danni al DNA, riducendo i rischi di malattie e di infiammazione, e addirittura allungando la vita.
Esistono geni che determinano la longevità delle persone sintetizzando un tipo di proteine, le sirtuine, che si attivano in condizioni di stress metabolico, il che non significa stress come lo intendiamo noi, ma piuttosto condizioni sfidanti, challange: per esempio una riduzione calorica, o
temperature fredde o ancora attività fisica non agonistica. Ecco perché da tempo ormai si parla di digiuno intermittente, perché una restrizione calorica moderata e l’esclusione della nutrizione in orari che non le sono favorevoli, come le ore serali-notturne, possono allungare la vita. ù
Alcune molecole naturalmente presenti nel mondo vegetale sono in grado di stimolare la produzione di sirtuine, i geni della longevità, e possono essere assunte attraverso un’integrazione nutrizionale specifica. Si tratta di una nuova generazione di integratori, i nutraceutici, con effetto antiossidante ed energizzante, che contribuiscono al riequilibrio dei processi cellulari per il corretto funzionamento metabolico. Ne esistono di specifici per contrastare stanchezza fisica e mentale, sensazione di pesantezza, scarse energie, tutte sensazioni tipiche di alcune situazioni di particolare stress, Long Covid o condizioni pre-patologiche.
La sintesi che ci offre questa prima finestra sul nostro invecchiamento e sulle scoperte della medicina della longevità è che il monitoraggio dell’invecchiamento epigenetico è una chiave importante per determinare l’età biologica del nostro organismo. Inoltre, crono-alimentazione, integrazione nutrizionale (nutraceutici), attività fisica moderata e training neurocognitivo sono interventi che concorrono a stimolare l’attività delle sirtuine, preservando il nostro “capitale di longevità”.
Questo è il compito che si è data SoLongevity, una delle prime società ad occuparsi di medicina della longevità nel nostro Paese e membro del network internazionale di NICA (National Innovation Center for Aging), l’ente nazionale inglese per l’innovazione al servizio della longevità. Con il contributo di SoLongevity e del comitato scientifico NICA, approfondiremo, in una serie di articoli, i vari aspetti della diagnostica e delle terapie più avanzate per la promozione di una longevità in piena salute.
SoLongevity ti suggerisce: CellFasting
Cell Fasting, doppio brevetto esclusivo SoLongevity, è un nutraceutico antiossidante ed energizzante che grazie a tre principi attivi contribuisce al riequilibrio dei processi cellulari e immunitari necessari per il corretto funzionamento metabolico e alla stimolazione delle sirtuine, i geni della longevità. In particolare Cell Fasting è indicato in situazione di sindrome metabolica, ovvero con livelli elevati di glicemia (sopra i 100), di colesterolo LDL e di trigliceridi. Una combinazione di fattori che prelude a uno stato di infiammazione generale, responsabile dell’invecchiamento del nostro organismo e di patologie che tendono a cronicizzare, come il diabete. Cell Fasting è indicato anche nei regimi ipocalorici perché riduce lo stimolo della fame.
Inoltre Cell Fasting è indicato nel trattamento della sindrome del Long Covid, in cui alla stanchezza generale si associano nebbia cognitiva, dolori muscolari, disturbi del sonno e disturbi del sistema immunitario.
Cell Fasting appartiene infatti alla categoria dei NAD booster, una nuova classe di principi attivi di derivazione naturale che stanno aprendo una nuova frontiera nel mantenimento del benessere fisiologico e metabolico e del funzionamento del sistema immunitario. Il NAD è appunto uno dei principi attivi che diminuiscono fortemente nel nostro organismo in caso di Long Covid.
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