Cashmere: vesti il tuo benessere
Che cosa ha di speciale il cashmere? Perché è così morbido e si chiama così? Diciamo innanzitutto che cosa è, nel senso di che cosa rappresenta. Il cashmere è un indicatore di benessere. Non economico, più che altro psicofisico. È leggero, morbido e caldo (ma mai troppo). Indossarlo significa prima di tutto avvertire la sensazione di un abbraccio che, come tale, non può che mettere di buon umore.
Toccarlo dà dipendenza. Passare il palmo della mano sulla sua superficie mette in pace con il mondo e lo Spinosum gode. Spinosum? L’insieme di colline e valli di cui è fatto il palmo di una mano che ci permette di avvertire la superfice delle cose e tradurle in sensazioni… Provateci. Sarà come se partisse un segnale al sistema nervoso che comunica relax, pace, protezione, piacere. Benessere, appunto.
Indossarlo fa stare bene (e non è cosa da poco). Nella sua capacità di avvolgere senza rendere alcun fastidio al movimento, sta un altro incredibile effetto. È come indossare una seconda pelle. Lo spessore di un filo di prodotto naturale è 15 microns (millesimi di millimetro), 24 microns è quello della lana Merinos più pregiata, giusto per fare un paragone.
E poi è antistatico, dimenticatevi le fastidiose piccole scosse elettriche. È igroscopico, e reagisce ammorbidendosi all’umidità emessa del vostro corpo. E, dettaglio non da poco, si infeltrisce meno per non dire mai. Per questo instaurerete con lui una naturale sensazione di complicità che vi farà guardare con un po’ di antipatia alla più comune lana. Non per altro, se non che alle cose belle ci si abitua da subito.
Tutto questo benessere non è costruito in laboratorio dall’uomo mescolando fibre sintetiche altrettanto morbide, ma altrettanto artificiali. Piuttosto arriva dalla natura. Le fibre del cashmere provengono dal vello duvet di un tipo particolare di capra, la Kashmir Goats. E questo spiega il perché si chiama così.
Indossare un capo fatto di questo nobile pelo significa essere proprietari di un privilegio che arriva da molto lontano: Iran, Russia, Afghanistan, Turchia, India del Nord e soprattutto dagli altipiani della Mongolia. Attenzione ai dettagli, però. Perché sono quelli che come sempre fanno la differenza quando si cerca la qualità. Dal paese dei nomadi di Gengis Khan arrivano due fibre: la Brown dalla zona Nord del deserto del Gobi e la White dalla zona Sud, quella dell’Inner Mongolia che è la più pregiata.
Le capre Kashmir hanno nel loro pelo due tipologie di morbidezza. La parte esterna è quella più dura e resistente, mentre la parte più vicina alla pelle è sottile e molto calda. Da qui, da quella parte del pelo che si chiama duvet arriva la magia di questa fibra, lucida, morbida e brillante alla vista. Un altro dato per farvi capire e, magari, giustificare meglio il prezzo non proprio abbordabile di un capo di cashmere. Solo il 10% dei circa due chili che arrivano dalla tosatura rappresenta la quantità che verrà pulita, filata, tessuta prima di arrivare a contatto con i vostri recettori di Spinosum. Il vostro maglione, la sciarpa, cappello o qualsiasi oggetto che la moda si è inventata arriva da questa parte nobile e importante dell’animale che l’ha custodita per un anno intero. Nessuna remora, gli animali vengono tosati all’inizio della stagione calda e non c’è nessuna sofferenza se vengono privati del loro mantello.
E ora prima di correre in negozio (nella speranza che ci siano i saldi) parliamo di un congenito difetto: i pallini. Sono antiestetici, è vero. Ma non indicano la scarsa qualità della materia prima. Anzi. Le fibre sono così sottili che quando vengono pettinate per essere filate e poi tessute “sfuggono” all’effetto della striatura che i pettini danno per ordinarle. Queste nell’uso si attorcigliano fra loro fino a creare queste antipatiche bolle. Tutto qui, niente paura. Vorrà dire che aggiungerete 15 euro per comprare la macchinetta che le tosa. Esiste, è garantito. Così anche voi una volta all’anno continuerete a prendervi cura del vello che avete indossato nei mesi freddi…
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