Baglioni vs Ligabue: chi vince per voi?
Claudio Baglioni e Luciano Ligabue. Due facce diverse del pop. Due mondi lontani: la Roma dei quartieri popolari e dei tramonti rossi sul Lungotevere dell’uno, l’Emilia provinciale di strade e autogrill «di nebbia e locali a cui dai del tu» dell’altro. Due generazioni a confronto: anche se ha sempre scelto di cantare l’amore e di raccontare il quotidiano, Baglioni, 69 anni, laureato in architettura, è cresciuto negli anni della contestazione e dell’impegno. Ligabue, 60 anni, dà invece voce al fatalismo rabbioso di una generazione più giovane e precaria, generosa ma sempre un po’ sbagliata, che fa sogni di rock ‘n’ roll alla catena di montaggio. Ad accomunarli, oltre alla popolarità, una grande sapienza nell’usare le parole, nel confezionare canzoni-capolavori, capaci di sintetizzare un’epoca, di diventare pietre miliari della nostra storia musicale, in fondo anche della storia di ciascuno di noi.
E, forse perché è inevitabile guardarsi indietro, in questo tempo sospeso che tiene tutti fermi, che vanifica ogni progetto, forse perché l’età di entrambi autorizza una serie di bilanci provvisori, capita alla vigilia di questo strano Natale che proprio loro, due tra i più popolari e amati cantautori italiani, tornino a far sentire la loro voce nella cornice di altrettanti progetti che assomigliano molto a una resa dei conti con il passato.
Il ritorno di Claudio
Esce infatti, a distanza di sette anni dal precedente, il nuovo atteso album di Baglioni, In questa storia che è la mia (Sony Music), che contiene 14 canzoni inedite tra cui Gli anni più belli, colonna sonora dell’omonimo film di Gabriele Muccino, e che nelle sonorità, nello slancio romantico, ricorda il Baglioni di Sabato pomeriggio e La vita è adesso: «È un disco demodé con echi anni Settanta e accordi che tornano da altri periodi». Come lo definisce lui stesso, un album-racconto: «Un’autobiografia veloce, senza date, nomi e fatti, perché quelli sono dettagli che con il tempo vanno fuori fuoco, si appannano. Solo l’amore rimane centrale».
(In questa storia che è la mia è disponibile in pre-order QUI)
Il Liga festeggia due anniversari
Più articolato e programmatico è invece il progetto di Ligabue, che, a 60 anni festeggia anche 30 anni tondi di carriera con una doppia uscita discografica (Warner Music Italy), un album di inediti: 7, tra cui La ragazza dei tuoi sogni e Volente o nolente (in duetto con Elisa); una raccolta: 77+7, che oltre agli inediti raggruppa appunto i 77 singoli che hanno fatto la storia del cantautore emiliano, rimasterizzati nel 2020. E infine un’autobiografia artistica, scritta a quattro mani con Massimo Cotto, È andata così (Mondadori), volume arricchito da un apparato fotografico e un’appendice con tutta la discografia e le cover. «Guardare indietro mi ha provocato qualche vertigine», ha ammesso il Liga, «ha prodotto qualche atto di nostalgia per il colore e la lunghezza dei capelli e una forma fisica diversa, ma anche per una certa incoscienza e spensieratezza che dopo anni di esperienza è impossibile avere».
(L’album 7 e la raccolta 77+7 sono disponibili in pre-order qui)
I rispettivi tour
Sia Baglioni che Ligabue hanno con grande ottimismo progettato nuovi concerti live nel 2021: Baglioni ben 12 date a Roma, alle Terme di Caracalla, dal 4 al 18 giugno, più due al Teatro Greco di Taormina il 16 e il 17 luglio, e altrettante all’Arena di Verona l’11 e il 12 settembre; Ligabue ha invece rimandato al 19 giugno il concerto evento (già sold out) alla RCF Arena di Campovolo, Reggio Emilia, reintitolando l’appuntamento: “30 anni in un nuovo giorno”.
In attesa di rivederli su un palco, li abbiamo incontrati via Zoom e abbiamo raccolto il loro punto di vista sulla vita, sulla musica, sul mondo, mettendoli qui a confronto. Come in una partita a tennis.
La carriera e il tempo
Baglioni: Da sette anni non facevo un album, ho fatto altro. Forse ho anche meno da dire, ma quello che dico cerco di farlo meglio. Combattiamo con una storia e vincerà sempre lei. Il tempo è un avversario micidiale, siamo sempre lì a corrergli dietro, al massimo lo affianchiamo, ma lui vince. Il valore reale di questo mestiere, il privilegio, è pensare che rimarrà un ricordo, un manufatto, le scene di un concerto: anche anni dopo ci saranno delle tracce. Ho vissuto per lasciare un segno ma questa è la missione di chiunque viene al mondo. Quando la sua commedia, il suo atto di presenza cesserà, ciò che ha lasciato andrà avanti».
Ligabue: «Quest’anno ho compiuto 60 anni e la mia vita si divide in due metà esatte: i 30 anni in cui non ho fatto il musicista e i 30 in cui l’ho fatto. Da allora, qualcuno ha calcolato che mediamente ogni cinque mesi è uscito un mio singolo, pure troppo. Sarebbe stato più semplice gestire la mia carriera uscendo con un album ogni 4/5 anni, come si fa di solito. Io, è come se fossi stato con un tappo sulla testa per oltre 30 anni, quando mi hanno tolto quel tappo e mi hanno permesso di pubblicare il mio primo album, evidentemente ho avuto bisogno di produrre a ciclo continuo per altri 30 anni. Ora bisogna vedere se mi sono messo in pari o andrà ancora avanti così»
L’amore
Baglioni: «Gran parte della mia produzione rincorre l’avventura e la disavventura del vivere e in essa l’amore occupa uno spazio preponderante. Per quanto in tanti lo abbiano scandagliato, ha sempre qualcosa di nuovo da raccontarci, forse perché è la materia più viva che abbiamo. È l’argomento che mi ha sempre interessato di più e di cui forse ho capito di meno, come i cani che abbaiano alla luna senza sapere cos’è».
Ligabue: «Se è vero che la stragrande maggioranza di canzoni sono d’amore, per forza di cose ce ne devono essere tante che parlano della fine di una relazione. Mi sa che queste ultime mi vengono più facilmente che quelle gioiose su un amore in corso. Il perché andrebbe eventualmente chiesto al primo psicologo che non abbia di meglio da fare».
La solitudine
Baglioni: «Sono figlio unico, abituato a crescere da solo. Mia madre era una sarta e molto chioccia, ero il suo Claudiuccio. Ho iniziato tardi con le partite in cortile, ma avevo gli occhiali e si rompevano sempre. Trascorrevo interi pomeriggi da solo e forse da lì nasce la capacità di fotografare dettagli che chi vive in modo più dinamico non coglie… Non sono mai stato uno che la sera usciva tanto, ho sempre avuto bisogno di stare da solo, anche per bilanciare i momenti in cui sto in mezzo alla gente».
Ligabue: «So stare solo, conosco la solitudine che è una cosa diversa dal sentirsi solo. Certo, a volte mi sento anche solo, ed è uno dei motivi per cui ho pensato di smettere, mi rendevo conto che la gente, anche quelli che mi conoscevano bene, non parlavano più con me, ma con l’idea che avevano di me. Ogni giorno andavo dal mio edicolante quasi per rassicurarmi di non essere diventato troppo stronzo. Tutto questo crea solitudine e isolamento, credo che sia uno dei problemi più seri per chiunque sia un personaggio pubblico; adesso la situazione è meno pesante, non dico risolta».
I concerti
Baglioni: «Non sono d’accordo con chi dice che i concerti non si possono fare in streaming, non è la stessa cosa, ma va trovata una formula accattivante. Per i miei, che avranno cento strumenti, in cui c’è una emozione fisica anche nello spostamento dell’aria, bisogna cercare nuove dinamiche, ma ci riusciamo e chiedo agli editori televisivi di stare allerta, si può fare, bisogna studiarci».
Ligabue: «Ho cominciato questo mestiere perché a 27 anni ho provato l’esperienza del primo concerto, un pomeriggio di domenica, all’ora della tombolata, in un centro cultura, cento persone, quasi tutti amici miei o del gruppo. C’erano due luci, un specie di mixer, ma quello che ho provato quella prima volta, davanti a gente che non conosceva le mie canzoni, è stato incredibile. Dopo ho cercato di fare in modo che si ripetesse tutte le volte possibili. Certo, vado in studio, faccio le canzoni, ma non appena le ho finite il primo pensiero è come sarà farle davanti a un pubblico, è una vera dipendenza».
La speranza
Baglioni: «La speranza di sempre è diventata un po’ logora, è una vecchia militante che ha combattuto per un sogno ma nel tempo ha raccolto tanta disillusione. È un elenco di istanze che conosciamo tutti, è un pezzo che riporta il pensiero al bisogno di tornare a fare sogni al plurale. Ne facciamo di sogni, alcuni anche banali, per riempire qualche disperazione di fondo, ma fatti al plurale i sogni aiutano a guardare in una sola direzione e non solo nel proprio laghetto di casa, appagati dal nostro narcisismo».
Ligabue: «Lo sapete, io sono un po’ sempre quello che ha quel ruolo lì, ho sempre cercato di trasferire la speranza nel mio lavoro, anche se un paio delle canzoni dell’album, pur essendo nate in momenti diversi, si ritrovano casualmente a fare i conti col periodo attuale. Soprattutto mi piace pensare una cosa: non credo che le canzoni possano aiutare a risolvere la vita delle persone o le loro crisi, possono però portare conforto, portare calore e soprattutto tenere compagnia. Essere una mano sulla spalla».
La scelta non è semplice, vero? Intanto potete prenotare con calma la tappa che preferite
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