Vecchi ed anziani: quali differenze?
Oggi si vive più a lungo e meglio grazie alle nuove conquiste della medicina, alle condizioni di vita più igieniche, ad una alimentazione più sana e più in generale grazie ai comportamenti più consapevoli.
Nell’accezione comune i due termini, anziano e vecchio, utilizzati per indicare la stagione avanzata della vita, oggi sono ritenuti sinonimi. Anzi si usa il primo, anziano, al posto di vecchio, perché è considerato più gentile rispetto all’altro, a cui invece viene attribuita, nell’immaginario collettivo, una valenza negativa e dispregiativa. Ciò dimostra come il mito del giovanilismo ed il concetto di efficientismo, tipici della nostra società, abbiano influenzato la considerazione del concetto di vecchiaia a tal punto da indurre a sostituire questo termine, in modo eufemistico, con altri, come per esempio, oltre che con anziano, con senilità, terza o quarta età, ecc.. Addirittura la parola, anziano, viene spesso utilizzato, al posto di vecchio, per indicare gruppi differenti di età: giovani anziani (64-74 anni), anziani (75 – 84 anni), grandi anziani (85 – 99 anni) e centenari.
Le parole, anziano e vecchio, hanno però significati diversi. Anziano deriva dal lat. anteanus, composto da antea, che significa “prima” , per cui indica chi è in età avanzata, in senso assoluto, oppure in senso relativo fa riferimento a chi è nato prima di altri. Vecchio invece deriva dal latino vetus ed allude a chi è molto avanti negli anni.
Se si parla di quella fase della vita intesa come l’ultimo ciclo, si dovrebbe usare perciò il termine “vecchiaia”, mentre “anzianità”, oltre a significare l’età avanzata, che comunque precede la vecchiaia, ha un’accezione più generale, può riferirsi per esempio anche al tempo trascorso dall’inizio di un rapporto di lavoro, pubblico o privato (come anzianità di servizio) e quindi può indicare una persona che ricopre una carica o svolge una determinata attività da parecchio tempo oppure anche da un breve periodo (come all’università lo studente anziano è colui che frequenta anni successivi al primo e si distingue dalle matricole).
La vecchiaia quindi fa riferimento a un concetto assoluto, invece l’anzianità è un concetto misto che include sia l’esperienza e l’attività svolta che il dato anagrafico. Facendo riferimento al sistema italiano infatti la pensione di vecchiaia si raggiuge a 67anni e la pensione di anzianità si ottiene con un parametro che combina l’attività lavorativa svolta e l’età anagrafica (la mitica quota 100).
Quando si diventa anziano e quando vecchio
Se lo stato italiano pone oggi il limite di 67 anni per avere la pensione di vecchiaia (anche se la normativa prevede un innalzamento dell’età, se aumenterà la speranza di vita), l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS, World Health Organizaton-WHO) definisce i 65 anni come età di passaggio alla condizione di “anziano” ed i 75 come inizio della vecchiaia. È evidente che i limiti indicati dallo stato italiano e dall’OMS si riferiscono a fenomeni diversi: il primo delinea il passaggio da soggetto che attivamente contribuisce alla vita della collettività a un nuovo status sociale, la seconda si riferisce all’avanzare del declino fisico e cognitivo.
La SIGG, Società Italiana di Geriatria e Gerontologia, invece, nel suo 63° Congresso Nazionale, che si è tenuto a Roma alla fine novembre del 2018, ha proposto di aggiornare il concetto di anzianità, portando a 75 anni l’età ideale per definire una persona come anziana.
Questa visione dinamica del concetto di anzianità deriva dalle analisi delle attuali condizioni fisiche e mentali degli individui, che vivono in paesi sviluppati. Un 65enne di oggi ha infatti la forma fisica e cognitiva di un 40-45enne di 30 anni fa e un 75enne quella di un individuo che aveva 55 anni nel 1980. In particolare questa proposta risponderebbe meglio alla situazione demografica della popolazione italiana, dove l’aspettativa di vita è aumentata notevolmente. E’ chiaro che, se l’aspettativa di vita aumenta, bisogna spostare sempre più in avanti l’asticella dell’anzianità e quindi anche della vecchiaia.
Da una comparazione e dall’analisi dei dati utilizzati dai vari enti, per categorizzare l’anzianità e la vecchiaia, non possono però sfuggire alcune criticità.
Innanzitutto emerge la generalizzazione di queste definizioni, che accomunano uomini e donne nella stessa fascia di età, quando invece è scientificamente dimostrato che quest’ultime hanno un processo di invecchiamento diverso da quello degli uomini.
Non è chiaro poi su quale base scientifica chi studia il processo dell’invecchiamento ( gerontologi) e chi cura le persone avanti con l’età (geriatri) possano stabilire con precisione l’età di inizio dell’ anzianità e della vecchiaia, visto che non si tratta solo di categorie mediche, quanto di categorie socio-demografiche.
Un altro elemento degno di riflessione è il fatto che in ogni caso viene sempre usato il parametro dell’età anagrafica, per definire quando una persona sia anziana o vecchia. L’età invece ha solo un peso sociale, come elemento in base al quale la società si organizza, per esempio per la gestione della pensione e del ricambio generazionale. L’età perciò scandisce “i tempi” della società.
Quando si parla di invecchiamento, invece, si fa riferimento ad un fenomeno molto complesso, per la cui definizione la sola età cronologica non basta, ma si devono chiamare in causa altre “età”: l’età psicologica, l’età sociale, l’età biologica (Giumelli, 1996).
Per comprendere come queste età possano essere diverse tra loro, basti citare che, secondo lo psicologo Cesa-Bianchi (1987), l’età biologica, cioè l’età che si può attribuire ad un individuo sulla base delle sue condizioni morfologiche e funzionali, non è detto che coincida con quella cronologica.
Il processo di invecchiamento
La velocità del processo di invecchiamento dipende da vari fattori: la componente genetica e quella ereditaria, lo stile di vita adottato (comprese l’ alimentazione e l’attività fisica), lo stato di salute, i fattori psicologici, il livello di cultura, la capacità di adattamento, di resilienza e di resistenza allo stress ed anche di accettazione della vecchiaia stessa, oltre agli ambienti (fisici e sociali), in cui ci si trova a vivere.
Ecco perché per gli stessi sociologi non è facile definire tutte le varie età della vita. Basti pensare che la vita di un 70enne di oggi in buona salute e che abbia adottato sani comportamenti in fondo non è molto diversa da quella di una persona che ha 20 anni di meno.
Un ottantenne, che va in palestra, che viaggia, che ha interessi e che partecipa a nuove attività, nonostante che per la sua età anagrafica rientri nella categoria dei vecchi, onestamente è difficile considerarlo tale. Forse andrebbe considerato anziano o ancora abbastanza giovane dal punto di vista psicologico. All’università della terza età, che si presuppone sia rivolta soprattutto agli anziani, in realtà si trovano nello stesso gruppo persone di 60 anni e persone over 80. Una tale situazione peraltro è riscontrabile anche in palestre, dove si svolgono corsi di ginnastica per la terza età.
Se poi una persona over 80 ha uno stile di vita simile ad un 60enne, avrà bisogno di un numero di calorie superiore a quelle previste per la sua fascia d’età.
L’apporto quotidiano del cibo varia infatti in funzione dell’attività fisica svolta, del movimento e delle energie che si consumano, nonostante che, a livello nutrizionale, le raccomandazioni della scienza siano diverse per le varie classi di età e quindi fra gli anziani ed i vecchi.
Partendo dal presupposto che andando avanti con l’età si spendono meno energie e che quindi cala il fabbisogno di calorie, la Fondazione Veronesi raccomanda infatti un diverso apporto calorico a secondo delle classi di età:
donna 60-74 anni: 1600-1900 chilocalorie
uomo 60-74 anni: 1900-2250 calorie
donna dopo i 75 anni: 1500-1750 calorie
uomo dopo i 75 anni: 1700-1950 calorie.
I vari esempi, prima riportati, dimostrano quanto nella realtà sia labile la distinzione tra gli anziani ed i vecchi, pur appartenendo per età a categorie sociali diverse.
Non esistendo un’omogeneità delle modificazioni delle varie funzioni tra gli individui , che appartengono alla stessa classe d’età, è difficile individuare infatti quelle caratteristiche peculiari degli anziani che li differenziano dai vecchi, se non a livello di categorizzazione sociale o nella distinzione dei due termini a livello puramente semantico. Le differenze perciò emergono più dalla comparazione a livello individuale che a livello di categorie o classi di età.
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