Ecco le soluzioni per una donna che vuole andare in pensione nel 2023
La versione più limpida e semplice per andare in pensione nel 2023 è aver raggiunto i requisiti per la pensione di vecchiaia, ovvero 67 anni di età e 20 anni di contribuzione.
Si ricorda che a partire dai 67 anni e in condizioni reddituali particolarmente disagiate è possibile accedere alla pensione sociale a prescindere dalla contribuzione che può essere anche nulla. Il limite reddituale per l’accesso alla pensione sociale è di 6.542,51 euro annui se la richiedente vive sola o 13.085,02 sommando il reddito del coniuge. Nel conteggio del reddito non rientrano il TFR e la prima casa di abitazione. L’assegno sociale per il 2023 è pari a 503,27 euro al mese per 13 mensilità.
Le titolari di pensione sociale con almeno 70 anni di età ricevono un incremento di 14,75 euro mensili, mentre per chi supera i 75 anni di età la maggiorazione è di 20,66 euro mensili.
La prestazione si interrompe per tutto il tempo in cui il limite reddituale è superato o qualora la beneficiaria soggiornasse all’estero per più di 29 giorni. Trascorso un anno dalla sospensione, il trattamento viene revocato.
I requisiti per le casalinghe
In caso di contribuzione nulla, le casalinghe possono richiedere la pensione minima Inps. In alternativa esiste il fondo di garanzia Inps, a cui si accede in età lavorativa su richiesta e che prevede il versamento di un contributo mensile libero per accedere alla forma di previdenza. Maggiori i versamenti, più elevata la pensione che si riceverà a partire dai 67 anni.
Diverso e più articolato – e costantemente in divenire – il panorama delle possibili opzioni di pensionamento anticipato che implicano spesso un ricalcolo dell’importo interamente con il sistema contributivo.
La pensione anticipata contributiva
Le donne che abbiano maturato 41 anni e 10 mesi di contribuzione possono andare in pensione anticipata con la formula contributiva a prescindere dall’età anagrafica.
In pensione a 64 anni di età
Una via di uscita per i nati fino al 1959, cioè chi ha 64 anni di età, è la pensione anticipata contributiva che richiede, appunto, 64 anni di età e 20 di contributi, purché il primo contributo sia stato versato successivamente al 31 dicembre 1995 e la pensione sia pari ad almeno 2,8 volte l’assegno sociale.
In pensione a 63 anni (62 con un figlio e 61 con due o più figli)
Ape Sociale: è una forma di anticipazione della pensione fino all’età di maturazione della pensione di vecchiaia destinata a lavoratrici con 63 anni di età (62 con un figlio e 61 con due o più figli), che abbiano maturato almeno 30 anni di contribuzione e rientrino nelle categorie: disoccupate, invalide almeno al 74% o persone che assistono un parente stretto disabile da almeno 6 mesi.
Questa possibilità non prevede indicizzazione all’inflazione né assegni familiari, non può superare 1.500 euro al mese fino a 67 anni di età e non è prevista una finestra. Nel caso di disoccupazione, la richiedente deve aver completato tutti i mesi di Naspi spettanti e l’ultimo deve essere stato incassato almeno 3 mesi prima di fare domanda di Ape sociale che, per il 2023, deve essere presentata all’INPS attraverso il sito entro il 31/03/2023 (prima finestra utile dell’anno).
Devono aver completato tutti i mesi di Naspi anche le lavoratrici precoci che hanno 41 anni di contribuzione – dei quali uno prima dei 19 anni di età – e che vogliano accedere a Quota 41 senza limiti di età. Quota 41 accoglie anche lavoratrici:
- invalidi civili con percentuale non inferiore al 74%
- caregiver
- persona che svolge ha svolto lavori gravosi e/o usuranti: attenzione perché dal 2022 rientrano tra i lavori gravosi anche gli insegnanti delle scuole primarie, al contrario di quelli delle scuole medie.
In assenza dei 41 anni di contribuzione, servono invece 63 anni di età e 36 anni di contribuzione per i lavori gravosi solo se svolti in 7 degli ultimi 10 anni di carriera (o in 6 degli ultimi 7).
E’ utile precisare che i lavori usuranti non hanno accesso ad Ape Sociale, al ontrario dei cosiddetti lavori gravosi. Tuttavia, sia i lavori gravosi che i lavori usuranti possono però accedere a Quota 41 precoci e andare in pensione anticipata senza requisiti legati all’età, se posseggono i requisiti contributivi richiesti.
In pensione a 62 anni di età
Quota 103 permette di andare in pensione con 62 anni di età e 41 di contributi con una riduzione sull’importo dell’assegno pensionistico. Rispetto alle Quote precedenti, la contribuzione è stata portata a 41 anni ma l’età è tornata quella della quota 100, appunto 62 anni (la quota 102 era a 64 anni). Bisogna però sapere che tutte queste misure cristallizzano il diritto, quindi chi ha maturato negli anni precedenti il diritto di aderire alle quote che hanno preceduto Quota 103, potrebbe non dover aspettare di arrivare a 41 anni di contribuzione. Quota 103 prevede una finestra di 3 mesi per le lavoratrici del privato e 6 mesi per quelle del pubblico.
Pensione a 61 anni e 7 mesi di età per lavori usuranti
La legge regolamenta la possibilità di accedere a pensione anticipata per lavoratori occupati in mansioni usuranti (con Quota 41 precoci con qualuqnue requisito di età purché siano rispettati i requisiti contributivi) e per mansioni gravose (Ape Sociale) tra le quali rientrano da poco anche le maestre di scuola primaria. Possono inoltre interessare la popolazione femminile le regole per la pensione anticipata con il requisito, più che di lavori usuranti, di lavoro notturno, che sono le seguenti:
I lavoratori notturni che lavorano dalle 72 alle 77 notti all’anno, possono andare in pensione anticipata sfruttando Quota 98,7 e Quota 99,7, in questo modo:
Quota 98,7 (lavoratori dipendenti) – 62 anni e 7 mesi d’età e 35 anni di contributi versati;
Quota 99,7 (lavoratori autonomi) – 63 anni e 7 mesi d’età e 35 anni di contributi versati.
Nel caso di una quota di notti lavorate tra le 64 e le 71 all’anno, le regole sono:
Quota 99,7 (lavoratori dipendenti) – 63 anni e 7 mesi d’età e 35 anni di contributi versati;
Quota 100,7 (lavoratori dipendenti) – 64 anni e 7 mesi d’età e 35 anni di contributi versati.
In pensione a 60 anni (59 con un figlio e 58 con due o più figli)
La versione 2023 di Opzione Donna prevede, ad oggi, la possibilità di andare in pensione anticipatamente per le lavoratrici con 35 di contributi e 60 anni di età; 59 con un figlio e 58 con due o più figli, che rientrino in una delle seguenti 3 categorie:
- caregiver, ossia lavoratrici che assistono, da almeno 6 mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap grave oppure un parente o un affine di secondo grado convivente – sempre che i genitori o il coniuge della persona assistita abbiano compiuto i 70 anni di età, o siano deceduti o assenti (valgono ai fini di questa accezione anche divorzio e separazione formali;
- lavoratrici licenziate o dipendenti da un’azienda per la quale sia attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa, istituita presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy; per queste lavoratrici è prevista una riduzione massima di due anni del requisito anagrafico di 60 anni a prescindere dal numero di figli.
- invalide almeno al 74%.
Il requisito dei contributi utili per Opzione Donna richiede che siano maturati al 31/12/2022 ed esclude dal calcolo gli accrediti figurativi per disoccupazione indennizzata, malattia e infortunio non integrati dal datore di lavoro e i contributi in regime di cumulo di gestioni previdenziali differenti.
L’adesione a Opzione donna 2023 prevede inoltre di dover attendere un periodo di latenza, una finestra, prima di ottenere il primo versamento: 12 mesi per le lavoratrici dipendenti, 18 mesi per le autonome. Le finestre di attesa non si applicano alle lavoratrici del comparto scuola e degli Istituti di Alta Formazione Artistica e Musicale (AFAM). A favore di queste lavoratrici trova applicazione la finestra unica di accesso, collocata dal 1° settembre e dal 1° novembre dell’anno.
E’ importante segnalare che nel caso di adesione a Opzione Donna non è chiaro se sia consentito associare al reddito pensionistico un reddito da lavoro. La legge prevede infatti che coloro che sono entrati nel mondo del lavoro successivamente al 31 dicembre 1995 (o chi ha scelto il regime contributivo ex art. 1 co. 23 L. 335/1995) possano lavorare da pensionati solo se:
– hanno compiuto i 60 anni di età se donna o 65 anni se uomo;
– hanno almeno 40 anni di contribuzione;
– hanno almeno 35 anni di contributi e 61 anni di età.
Pur tuttavia Opzione Donna è considerata una soluzione tuttora in regime sperimentale e pertanto non è considerata una pensione in regime contributivo, tanto che prevede, al contrario delle pensioni maturate in regime puramente contributivo, di integrare il reddito relativo con il trattamento minimo.
Si può fare domanda di Opzione Donna sul portale web dell’INPS, accedendo tramite SPID o tramite le proprie credenziali.
Nota
Grazie alla cosiddetta cristallizzazione dei requisiti, le lavoratrici che hanno maturato i requisiti richiesti per Opzione Donna dalla legge di Bilancio 2022 entro il 31 dicembre 2021 possono comunque accedere alla pensione nel 2023 con i vecchi requisiti anagrafici, indipendentemente dal numero di figli: per le lavoratrici dipendenti 35 anni di contributi e 58 anni di età (e finestra 12 mesi) e per le lavoratrici autonome 35 anni di contributi e 59 anni di età (e finestra 18 mesi).
In attesa della Riforma delle Pensioni 2024, continuano inoltre a fioccare proposte di revisione delle regole attuali, come la possibile proroga dei requisiti di Opzione Donna 2022 per un periodo limitato di tempo, dai 6 ai 9 mesi oppure l’ipotesi di uscita a 58 anni solo per caregiver, lavoratrici con invalidità e licenziate e 59 per le altre. Dovremo attendere ma qualcuno dice che il decreto potrebbe già arrivare in aprile del 2023.
Avete fatto i vostri conti? A quando il primo assegno pensionistico?
Photo: luis-machado-nCGl8FrGHb0-unsplash
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