100 anni dalla morte di Kafka
Il 3 giugno ricorre il centenario della morte di Franz Kafka, uno tra i più grandi interpreti del Novecento.
Autore affascinante ed allo stesso tempo inquietante, ha documentato in modo acuto e spietato il disagio esistenziale, il senso di estraneità e di insicurezza che caratterizza il nostro vivere precario ed angosciante. L’ha fatto attraverso una scrittura surreale, ricca di aspetti introspettivi e di trame assurde e fantastiche.
Chi era Franz Kafka
Kafka nacque il 3 luglio 1883 a Praga (città dell’Impero Austroungarico fino al 1918) da una famiglia di origini ebraiche. Fu vittima di un padre anaffettivo e di una madre troppo debole per contrastare il marito. Amante della letteratura, ma costretto dal padre ad iscriversi a giurisprudenza, Kafka seguì una carriera lontana dagli studi e dagli ambiti umanisti. Trovò comunque conforto nella scrittura in cui espresse il suo disagio esistenziale e le sue inquietudini.
Malato di tubercolosi, a soli quarantuno anni morì nel sanatorio di Kierling, presso Vienna, il 3 giugno 1924.
Le opere più importanti
La narrazione di Kafka si incentra sul tema dell’assurdo che rispecchia l’angoscia dell’uomo di fronte al non-senso dell’esistenza.
Incominciò a scrivere dal 1908, pubblicando i suoi lavori su alcune riviste, ma è nel 1912 che ci fu la svolta narrativa che lo portò a cimentarsi con i temi del grottesco e del paradossale che caratterizzano le “situazioni kafkiane”.
“La metamorfosi”
Il capolavoro di Kafka, La metamorfosi (1912) è il racconto di una trasformazione che ci trasferisce dal mondo umano a quello immaginario. Ciò nonostante l’autore l’ha resa con una descrizione realistica, particolareggiata, come se stesse scrivendo fatti della quotidianità.
Una mattina Gregorio Samsa, destandosi da sogni inquieti, si trovò mutato in un insetto mostruoso. Era disteso sul dorso, duro come una corazza, e alzando un poco il capo poteva vedere il suo ventre bruno convesso, solcato da nervature arcuate, sul quale si manteneva a stento la coperta, prossima a scivolare a terra: così inizia il romanzo.
Il protagonista si accorge di aver assunto le sembianze di un gigantesco scarafaggio. E’ singolare la sua reazione: non è spaventato, né inorridito, come sarebbe stato logico aspettarsi, ma si preoccupa soltanto del suo ritardo nel recarsi al lavoro a causa dei movimenti lenti per la nuova condizione. Alla vista del figlio – scarafaggio la madre ha un collasso, mentre il padre lo aggredisce con il bastone, ferendolo lievemente e rinchiudendolo poi nella sua camera. Lì Gregor passa le giornate, finché un giorno la serva, entrata nella sua stanza, ne avverte la morte e libera il locale da quell’ insetto orrendo con grande sollievo da parte della famiglia.
Interpretazioni di “La metamorfosi”
Le cause della trasformazione di Gregor non sono indagate e l’accaduto viene accettato come un dato di fatto, come un evento naturale, che non altera la quotidianità: l’assurdo si combina con la realtà.
La metamorfosi non è quindi allegoria di qualcosa, ma è essa stessa realtà: è la condizione dell’esclusione e dell’isolamento del diverso, della solitudine, dell’incomunicabilità, dell’alienazione e dello smarrimento dell’uomo, vincolato dai limiti della condizione in cui è costretto a vivere.
Se vogliamo leggere il romanzo da un’ottica esistenzialista, la trasformazione del protagonista mette in evidenza l’angoscia dell’uomo di fronte al mistero ed alla illogicità della vita e la sua impotenza a capire il senso della sofferenza umana.
“Lettera al padre”
Lettera al padre è un testo autobiografico di circa 45 pagine, composto nel 1919, ma pubblicato postumo nel 1952.
Nella Lettera viene delineata la figura del genitore autoritario che non accetta le debolezze del figlio fragile ed introverso e che non vuole comprendere le sue scelte di vita.
Il potere del padre, diventato “metro di giudizio di ogni cosa”, è sottile, in quanto agisce sul profondo dell’anima di Franz e gli genera sentimenti di colpa e di inadeguatezza.
Nella Lettera leggiamo, infatti: non ero sicuro di nulla…, Io persi la fiducia nelle mie capacità. Diventai incostante, dubbioso …, con un immenso senso di colpa, …tutti i miei pensieri sottostavano alla tua pesante oppressione, …si trasformò in diffidenza verso me stesso e in una costante paura di tutto. …e di fronte a ogni piccolezza tu, con il tuo esempio e la tua educazione … mi convincevi della mia incapacità.
Kafka attribuisce al padre ed alla sua educazione autoritaria la responsabilità anche dell’avversione che egli provava nei confronti del proprio corpo e della sua insicurezza nei rapporti con gli altri.
Lettera al padre è, perciò, un testo prezioso, per capire quanto il rapporto conflittuale con il padre abbia condizionato la personalità e l’opera kafkiana. Basti pensare alla genesi di La Metamorfosi. Cosa avrà spinto Kafka a immaginarsi insignificante come un insetto?
Il conflitto con l’autoritarismo e la tirannia paterna (ai miei occhi assumevi l’aspetto enigmatico dei tiranni, scrive nella Lettera) rimane sempre e nelle opere successive, Il Processo ed Il Castello, si trasforma in insofferenza nei confronti dell’autoritarismo dell’apparato giuridico o amministrativo.
“Il Processo”
In Il Processo (pubblicato nel 1925, un anno dopo la morte dell’autore), il protagonista, Josef K., è vittima di un’assurda vicenda giudiziaria, in cui viene processato e condannato senza conoscere il reale capo d’accusa Durante il processo K. si trova coinvolto in situazioni paradossali e assurde. Al suo desiderio di chiarezza nessuno sa dare delle risposte, anzi ogni volta i dubbi si acuiscono.
Accanto all’autoritarismo del sistema giudiziario e della burocrazia emergono, in Il Processo, tutti quei temi, che abbiamo già visto in La metamorfosi, come l’esclusione del diverso, la solitudine, l’incomunicabilità, l’alienazione ed il disorientamento dell’individuo che vive una condizione insensata, illogica, avvolta dal mistero.
Il mistero è presente fin dall’incipit del romanzo: Qualcuno doveva aver calunniato Josef K., perché senza che avesse fatto nulla di male, una mattina fu arrestato. Sotto la trama, fatta di episodi incomprensibili ed angoscianti si nasconde sempre la coscienza della colpa ed il bisogno di espiarla. Come in La metamorfosi Gregor aveva una colpa innata, quella della diversità, così qui la colpa consiste nell’ essere diverso dalle aspettative altrui e nel trasgredire quei precetti che si basano sul concetto comune di normalità.
“Il Castello”
In un altro romanzo famoso, Il Castello (scritto intorno al 1922 e pubblicato postumo nel 1926), l’autore racconta le vicende di K., un agrimensore, che arriva in un villaggio, dove è stato assunto da un misterioso Conte. La sede governativa e burocratica si trova in un inaccessibile Castello, abitato da funzionari e da politici. Nessuno degli abitanti del villaggio c’è mai stato, ma tutti obbediscono senza esitazione alle sue ordinanze. Il protagonista cercherà in tutti i modi di mettersi in contatto con gli uomini del Castello, senza però riuscirci. Si trova solo contro tutti, immerso in un mondo di cui non riesce a comprendere i meccanismi.
ll protagonista-Kafka non accetta le regole oscure imposte dal Castello così come prima aveva rifiutato quelle del padre e poi quelle del Tribunale. In questo romanzo, come anche in altre opere, la vittima non è rassegnata né si autocompatisce, ma manifesta l’ implacabile volontà di non essere sopraffatta.
Oltre al tema dell’ alienazione dell’uomo come ingranaggio di una macchina burocratico-amministrativa incomprensibile, anche in Il Castello ai temi, già riscontrati nei romanzi precedenti, dell’esclusione, dell’ assurdità della vita, del fallimento è implicita la colpa: K. “non è del Castello né del villaggio…,è un forestiero, uno di troppo e sempre tra i piedi, che procura un mucchio di seccature.
K., perciò è inevitabilmente un escluso!
In fondo cosa vuole K., se non un incontro chiarificatore con le autorità, visto che è stato chiamato in quel villaggio per esercitare la sua professione? Perché neppure gli abitanti l’aiutano, lasciandolo solo contro una burocrazia assurda? Per loro è così ed il pazzo è lui!
Vuoi commentare l’articolo? Iscriviti alla community e partecipa alla discussione.
Cocooners è una community che aggrega persone appassionate, piene di interessi e gratitudine nei confronti della vita, per offrire loro esperienze di socialità e risorse per vivere al meglio.