Indagare il rapporto tra salute, clima e ambiente
Health Environment Research Agenda for Europe (HERA): questo è il nome del progetto finanziato dal programma di fondi europeo Horizon 2020, lanciato nel 2019, che si pone l’arduo compito di definire gli obiettivi chiave, per la ricerca europea, da perseguire entro questa decade e presentare i requisiti minimi di conoscenza e applicazione pratica necessari per fronteggiare le imminenti sfide nei campi di salute, clima e ambiente.
La bozza finale del documento è stata resa pubblica a ottobre 2021, da cui possiamo ricavare un’anteprima di quelli che saranno, ancor più che adesso, gli argomenti di cui sentiremo sempre più spesso parlare. Le aree critiche identificate vanno dalla perdita di biodiversità alla promozione della sostenibilità e resilienza degli ecosistemi urbani, dal cambiamento climatico agli effetti sulla salute dei fattori ambientali.
Pur spaziando tra discipline e ambiti molto eterogenei, emerge un fil rouge che unisce le tematiche trattate e che costituisce l’impalcatura di questa agenda: si chiama “One Health”. Non si tratta di un concetto nuovo, ma è stato recentemente ripreso nella stesura del Green Deal europeo oltre che dalle Nazioni Unite negli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Si basa sul principio che la salute umana, quella animale e quella dell’ambiente interagiscono e sono in mutua dipendenza tra loro e, in quanto tali, non possono essere investigate separatamente.
Un esempio particolarmente calzante è la nascita di nuove zoonosi, malattie in grado di essere trasmesse dagli animali all’uomo che si sviluppano in ambienti che ne promuovono l’esacerbazione e la diffusione, come gli allevamenti intensivi. Tra le zoonosi più comunemente note si trovano Ebola, SARS, la Sindrome della Mucca Pazza, l’AIDS e, naturalmente, COVID-19.
La novità risiede, quindi, non tanto nella teoria quanto nella sua applicazione. L’agenda chiama fortemente a uno sforzo multidisciplinare, in cui le diverse tematiche non devono essere affrontate adottando un approccio gerarchico, con il benessere umano al vertice della piramide. Si passa, dunque, da una prospettiva in cui lo studio e le azioni sono volte a massimizzare un nostro immediato guadagno a una in cui si cerca, invece, di ottimizzare quello generale di lunga durata.
Ciò significa, tra le altre cose, dare priorità ad attività dove, come ricordato da Leonardo Becchetti e colleghi in un recente articolo pubblicato sulla rivista The Lancet, “la creazione di un valore economico ha un effetto positivo sulla sostenibilità ambientale”. Si istituisce, così, un circolo virtuoso da cui tutti beneficeremo, l’unico sostenibile a lungo termine in grado di garantire la nostra sopravvivenza, oltre che una maggiore equità sociale.
Se questo progetto avesse successo, sarebbe una svolta epocale che vedrebbe l’essere umano al centro, non più come unico consumatore ma come garante di questo nuovo equilibrio.
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