I vincitori del Festival di Sanremo dal 1951 a oggi
È uno dei misteri più avvincenti della storia, alla pari delle piramidi, di Fatima, degli Ufo, di Babbo Natale e della sveglia mattutina: perché, dopo oltre 70 anni, l’Italia sgomita impaziente di fronte ai microfoni, e alle ugole che li animano, del Festival di Sanremo? Perché quando cominciano a udirsi le prime note di pianoforte provenienti dal Teatro Ariston, mentre nel resto dello Stivale infuria l’inverno, sulla città costiera splende un sole tardo primaverile e Gino Paoli comincia ad apparire smanicato su qualche terrazzo ovviamente ricoperto di fiori? Perché anche nel terzo decennio del nuovo secolo vengono organizzati ritrovi con la classica scusa del “Dai che ci vediamo, una chitarra e una frittata… “ che poi si tramutano in autentiche sfide all’O.K. Corral, con salotti trasformati in corride? Perché Sanremo e il suo/nostro festival canoro calamitano un intero popolo, che ormai non fa più finta di niente, che di certo non nega, piuttosto mostra orgoglioso la medaglia, nonostante da anni non ci sia più un vero e proprio evergreen, un motivo epocale, almeno dai tempi dei Jalisse?
Un Festival e i suoi interrogativi
Una rassegna solo apparentemente musicale, piuttosto una fotografia dai connotati sociologici, ricca di aneddoti, di sorprese, di chiacchiere, soprattutto di enigmi ancora irrisolti. Una breve rassegna di rebus, utili per avere una lettura differente della manifestazione, sempre uguale eppure sempre nuova, per lenire l’attesa dell’agognato evento, in scena dall’1 al 5 febbraio.
Sanremo 1967-68
Due edizioni sorprendenti e a loro modo tragiche: durante la prima, che rappresenterà anche la conclusione del periodo “bongiornesco”, viene ritrovato senza vita il corpo di Luigi Tenco. Si narra che fosse rimasto offeso dall’eliminazione, dalla miopia di una giuria non pronta dinanzi alla figura di un nuovo tipo di cantautorato, amelodico, pensieroso, fortemente depresso. Tenco non sorride quasi mai e, a parte le occasioni ufficiali che necessitano della giacca e della cravatta, appare abbigliato come se fosse uscito da una boutique del 1979-80, una sorta di eroe proto post punk, completamente fuori posto con le atmosfere da boom economico, perfettamente in tema con il clima dei tardi anni di piombo. Da quel momento, l’artista viene benedetto, ricordato, omaggiato dai colleghi, ma mai realmente ascoltato e apprezzato. L’anno dopo, mentre cominciano a intravedersi i primi fuochi della contestazione, piomba in teatro la figura dinoccolata e sorridente di Pippo Baudo, esordiscono Al Bano e Massimo Ranieri, ma la giuria decide di premiare il brano ‘mattone’ anche detto ‘Allegria portami via’ della rassegna, “Canzone per te” di Sergio Endrigo. Omaggio dichiarato e risarcimento?
Sanremo 1979
Durante la seconda metà degli anni 70 si assiste, caso unico e mai più ripetuto, a una forma implicita di repulsione nei confronti del Festival: nessuno vuole vederlo, nonostante fuori impazzi il piombo e le tv private siano ancora una discreta chimera, la Rai riduce le trasmissioni e non le manda in onda neanche in diretta televisiva, se non quella finale, alla quale approdano le canzoni giudicate da una misteriosa giuria radiofonica, la quale però non può guardare i cantanti per non essere influenzata dal loro look. L’elenco dei protagonisti sembra essere stato pescato a caso, Enrico Beruschi arriva a un passo dal podio. Tra i 22 protagonisti c’è un autentico fuoriclasse, si chiama Enzo Carella, qualcuno sussurra si tratti del nuovo Battisti, i suoi testi sono opera di Pasquale Panella, che qualche anno dopo diverrà il braccio destro proprio di Lucio; la sua “Barbara” ha lo sprint della disco imperante, è stravagante, divertente, un probabile tormentone, ma arriva seconda. A trionfare, misteriosamente, è “Amare” di Mimmo Vergnaghi, il quale non fa in tempo a festeggiare che la sua casa discografica fallisce. In compenso, 43 anni dopo, in pochi ricordano entrambi.
Sanremo 1982
Il Festival si apre e tutti sanno da un mese che lo vincerà Riccardo Fogli. In una manifestazione che diventa sempre più popolare, che si impregna dei colori e delle benvenute esagerazioni degli anni 80, che alterna la spiritualità da boy scout di frate Cionfoli (“Solo grazie”) e le voglie di evasione turistica di Vasco Rossi (“Vado al massimo, vado in Messico”), l’ex Pooh porta sul palco una canzone comunque notevole, “Storie di tutti i giorni”, un synth pop epico e teso che cinque anni dopo si trasformerà improvvisamente e misteriosamente in “It’s a Sin” dei Pet Shop Boys. Potere di Sanremo.
Sanremo 1983
Un’edizione esplosiva, con alcuni dei più grandi classici della canzone popolare tricolore: “Vita spericolata” o dell’apoteosi del primo Vasco, “Vacanze romane” e i ricordi della dolce vita dei Matia Bazar su un tessuto sintetico internazionale, “L’italiano”, zenith assoluto di Cutugno, “1950” dell’esordiente ma già maestro Amedeo Minghi. Nessuna di queste vede il podio, tutte trionfano nelle classifiche e nella memoria degli spettatori, dei loro figli e dei loro nipoti. In maniera inaspettata e alquanto misteriosa vince la debuttante Tiziana Rivale che aveva da subito messo le mani avanti con “Sarà quel che sarà”, una cover della coeva “Up Where We Belong”, ossia la canzone portante del film campione d’incassi “Ufficiale e gentiluomo”, cantata da Joe Cocker e Jennifer Warnes…
Sanremo 1985
Il patron Ravera costruisce l’edizione più memorabile degli anni 80 e quindi di sempre, invitando una pletora di ospiti stranieri che rappresentano il non plus ultra del panorama pop internazionale; in giro di una settimana esplode anche in Italia la “duranmania”, ma anche gli italiani lasciano più di un segno nella storia della cultura popolare: Eros Ramazzotti, la nuova sensazione del 1984, ribadisce di essere pronto per il ruolo di leader, Toto Cutugno non se la sente di cantare, ma racconta una giovinezza che non gli appartiene, la affida a Luis Miguel, futuro amante e “padrone” di Mariah Carey, e “Ragazzi di oggi” spopola, Zucchero trova la quadra e inizia a proporre la riscrittura di classici internazionali, l’inaugurazione è dedicata a “Donne”, ossia “No Woman No Cry” di Bob Marley, gli eroi dell’antico prog rock, Banco e New Trolls, presentano due canzoni sorprendenti, “Grande Joe” e “Faccia di Cane”, ma dopo mezzanotte, Pippo Baudo e la bellissima Patty Brard annunciano i vincitori: i Ricchi e Poveri e la loro “Se m’innamoro”, che somiglia nell’incipit a “Self Control” di Raf e che nessuno ammette di aver mai votato. Nello sbigottimento generalizzato, si propende per un Totip ingolfato. Misteri che si palesano a Sanremo.
Sanremo 1986
Il Festival può rappresentare anche la fine di un’epoca, di un’epopea, di una carriera, può essere la sorpresa in negativo che non ti attendi. Accade alle due massime protagoniste del pop nazionale, irriverente, sensuale, divertente, Donatella Rettore e Loredana Bertè. Per entrambe, qualche avvisaglia di una popolarità smarrita si è già fatta sentire, il febbraio del 1986 confermerà il tutto, per sempre. Il giro di boa del decennio ha preso una strada eccessiva e discretamente kitch e Donatella si presenta come un angelo caduto in volo, peccato che la settimana dopo nessuno ricordi una nota della sua canzone, Loredana non si fa trovare inpreparata nella sfida e sul palco mostra, insieme alle ballerine di accompagnamento, un pancione finto. Due stravaganze non richieste, due scelte misteriosamente avvalorate dai rispettivi entourage. Le smorfie di disgusto si sprecano e le due ex rivali finiscono direttamente nel palinsesto di “Techetechetè”, con un anticipo di 26 anni.
Sanremo 1987
In un’edizione prevedibile, scontata, ma comunque nei cuori di tutti, stravinta dal trio Morandi-Tozzi-Ruggeri, con Baudo che annuncia la morte di Claudio Villa, chiede la standing ovation per Whitney Houston e le concede un bis, in playback, un interrogativo non fa prendere sonno agli italiani: chi ha tagliato la spallina di Patsy Kensit scoprendone il seno?
Sanremo 1988
Miguel Bosè, prende il posto di Baudo, che ha tradito la causa Rai e firmato per Berlusconi, conduce con grande autorevolezza, la stessa che gli permette di bloccare la gara e trasmettere in diretta il trionfo olimpico di Alberto Tomba, in collegamento da Calgary. La manifestazione ha però due clou ammantati di mistero: Mino Reitano viene ammesso alla gara con “Italia”, un brano nazionalista e imbarazzante (chi è il colpevole? Mai scoperto), con il quale forse aspira a sostituire Mameli, Beppe Grillo, la sera dopo lo irride in maniera esagerata (“Tanzania”!) e poi decide di terminare, clamorosamente, la sua carriera di comico in tv.
Sanremo 2005
La misteriosa assegnazione della categoria, campioni o giovani promesse. Nel febbraio di 17 anni fa, i Modà sono già chiacchierati, hanno un album nel carniere, un proprio pubblico mediaticamente chiassoso, esibizioni sold out, ma Sanremo li accoglie, per poco, tra i giovani con “Riesci a innamorarmi”. Nello stesso anno, i Negramaro sono ben oltre la fase di debutto e dopo due album sono la nuova sensazione nazionale, ma vengono misteriosamente inseriti con “Mentre tutto scorre” tra i giovani speranzosi e, ovviamente, eliminati dalla finale.
Sanremo 2021
Ma i tempi cambiano e, non si sa come, non si sa perché, un gruppo di quattro giovani romani, i Måneskin, ex glorie del format X-Factor, poco considerati se non all’interno dei forum dedicati alla tv, si presentano come campioni e terminano da trionfatori. Da quel momento, si scatena un’enorme campagna pubblicitaria fatta di stupori, enfasi, baci, abbracci, fanatismo, resse, contrapposizioni. In primavera comincia a svilupparsi uno strano fenomeno: chi prova a dubitare, a porre delle domande viene definito hater e rosicone e tra gli accusatori c’è anche buona parte della critica ufficiale. I Måneskin si trasformano in una sorta di riscossa nazionale, ma non si sa nei confronti di che cosa. E la musica? La prossima volta.
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