Inflamming. Cos’è davvero l’infiammazione e quali malattie causa
Con il supporto scientifico di SoLongevity
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L’infiammazione costante a bassa intensità è uno dei driver dell’invecchiamento biologico. Come difendersi
Perché si parla tanto di infiammazione quando si guarda alle cause dell’invecchiamento biologico? Da dove deriva lo stato infiammatorio è perché succede? Cosa vuol dire inflammaging?
Questo nuovo appuntamento con la nostra rubrica ha il compito di dare risposte a queste domande chiarendo il ruolo dell’infiammazione.
Parleremo di:
- infiammazione, come quando si crea
- inflammaging
- patologie legate all’infiammazione cronica latente
- inflammaging e stress ossidativo
- come si misura l’infiammazione
- i cibi anti infiammazione
Infiammazione: come e perché
Non so quanti di voi abbiano mai avuto una crisi di panico. Io sì. Improvvisamente sentivo un gran caldo salirmi verso il cuore e questo iniziare a battere forsennatamente. Dopo un po’, con la sensazione di essere al limite della sopraffazione, non riuscivo più a stare ferma e dovevo uscire a respirare un po’ d’aria. I sintomi non sono tutti uguali ma ho imparato a capire che una crisi di panico si colloca a metà tra una crisi di claustrofobia (in realtà poi scoprii che il mio corpo stava cercando di dirmi che mi ero infilata in una vita che mi stava letteralmente soffocando) e una reazione difensiva. Il nostro sistema di difesa si mette in “modalità attiva” ma, non sapendo ancora cosa deve combattere, dà un’accelerata alle funzioni vitali e ci prepara o a correre a perdifiato lontano dal pericolo o ad ingaggiare un contrasto fisico, con il sangue che sale al cervello e l’adrenalina a farla da padrone. Perché racconto questo e cosa c’entra con l’infiammazione? C’entra.
In un modo simile – mi scuseranno per l’approssimazione gli esperti – così funziona il nostro sistema immunitario (scava scava, quando si parla di longevità e di buona salute si torna spesso al sistema immunitario). Quando un virus o un agente patogeno ci minaccia, il nostro sistema immunitario reagisce come noi davanti a una minaccia o a un’offesa. Si scalda attivando un meccanismo infiammatorio che è la nostra difesa armata. Se la minaccia è sconosciuta al nostro organismo la difesa è piuttosto muscolare e generalista, stile ndo cojo cojo, se invece le nostre cellule riconoscono l’aggressore perché l’hanno già incontrato nella vita e ne conservano memoria. si muovono altre difese, più ponderate e mirate.
Alla fine, svolto il lavoro di reazione all’aggressione, il nostro saggio sistema immunitario attiva altre cellule anti-infiammatorie che hanno il compito di irrorare il campo di battaglia e calmare gli animi in attesa che le cellule fagociche entrino in campo per pulirlo delle scorie e dei materiali di scarto rimasti dopo la battaglia. Se continuassimo nella modalità “difesa” ci mangeremmo vivi. Questo esubero di meccanismi di difesa, quindi di infiammazione, danneggerebbe infatti il nostro organismo, come è successo a moltissimi grandi anziani proprio con il Covid: il loro sistema immunitario si è messo in modalità “reazione” e c’è rimasto portando il motore immunitario/infiammatorio al massimo dei giri, cosa che in gergo viene definita tempesta citochinica. Questo ha provocato in loro un danno ben superiore a quello dello stesso virus, inducendo polmonite e incapacità di respirare.
Con l’invecchiamento l’equilibrio tra falangi d’attacco e corpi dei vigili del fuoco tende a diminuire e succede che non usciamo veramente mai dallo stato “difesa”. Come quando un rubinetto non si chiude mai del tutto e il flusso d’acqua, seppur minimo, resta sempre attivo. Si chiama infiammazione cronica latente e, poiché è una delle cause dell’invecchiamento biologico, è detta anche: inflammaging. Questo stato infiammatorio costante può portare a patologie anche gravi, specie se si associa ad altri fattori tipici dell’invecchiamento biologico.
L’infiammazione, quindi, serve a difenderci, ma in qualche modo si può dire che è l’altra faccia della medaglia del nostro sistema immunitario. Non sorprenderà sapere a questo punto che dagli studi condotti su soggetti centenari è emersa la presenza in loro di un gene che contrasta l’infiammazione cronica mantenendo in equilibrio fattori pro e antinfiammatori del sistema immunitario.
Altre concause dell’infiammazione cronica sono l’obesità, una dieta scorretta, sedentarietà, fumo di tabacco e stress cronico.
Le patologie legate all’infiammazione latente
Sul campo di battaglia del nostro sistema immunitario dopo un’aggressione esterna passano, come accennato, i macrofagi, cellule “spazzine” hanno il compito di fare pulizia mangiando i patogeni e altri rifiuti e sostanze di scarto prodotte nel corso della battaglia immunitaria. In questa operazione di pulizia, i macrofagi acquisiscono inoltre informazioni sugli agenti estranei combattuti che trasmettono ai linfociti, i quali a loro volta ne terranno memoria creando l’immunità adattiva o immunità acquisita. Trovate qui un precedente articolo sul tema
Associazioni pericolose:
L’infiammazione cronica può associarsi ad altri fattori e causare patologie anche gravi e nello stesso tempo ridurre la capacità immunitaria adattiva o acquisita dell’organismo.
Ipercolesterolemia: lo stato infiammatorio cronico aumenta il rischio di infarto; se associato a alti valori di colesterolo LDL, il rischio raddoppia ulteriormente. Perché? Quando il colesterolo LDL si ossida viene facilmente riconosciuto e ingerito dai macrofagi: cariche di lipidi, queste cellule del sistema immunitario si depositano sulla parete delle arterie e vengono ricoperte da un tessuto fibroso, formando placche aterosclerotiche. In certi casi queste placche possono rompersi e i coaguli possono ostruire un’arteria coronaria, causando un infarto.
Insulino-resistenza: alcuni studi hanno rilevato un’associazione tra infiammazione cronica e insulino-resistenza, la condizione considerata anticamera del diabete, in cui il corpo non risponde all’ormone dell’insulina e non riesce a trasformare il glucosio in energia lasciando che questo persista a livello ematico.
Tumori: il 15% dei tumori maligni sono collegati in maniera stringente a stati infiammatori. Alcune sostanze prodotte in una reazione infiammatoria, come i radicali liberi, possono danneggiare il DNA delle cellule e favorire lo sviluppo di cellule tumorali. Il che ci anticipa che c’è un nesso tra infiammazione e radicali liberi (ossidazione), ma ne parleremo tra poco.
Alzheimer: i corrispondenti dei macrofagi a livello cerebrale sono le cellule della microglia che, come i cugini del sistema immunitario, hanno il compito di fagocitare sostanze estranee rilasciando cellule infiammatorie. Quando però le cellule della microglia incorporano una particolare proteina detta beta-amiloide formano le placche che sono responsabili dello sviluppo dell’Alzheimer.
Stress ossidativo: ossidazione e infiammazione costituiscono un’accoppiata deleteria che tende a generare un circolo vizioso. Lo stress ossidativo – spesso causato da dieta scorretta ad alto contenuto di zuccheri, grassi saturi e cibi processati, inquinamento ambientale, radiazioni UV e ionizzanti e stress emotivo – corrisponde a una proliferazione di radicali liberi, molecole altamente reattive e instabili, inclini a reagire con altre molecole del corpo, danneggiando proteine, lipidi e DNA e contribuendo a vari disturbi che accelerano l’invecchiamento. Inoltre lo stress ossidativo può danneggiare i tessuti, favorendo l’infiammazione cronica: quando le cellule sono danneggiate dai radicali liberi, infatti, rilasciano citochine pro-infiammatorie. A sua volta, l’infiammazione può aggravare lo stress ossidativo, poiché le cellule immunitarie coinvolte nella risposta infiammatoria producono radicali liberi.
Come si misura l’infiammazione cronica latente?
Esistono molti modi diversi di valutare l’infiammazione, ma più spesso si tratta di infiammazione acuta, diversa da quella cronica latente. Alcuni sono abbordabili, altri molto costosi, e il settore è in continuo sviluppo con nuovi studi.
Il modo più comune per diagnosticare dal punto di vista bio-medico uno stato infiammatorio è la misurazione della Proteina C Reattiva (PCR) una proteina prodotta dal fegato in elevate quantità quando è in corso un’infiammazione. E’ possibile rilevarla con un semplice esame del sangue periferico (di solito, i valori di riferimento della PCR sono inferiori a 5-10 mg/L). La PCR denota però un danno già avvenuto e uno stato di infiammazione acuta, non latente.
Meglio la misurazione della PCR ad alta sensibilità che permette di valutare il rischio di eventi cardiovascolari e di aterosclerosi.
Un altro modo è la rilevazione nel sangue alcune specifiche citochine pro-infiammatorie attraverso la misurazione dell’IL-6 (interleuchina 6) che aumenta in condizione, appunto, di infiammazione. I suoi alti livelli spesso sono associati a malattie (autoimmuni, cardiovascolari, tumori), diabete e altri fattori di rischio cardiovascolare
Meno frequenti, la misurazione della Neopterina che indica uno stato immunitario pro-infiammatorio e dei livelli plasmatici di altre citochine infiammatorie, come il TNF e la IL1-beta, test sono piuttosto costosi
Mentre alcuni ricercatori stanno raccogliendo dati statistici per valutare l’efficacia dei nuovissimi test salivari delle citochine, altri, come SoLongevity, stanno lavorando all’ipotesi di analizzare alcune modificazioni epigenetiche misurando il livello di metilazione (la modificazione epigenetica più importante) dei geni legati all’infiammazione, come i-NOS (Inducible Nitric Oxide Synthase).
I cibi che abbassano l’infiammazione
Come per molte altre cose, esistono cibi buoni e cibi meno buoni. Sul piano del controllo dell’infiammazione in fondo alla lista ci sono grosse quantità di carni rosse ed elaborate, carboidrati raffinati e bibite ricche di zucchero che tendono a promuovere stati infiammatori.
Al contrario, svolgono azione antinfiammatoria i cibi che contraddistinguono la dieta mediterranea: cereali integrali (la classica fetta di pane integrale con olio di oliva) che favoriscono la crescita di batteri “buoni” con effetto anti-infiammatorio all’interno della nostra flora intestinale, verdure – specie quelle a foglia larga, i legumi e i pomodori, in particolare se cotti, grazie alla maggiore biodisponibilità del licopene che contengono – frutta e noci che contengono sostanze fitochimiche antinfiammatorie. Poi té verde e pesce, in particolare salmone, tonno e merluzzo, ricchi di acidi grassi Omega3.
Anche per l’azione antinfiammatoria, si può associare a una dieta corretta un’integrazione mirata di vitamine C e E, coenzima Q10, resveratrolo e curcumina, oltre a esercizio fisico, controllo dello stress, sonno di qualità, controllo del peso.
Inoltre l’esercizio fisico e una dieta consapevole possono ridurre il peso e il grasso corporeo è fonte di citochine pro-infiammatorie.
SoLongevity ti suggerisce: CellFasting
Grazie alla combinazione della formula brevettata GluRes®, CellFasting contribuisce alla riduzione dello stress ossidativo e dell’infiammazione organica, mentre un mix di vitamine del gruppo B stimolano la produzione di NAD, una sostanza essenziale per un equilibrato metabolismo cellulare. Il NAD svolge una funzione molto importante per la salute delle nostre cellule ed è una delle più importanti scoperte degli ultimi 15 anni nell’ambito delle scienze della vita. Con l’età, la sua presenza si riduce in modo significativo.
In particolare, la formula di CellFasting contiene:
- Polidatina, precursore del Resveratrolo, che ne massimizza la biodisponibilità e quindi l’efficacia antinfiammatoria, vaso-circolatoria e anti-ossidante;
- Selenio, minerale essenziale per l’azione antiossidante a livello celebrale, favorendo l’azione sinergica;
- Niacina, Vitamina del gruppo B, stimola la produzione di NAD a livello cellulare;
- Riblofavina, Vitamina del gruppo B, amplifica l’azione antiossidante degli altri ingredienti e contribuisce al benessere vaso-circolatorio;
- Aminoacidi che stimolano la produzione endogena di Glutatione, il più potente antiossidante prodotto dal nostro organismo, riuscendo ad attraversare la barriera ematoencefalica;
- Ribosio, zucchero naturalmente presente a livello cellulare, stimola la sintesi di glucosio incrementando l’energia cellulare.
L’uso di CellFasting è indicato in casi di stanchezza fisica prolungata o di astenia, giramenti di testa, sonnolenza postprandiale, in particolare in presenza di una condizione di sovrappeso e di un accertato stato di dislipidemia, ovvero colesterolo e trigliceridi elevati, alti livelli di glicemia o ipertensione arteriosa. E’ suggerito in condizioni di convalescenza post COVID-19 per ristabilire una condizione ideale per il recupero post malattia. Può essere anche utilizzato come profilassi per il mantenimento di una buona igiene metabolica per persone che avvertono un declino legato all’età o hanno familiarità con dismetabolismi e malattie cardiovascolari. I benefici si percepiscono a partire dalla seconda settimana d’uso continuativo, ma risentono della condizione individuale di partenza e dello stile di vita che si conduce. Fumo, eccesso di alcool, sedentarietà, regime alimentari ipercalorici incidono significativamente sulla regolazione metabolica, aggravando predisposizioni genetiche o situazioni di disordine e non possono essere compensati da CellFasting e si consiglia di assumerlo correggendo anche questi comportamenti o abitudini.
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