Predisporsi alla longevità
Affrontare la longevità come una traversata: scegliere l’itinerario e assicurarsi cambusa piena e portolano a portata di mano
di Emanuela Notari
La longevità è un viaggio, lungo. Se prendiamo i 60 anni come porta d’accesso, per una donna già oggi significa quasi 25/30 anni, per un uomo poco meno. Come affrontare questa traversata oceanica?
Intanto c’è un qui pro quo semantico. La vecchiaia continua, sulla carta, ad iniziare a 65 ani, ma di fatto è slittata molto più in là. Anzi, è slittata non nel tempo ma dal tempo allo stato. Di fatto non è più l’età che definisce la vecchiaia ma le condizioni in cui viviamo. Quante persone e personaggi, dello spettacolo, della politica, delle professioni conosciamo che restano attivi e proattivi ben dopo la cosiddetta età di vecchiaia. Finché stiamo bene, siamo ingaggiati dalla vita e restiamo curiosi, siamo persone mature, anche molto mature – se anziano vi fa pensare alla fine dei giochi – ma non vecchi. I capelli bianchi non bastano per essere anziani. Mettiamocelo in testa. E’ una questione di atteggiamento mentale e di salute fisica.
La prima domanda: con chi?
C’è chi ha la fortuna di avere un partner con il quale o la quale è ben contento di partire per il lungo viaggio di longevità: i figli sono grandi e più meno autonomi, qualche risparmio da parte e buone condizioni fisiche sono il viatico per una seconda vita di coppia in cui c’è ancora spazio per nuove esperienze.
Altri sono soli, per scelta o per i casi della vita, ma come insegna una lingua che amo per la sua duttilità, l’inglese, si può vivere in loneliness (solitudine di nome e di fatto) o in solitude (solitudine per scelta). Molte persone, soprattutto donne in età matura, decidono di restare da sole destinando le proprie energie di condivisione ad amiche o vicini. Non necessariamente, quindi, isolate. Anche una traversata in soitaria può prevedere felici approdi sociali.
Identificare le proprie paure e, prima tra tutte, quella che si può dire la madre di tutte le paure
L’istinto è non pensarci, chiudere le paure in un cassetto e non guardarle in faccia. E invece le paure vanno affrontate per diminuirne il potere paralizzante. Tutti abbiamo paura delle stesse cose che associamo ala vecchiaia: solitudine, reddito inadeguato, cattiva salute, perdita di autonomia, problemi cognitivi. Ma ognuno di noi ha una paura suprema, quella con la quale indentifichiamo la vecchiaia, che ci viene da esperienze o conoscenze, oppure da un’eredità familiare, genetica o comportamentale.
Capire qual è la nostra maggiore paura aiuta perché è da lì che comincia il viaggio della pianificazione della nostra vecchiaia.
Facciamo qualcosa, possibilmente un’azione concreta, per limitare quel rischio.
Se è la paura della solitudine, valutiamo attentamente dove stiamo pianificando di invecchiare, magari non è proprio la location più adatta a calmierare il rischio di solitudine. Diamo un’occhiata a quali soluzioni di co-living ci sono nella nostra zona, quanto costa un senior living e se ce lo potremmo permettere. Oppure, se come la maggioranza delle donne, siamo sole ma senza ambizioni di una nuova storia sentimentale, scegliamo un’amica che è nelle nostre stesse condizioni e che potrebbe valutare di vivere assieme la parte più avanzata della vecchiaia. Conviene vendere le rispettive case e andare in affitto? Oppure venderne una e condividere la proprietà dell’altra? E se si valutasse la possibilità di un’unione civile? La legge non lo impedisce perché prevede la costituzione di una “formazione sociale ritualmente costituita… da due persone maggiorenni dello stesso sesso, unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale”. Nessuno chiede di specificare se ci sia anche un rapporto sessuale. Forse varrebbe la pena consultare un legale per sapere se la strada è praticabile ed ottenere così diritti e doveri di una coppia, compresi i diritti successori e di rappresentanza in caso di decisioni mediche surrogate.
Se la paura è invece quella di non avere sufficienti risorse economiche è meglio scoprire se la paura ha solide ragioni o no. Nascondere la testa sotto la sabbia può calmare temporaneamente l’emotività ma sposta solo in là il problema. La consapevolezza è la base di una buona vecchiaia. Quanto spendiamo ogni mese per vivere, quanto reddito pensionistico possiamo ragionevolmente sperare di avere, qual è la nostra reale aspettativa di vita (anche tenendo conto di primati di longevità familiare che ci spostano in alto nel range della media) e di conseguenza su quanti anni possiamo pensare di spalmare i nostri risparmi ad integrazione della pensione. Cosa si può fare per migliorare la situazione che esce da questa valutazione? Un fondo pensione se siamo ancora in tempo, un piano di accumulo, ristrutturare l’appartamentino ricevuto in eredità dai genitori e metterlo a reddito con un affitto breve, vendere la nuda proprietà di casa nostra o valutare soluzioni di prestito vitalizio sull’equity della casa?
A volte basta pianificare il pensionamento non come un’agognata vacanza da prendere prima possibile
Prima possibile ormai corrisponde a una perdita economica (tutte le anticipazioni ormai prevedono un calcolo dell’assegno pensionistico con il sistema contributivo puro, anche quando per età avremmo diritto al calcolo misto, contributivo e retributivo). Vale davvero la pena? O forse converrebbe, se proprio non ne possiamo più del nostro lavoro, prendersi 6 mesi sabbatici e viverli con il budget che la simulazione di cui sopra ha identificato come il nostro budget di vita in pensione. Così prendiamo due piccioni con una fava: scopriamo se il budget è sufficiente per vivere confortevolmente e nello stesso tempo possiamo capire se abbiamo davvero intenzione di andare in pensione il più presto possibile o se abbiamo solo bisogno di una pausa o di condizioni di lavoro meno logoranti.
Magari scopriamo che vale la pena procrastinare il pensionamento oppure andare in pensione ma continuando a lavorare su base part time per qualche anno. Magari si tratta solo di identificare un’occupazione che richieda meno energie o esaurisca meno quelle che abbiamo. Quante persone hanno lasciato la carriera di insegnati di ruolo perché non ne potevano più della burocrazia didattica per scoprire che dare ripetizioni online è molto meno snervante? Quante persone potrebbero lasciare una carriera da dipendente, troppo onerosa o poco soddisfacente, per un’occupazione indipendente come consulente? Quante persone potrebbero rivalutare competenze acquisite in passato – una lingua conosciuta profondamente, una disciplina praticata a livello quasi-professionale, una abilità di vecchia data non più agita (scrivere, per esempio, o insegnare) e trovare un’occupazione che impegni 4 anziché 8 ore pur contribuendo a integrare l’assegno pensionistico?
La paura di ammalarsi
Se invece abbiamo paura di ammalarci possiamo investire su uno screening ben fatto, magari sfruttando le conoscenze di epigenetica ormai disponibili per individuare malattie non ancora conclamate ma in progress e cominciare subito a fare tutto il possibile per affrontare e procrastinare o annullare il rischio. Gli stili di vita hanno la maggiore responsabilità nella capacità di invecchiare in buona salute e si può sempre cominciare da quelli. Non costa niente. Una volta che abbiamo la coscienza a posto e che ci stiamo comportando in modo consapevole e sensato, basta. Non lasciamo ulteriore spazio alla paura di ammalarsi perché rischia di diventare essa stessa patologica. Un po’ di fatalismo non guasta e libera molto spazio per l’esperienza.
E se la paura è quella di perdere autonomia e pesare sugli altri, si può scegliere di stipulare una polizza o una mutua Long Term Care oppure fare un piano di accumulo destinato unicamente a sostenerci economicamente quando avessimo bisogno di assistenza continuativa. Se invece si teme di perdere facoltà cognitive, esistono infiniti test ed esercizi cognitivi da fare online per preservare la cosiddetta “riserva cognitiva” e integrazione nutraceutica per rallentare eventuali primi segnali di decadimento.
Quali ingredienti devono riempire la cambusa del viaggio di longevità?
Consapevolezza: un sacco di gente non vuole sapere se avrà abbastanza denaro per permettersi di continuare il proprio tenore di vita o se la propria salute è sotto minaccia di qualche malattia. Chiude gli occhi e incrocia le dita. Questo è il modo peggiore di affrontare la longevità. Sapere è potere, perché esistono ormai soluzioni per sostenerci in molte cose e ogni anno arrivano nuovi ritrovati per migliorare ulteriormente la vita nella fascia di età che sta crescendo di più.
Curiosità: vivere quasi 100 anni significa avere molti più occasioni dei nostri genitori o nonni per “vivere la vita”. Anni intermedi tra l’età matura e la vecchiaia in cui la famiglia è diventata grande, le incombenze diminuiscono, la scala delle priorità allenta la morsa, la salute ancora tiene e ci sono improvvisamente un sacco di cose da fare con il tempo, e spesso i risparmi, per farle. Basta mettere fuori la testa per rimanere travolti dalle opzioni: online o offline, l’offerta è infinita. Prendere una strada e seguirla è un gesto semplice con una cascata di ricadute positive: risveglia i nostri sensi e la nostra capacità intellettuale, ci fa conoscere altre persone, alimenta nuove curiosità e, non ultimo, rallenta l’invecchiamento.
Cura di sé: se c’è un’età nella quale si apprezzano gli effetti di una maggiore cura di sé è proprio questa. Basta poco, un cambio di alimentazione, un po’ di movimento in più, una migliore pianificazione sanitaria possono fare miracoli a occhio nudo, oltre a farci sentire padroni e attori del miglioramento del nostro benessere. Una bella sensazione.
Pianificazione: pianificare significa aumentare il controllo sul futuro. Vuol dire sostituire lo scongiuro con un piano di azione, una strategia di risk management, come per le grandi aziende, che ha il compito di proteggere noi stessi e il nostro patrimonio da rischi che potremmo correre infilandoci in guai seri.
Buona compagnia: imprescindibile, sia per le persone socievoli che per gli orsi. Perché anche un orso, quelle rare volte che decide di vedere qualcuno, vuole il meglio. Le relazioni sono importanti in questa fase della vita e questa nuova longevità ci dà il permesso di viverle come vogliamo: con compagni di gioco temporanei o amici di una vita, la condivisione rimane proprio l’ultimo capitale che non si può perdere.
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