Venezia: cosa non lasciarsi sfuggire durante la Biennale
Venezia tira un sospiro di sollievo e riparte alla grande con la Biennale di Architettura, slittata di un anno a causa della pandemia. Dopo mesi in cui la città è rimasta “chiusa” ai turisti, la voglia di ritornare alla normalità ha velocemente contagiato Venezia, luogo d’arte per eccellenza, che non ha perso tempo cominciando a riaprire i suoi musei e i suoi magnifici palazzi. Se state per partire in occasione della Biennale o, più semplicemente, pensate di trascorrere qualche giorno a La Serenissima, segnatevi cosa dovete vedere assolutamente.
La Biennale di quest’anno risponde a una domanda essenziale quanto ampia: “How will we live together?” A replicare ben 61 nazioni, tra cui l’esordio dell’isola caraibica Grenada, Iraq e Uzbekistan, che partecipano all’Esposizione per la prima volta. Nell’esplorare il quesito, la 17ma Mostra Internazionale di Architettura (fino al 21 novembre) desidera offrire una visione rispetto al destino dell’umanità e dell’ambiente. Questi i temi proposti dal curatore Hashim Sarkis ai partecipanti della mostra, che hanno indirizzato i loro studi e le loro ricerche. L’obiettivo degli architetti e dei progetti coinvolti alla Biennale 2021 è quello di escogitare nuovi modi per vivere insieme, di ripensare i rapporti tra individui, fauna, flora e tecnologia.
I padiglioni da non perdere alla Biennale di Venezia 2021
Sicuramente va visto il padiglione della Danimarca, curato da Marianne Krogh. E’ uno spazio allagato da acqua piovana, incanalata da un’apertura sul tetto e da lunghi tubi che attingono a grandi serbatoi contenenti pioggia caduta su Venezia. L’ambiente sommerso è percorso da un camminamento in legno e lo scorrere incessante dell’acqua ci invita a ricercare un puro modo di coabitare insieme in un ambiente a stretto contatto con la natura. O quello della Spagna, dove vanno in scena l’incertezza e l’interconnessione, espresse in un’installazione interattiva, empatica: una pioggia di Curriculum Vitae degli oltre 400 giovani architetti che hanno risposto alla chiamata dei curatori del padiglione, Domingo Jacobo González Galván, Sofía Piñero Rivero, Andrzej Gwizdala e Fernando Herrera Pérez. Quello dell’Austria è tra i pochi padiglioni che si sono occupati di esaminare le nuove architetture originate dall’informatica. È critica la curatela di Peter Mörtenböck e Helge Mooshammer che, nello spazio espositivo hanno provato ad immaginare l’ambiente del futuro, segnato dalla crescente influenza che le platform architecture, le architetture delle multinazionali digitali, stanno avendo nella ridefinizione del paesaggio. Il padiglione belga, curato da Dirk Somers, ha al suo interno l’allestimento di una città immaginaria, sintesi di tutte le città fiamminghe. Somers suggerisce una combinazione fra riutilizzo degli edifici preesistenti e nuove costruzioni. E poi c’è quello degli Stati Uniti, sulla cui facciata è stata montata una casa a tre piani, interamente in legno, e quello dei Paesi Nordici, con il suo originale progetto incentrato sul cohousing, che risponde alla domanda: cosa sei disposto a condividere con gli altri?
Peter Fischli a Fondazione Prada
“Stop Painting” è una mostra concepita e curata da Peter Fischli che prosegue fino al 21 novembre nel palazzo storico di Ca’ Corner della Regina, sede veneziana di Fondazione Prada. Definito dall’artista svizzero come «un caleidoscopio di gesti ripudiati», il progetto esplora una serie di momenti di rottura nella storia della pittura degli ultimi 150 anni, in relazione alla comparsa di nuovi fattori sociali e valori culturali. Una riflessione che arriva fino al futuro dello scenario culturale, minacciato o forse sollecitato dalla rivoluzione digitale.
Il giardino di Casanova
E’ nascosto dal corpo principale del Cipriani, A Belmond Hotel, uno degli hotel più eleganti e celebri del mondo, a pochi passi da Piazza San Marco, e per chi arriva a piedi passeggiando lungo la riva delle Zitelle (che è poi anche la fermata più vicina di vaporetto), dalla facciata austera di Palazzo Vendramin (dimora nobiliare che di fatto è oggi la dépendance all’hotel): il cosiddetto Giardino Casanova. Il grande seduttore della Serenissima amava appartarsi qui con le sue amanti. Un’oasi verde, romantica piena di bellezza: un tripudio di fiori e piante, frascati, con una vasca con statue neoclassiche ricoperta di ninfee. Li distingue un profumo intenso, magari anche per un solo gelsomino o una rosa che qui, circondati dal silenzio, sembrano profumare più di un’intera pergola altrove. Lontano dalla folla e in mezzo al verde.
Dove mangiare, se andate alla Biennale di a Venezia
Il luogo più adatto per godere del meglio della cucina della tradizione sono senza dubbio i bacari, piccole osterie, a volte minuscole, tanto da dover mangiare in piedi. Per la pausa pranzo la scelta ricade sull’Osteria ai Pugni, dove con un’ombra di vino e alcuni cicheti – tra cui quelli con baccalà mantecato – si è sazi fino a sera. Non delude mai l’Enoteca Cantinone “Già Schiavi”, piccolissima, ma piena di piatti sfiziosi, in Dorso Duro S. Trovaso 992. Per trovarla è facilissimo: basta seguite la gente del posto e non ci si sbaglia! Stessa cosa sono i caffè che spesso vantano una tradizione secolare, come il Florian, dal 1720 un’istituzione a Venezia dove sorseggiare il tè alla Rosa Venexiana; sui suoi divanetti rossi si sono seduti Casanova e Goldoni, Canaletto e Guardi.
Allora, siete pronti per fare un salto alla Biennale?
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