Lavoro a 50 anni : cercarlo e trovarlo
La ricerca di lavoro dopo i 50 anni segue regole diverse: come mantenersi attrattivi per il mercato del lavoro e come raccontarsi
Sebbene la forza lavoro stia invecchiando e stia anche diminuendo a causa del declino demografico, i lavoratori senior che cercano impiego sono poco considerati dalle imprese. E il cammino per loro può essere accidentato.
Tre sono i casi più diffusi di ricerca di lavoro dopo i 50:
- perdita del posto di lavoro prima dell’età pensionabile;
- ricerca di un impiego più consono a tempi ed esigenze di lavoratore o lavoratrice caregiver (part time o flessibile o in remoto);
- ricerca di una attività part time o a consulenza o a progetto per integrare il reddito pensionistico o semplicemente per mantenersi attivi finché le condizioni fisiche e mentali lo consentono senza troppo dispendio di energie.
Casi molto diversi tra loro e molto diverse le priorità che li guidano. Nel primo caso il reddito potrebbe essere ancora il criterio guida, nel secondo e nel terzo la flessibilità dei tempi e delle modalità di lavoro. E anche la soddisfazione.
Auto assessment e narrativa: raccontare la propria esperienza
Qualunque sia il motivo che porta a cercare lavoro o impiego dopo i 50 anni – una differenziazione tutt’altro che peregrina: una cosa è cercare impiego, magari a tempo pieno e indeterminato, altra cosa cercare una collaborazione che ci dia modo di mantenere un reddito parziale – è fondamentale fare un lavoro di valutazione delle proprie competenze/esperienze e dei propri obiettivi. Esistono società specializzate che per una parcella contenuta offrono un servizio di consulenza e affiancamento che prevede la promozione della consapevolezza dei propri equilibri, obiettivi e orizzonti di vita, l’individuazione e la mappatura delle competenze verticali e trasversali, eventuali processi di formalizzazione o aggiornamento delle stesse, riscrittura del proprio CV e della narrativa della propria esperienza.
Che cosa sono le competenze?
Quello che sappiamo fare o che possiamo offrire a un’azienda non è soltanto quanto abbiamo già svolto per un’altra società, ma anche tutto il corollario di competenze che abbiamo sviluppato nel tempo della nostra vita e che qualcuno sarebbe disposto a pagare. A volte sono capacità sviluppate tanto tempo prima o in un contesto non professionale, un talento coltivato ma mai professionalizzato (una lingua imparata bene, un’attività di cura di un parente o di un anziano, la scrittura o una propensione alla vendita o una profonda conoscenza di tecniche yoga piuttosto che di uno sport). Queste competenze “non agite” potrebbero diventare un atout se portate allo stato di consapevolezza, certificate e/o aggiornate. Aver appreso bene una lingua potrebbe diventare professionalizzabile attraverso un TEFL, un diploma che ci abiliti all’insegnamento; saper scrivere potrebbe diventare una professione se calato in un contesto particolare con un corso di perfezionamento in uno degli ambiti specifici: pubblicità, comunicazione, web, giornali e riviste. Lo yoga non si perde mai e, per fortuna, prescinde dall’invecchiamento se mantenuto vivo.
Il primo consiglio utile è rivolgersi a imprese specializzate in outplacement o replacement oppure, se si vuole fare da sé, scrivere una bozza di CV parallelo, di vita vissuta più che professionale, e a fianco di ogni esperienza focalizzare ciò che si è imparato in quel periodo. Valutare quindi le competenze più spendibili sul mercato e verificare se c’è modo di certificarle (con quale percorso/costo/tempo).
I social portano contatti, qualcuno più di altri
Cercare di legarsi a gruppi o ad altri iscritti che lavorino nell’area che ci interessa e leggere i commenti di chi scrive di quel determinato ambiente. Capire cosa cercano le aziende, cosa funziona e cosa no, come sta evolvendo la professione; anche gli stessi annunci di lavoro possono essere fondamentali. Sempre su internet è possibile capire dove sta andando il segmento di mercato che ci interessa perseguire, quali innovazioni l’hanno interessato dal tempo in cui avevamo sviluppato quella data competenza e cosa viene apprezzato di più. Infine riscrivere quindi in proprio CV mettendo in risalto le qualità che si avvicinano di più a ciò che abbiamo visto essere più richiesto.
Ageismo: aziende con pregiudizi sulle età e la comunicazione di noi stessi
La tendenza a considerare superato chi ha compiuto i 50 purtroppo è abbastanza diffusa, anche se sembra che siamo finalmente entrati nell’epoca in cui le aziende che hanno pre-pensionato in grande fretta attraverso scivoli e incentivi per ridurre i costi stanno comprendendo di aver buttato via competenze e conoscenza dell’azienda con l’acqua sporca degli aggiustamenti per la prossima trimestrale. Si sta iniziando a comprendere che in un Paese con una demografia in contrazione e la totale assenza di una strategia di immigrazione, i cui migliori giovani autoctoni espatriano, quelle competenze avrebbe dovuto essere tenute da conto. Se i lavoratori senior costano di più è perché spesso l’esperienza di tanti anni di lavoro, di conoscenza dell’azienda e del mercato, permette di affrontare con occhio clinico le situazioni complesse in cui si trovano oggi le aziende. In ogni modo se un’azienda è ageista si capisce dal tono e dal linguaggio che usa per cercare nuovi talenti: chi cerca “energie fresche” o “nuova linfa” sta dicendo con un giro di parole che non crede nella seniority. Meglio perderla che trovarla.
Quando l’esperienza aiuta a gestire situazioni complesse e il cambiamento
Se l’esperienza è una carta da giocare in termini di capacità di affrontare situazioni complesse – e lo è – giochiamocela bene. Facciamo riferimento a situazioni complesse che ci siamo trovati ad affrontare in esperienze passate e ai risultati che abbiamo ottenuto più che ai numeri: cerchiamo la qualità del cambiamento che abbiamo gestito e mettiamola in luce. Le aziende oggi hanno bisogno di persone che sappiano gestire il cambiamento. Quanti e quali cambiamenti avete gestito nel corso della vostra carriera? Non fissatevi sulla categoria merceologica ma sul tenore di cambiamento che avete agevolato e prodotto.
Se abbiamo mantenuto i rapporti con ex colleghi di quell’azienda per cui siamo stati protagonisti di un cambiamento importante, anche se è successo anni fa, cerchiamo di capire se oggi quell’azienda stia ancora staccando i dividendi di quel cambiamento e decliniamo il valore di quell’esperienza nell’attualità.
LinkedIn è uno strumento di grande utilità anche per capire chi è andato dove
Ex colleghi che potrebbero segnalarci un posto libero o un’evoluzione di una categoria che abbiamo perso per strada nel tempo, oppure amici e conoscenti che ci possono permettere di arrivare a contatti per noi lontani con i quali loro sono invece in rapporto. Oltre alla possibilità di riprendere il contatto con persone del passato, LinkedIn ormai offre anche contenuti e approfondimenti di grande interesse sull’evoluzione di determinati mercati. Ricordiamoci però che è una piattaforma professionale di mutuo scambio: è quindi buona regola la reciprocità. Se avete trovato utile un contenuto ringraziate chi lo ha postato e se nei giorni successivi inciampate in un paper o in un articolo utile per quel determinato gruppo che vi ha offerto il contento utile, postate il link al paper o all’articolo che pensate potrebbero trovare interessante. Ma attenzione, dovete saperne abbastanza di quel tema o di quel mercato per non rischiare di postare cose inutili o superate.
Il modo per usare proficuamente la piattaforma LinkedIn in una ricerca di lavoro è dedicandole un paio d’ore al giorno, come se fosse parte di una routine quotidiana di lavoro. Solo così si possono scoprire i vantaggi che offre.
Lavoro a tempo parziale per integrare il reddito pensionistico e restare attivi
Nei Paesi anglosassoni e del nord-Europa è sempre più diffuso cercare un’attività che consenta, nei tempi e nei modi consoni a un’età più avanzata, di mantenersi attivi e socialmente integrati anche da pensionati, soprattutto nei primi anni in cui siamo ancora in buone condizioni fisiche e abbiamo desiderio di mantenere il nostro ruolo sociale. Sul Guardian di qualche settimana fa c’era un articolo illuminante su una ex maestra di scuola che è andata in pensione appena possibile perché era arrivata a detestare in proprio lavoro a tempo pieno in una scuola. Dopo un primo periodo di eccitazione per tanto tempo libero a disposizione, si è trovata a cercare il modo di restare in attività e, perché no, integrare il proprio reddito pensionistico. Così si è inventata un lavoro di tutor online per i ragazzini che devono studiare e fare i compiti. Diceva che questa esperienza l’ha fatta rinascere: l’impegno a tempo parziale le permette di occuparsi di altre cose della sua vita che prima erano marginalizzate dalla sua routine a tempo pieno e il lavoro di tutor le ha permesso di tornare a fare ciò che le piace e che sa fare, insegnare, eliminando tutta la burocrazia propria di un insegnante di ruolo.
A volte è come stiamo facendo il nostro lavoro che ci usura, le logiche aziendali e di carriera, i meccanismi propri di quella data azienda. Non quello che il nostro ruolo prevede. Ma per immaginare un modo di continuare a fare quello che ci piace, a volte serve un po’ di creatività. Sempre servono coraggio e intraprendenza.
Foto di Aatik Tasneem su Unsplash
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