Dolci di Carnevale, 7 leccornie tutte italiane
Paese che vai, dolce che trovi. Anche a Carnevale. E in molti casi le ricette e le varianti, nei territori più legati alle tradizioni, cambiano di quartiere in quartiere, di casa in casa.
Ma quali sono i più tradizionali e amati d’Italia?
Chiacchiere, frappe, cenci, bugie, lattughe e sfrappole
Sono tra i dolci carnevaleschi più diffusi in tutta Italia, e con piccole varianti prendono il nome di frappe tra Lazio e Umbria, di cenci in Toscana, di bugie in Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria, sfrappole in Emilia Romagna, galani in Veneto, lattughe tra Brescia e Mantova, crostoli in Friuli Venezia Giulia. Un successo, insomma, che si estende dal nord al sud, e non è difficile capirne il motivo. È poco dispendioso, facile da realizzare (soprattutto per chi ha dimestichezza con la cucina) e davvero ghiotto!
Servono solo farina, uova, burro e liquore per l’impasto, che viene tagliato in striscioline e fritto in abbondante olio. E se vi sembra pesante, sappiate che originariamente, nell’antica Roma, le striscioline di pasta venivano fritte nel grasso del maiale!
Un dolce per molti, anzi, per tutti. Da Vergani è disponibile anche la versione vegana (250 grammi, 3,99€).
Tortelli
Piccole palline immerse nell’olio bollente, pronte per essere farcite da crema pasticcera, chantilly o cioccolato, ma anche perfette per essere gustate lisce, rigorosamente completate da zucchero semolato. A Milano quelli della tradizione si chiamavano farsoe, ma si trovano in tutta Italia e, insieme alle chiacchiere, sono i dolci più amati e diffusi a Carnevale. In Valle d’Aosta si usa farcirli con uva sultanina imbevuta nel rum.
Cicerchiata, pignolata e struffoli
Così tipica da essere insignita della denominazione PAT (prodotto agroalimentare tradizionale italiano) per la regione Abruzzo, una magia di irresistibile bontà che “una tira l’altra” come le ciliegie, ma queste sono palline fitte e ricoperte di miele e zuccherini colorati.
Solo farina, uova e zucchero per l’impasto, ma si sa: sono proprio questi gli ingredienti magici della pasticceria tradizionale. Vi sembra di averla vista con qualche altro nome? In Calabria e in Sicilia si chiama pignolata, in Campania sono gli struffoli. E qualcuno la preferisce a Natale.
Is Zippulas
Ovvero le zeppole sarde, frittelle lievitate a base di farina, o semola, impastata con latte, succo di arancia e liquore. L’abilità consiste nel dare all’impasto la giusta consistenza per poi modellarlo, a mano o con l’aiuto di un imbuto, nella sua particolare forma “attorcigliata”. Una sfida solo per i più abili conoscitori delle tradizioni.
Castagnole
Palline grandi come una noce fritte nell’olio bollente, servite con zucchero a velo, o alchermes, o miele. Se ne parla in un manoscritto del 700 a Viterbo, ma la ricetta è estesa a buona parte del centro Italia, con ripieno di panna o di crema pasticcera. Nelle Marche un detto recita “Finito Carnevale/ finito amore/ finito il far la pacchia da signore/ finito il setacciar farina in fiore/finito il mangiare castagnole”.
Tagliatelle fritte
Niente ragù: in occasione del carnevale, l’iconica pasta emiliano-romagnola indossa lo zucchero e si trasforma in uno dei più golosi dolci di questa festa. Farina, uova, zucchero, rum e scorza di limone. Semplici ingredienti ricorrenti nella tradizione dolciaria, pronti per essere fritti e diventare nidi di tagliatelle. Dolci, per questa occasione!
Migliaccio
Una vera e propria torta, a base di semolino e ricotta, diffusa soprattutto a Napoli. Una ricetta mutuata dalla tradizione contadina. Il nome deriva dal miglio, cereale da cui si otteneva la farina, che nel tempo è stato sostituito dal grano. Gli ingredienti base sono gli stessi del ripieno della sfogliatella napoletana, motivo per cui da molti il migliaccio è chiamato sfogliata.
Siamo riusciti anche questa volta a farvi venire l’acquolina in bocca?
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