Chi sono i boomers? Siamo noi
Il termine “boomer” indica la generazione di coloro che sono nati tra il 1945 e il 1965. Erano gli anni del dopoguerra, in cui il paese era distrutto materialmente e psicologicamente, ma gli italiani seppero rimboccarsi le maniche e ricostruire l’Italia.
Da paese prevalentemente agricolo siamo diventati in poco tempo uno stato in cui l’industria crebbe a tal punto, da favorire la ripresa economica ed un benessere inimmaginabile solo pochi anni prima. In seguito al boom economico cominciarono a diffondersi le automobili e gli elettrodomestici. Ma fu soprattutto la televisione, che, dal 1954 incominciò ad entrare nelle case degli italiani, a favorire i consumi di massa.
Stereotipi sui Boomers
Oggi il termine “boomer” viene spesso utilizzato dai giovani in modo ironico e spregiativo, quasi a designare persone fuori dal loro tempo, abituati ad un pensiero binario (bene/male) e non propensi all’ascolto. Più in generale, l’espressione ha finito per alludere ad una generazione di persone privilegiate, responsabili dell’ impoverimento delle risorse e persino dell’ inquinamento ambientale.
Non si tratta solo di un normale scontro generazionale, ma di una visione stereotipata dei boomers, che va assolutamente rivista con spirito critico. Deriva, infatti, da generalizzazioni superficiali più che dai fatti.
Oltretutto affrontare in modo semplicistico e ridurre fenomeni complessi, come le diseguaglianze economiche e la crisi climatica, a semplice scontro generazionale può generare conclusioni generiche ed estremamente pericolose. Significa infatti eludere e non voler affrontare in modo responsabile questioni enormi che hanno cause ben più complesse.
Cosa abbiamo fatto noi Boomers
Allora chi sono i boomers? Siamo noi, nati negli anni del miracolo economico, ma cresciuti negli anni ’60 e ’70, in un periodo di malcontenti ed anche di battaglie.
Siamo noi che nei comitati e nei cortei abbiamo protestato contro la guerra in Vietnam, noi che con la rivoluzione del ’68, tra discussioni, collettivi, assemblee e manifestazioni abbiamo contestato il sistema e l’autoritarismo allora imperante in famiglia, nella scuola, nelle fabbriche, nella società, nella Chiesa. Era un mondo di autorità assolute!
Ci siamo mobilitati per un cambiamento radicale nei comportamenti, nei costumi, nei rapporti sociali e interpersonali, in quelli tra padri e figli, tra insegnati e studenti. All’Università abbiamo chiesto di poter scegliere i percorsi didattici da seguire perché stanchi delle regole e dei programmi che l’istituzione stabiliva senza spiegazioni e senza nessun dialogo con noi studenti. Siamo noi che ci siamo battuti per il pre-salario e per il diritto allo studio per tutti. Si stava realizzando, così, il sogno di una scuola pubblica, aperta a tutti, che, attraverso la cultura, poteva permettere la mobilità sociale ed il riscatto delle classi sociali più svantaggiate. Anche il figlio dell’operaio aveva, quindi, la possibilità di diventare avvocato, piuttosto che medico.
Abbiamo combattuto, perciò, per l’uguaglianza, la libertà, la partecipazione. Abbiamo manifestato anche accanto ai lavoratori per il miglioramento della qualità del lavoro, per l’introduzione di maggiori tutele e per l’aumento dei salari.
E’ grazie a noi se oggi si parla di parità di genere. Allora e non mi riferisco al medioevo, ma solo a circa cinquant’anni fa, era raro che una donna parlasse in pubblico. Una delle più grandi vittorie che nel ’68 abbiamo ottenuto è stata appunto la liberazione dei costumi. Le donne hanno incominciato a prendere la parola nelle assemblee e ad entrare nel mondo del lavoro. Insieme alla liberazione sessuale ed all’introduzione del divorzio sono state indubbiamente due grandi vittorie nella nostra lotta contro un mondo terribilmente maschilista.
Per capire come fossero quei tempi, non lontani, basti pensare che vigeva ancora il delitto d’onore ed il matrimonio riparatore, previsti dal Codice Rocco del periodo fascista e che per il codice civile il marito aveva un ruolo predominante rispetto alla moglie. Fu il nuovo diritto di famiglia del maggio 1975 a riconoscere alla donna pari dignità con l’uomo.
Come eravamo
Eravamo felici, consapevoli di vivere una grande transizione storica e di partecipare ad una rivoluzione culturale che ha migliorato il nostro paese. In particolare noi donne abbiamo fatto della minigonna, che indossavamo con estrema disinvoltura contro un falso ed ottuso moralismo e perbenismo, il nostro simbolo di libertà.
Come generazione del cambiamento, abbiamo imparato presto a darci da fare. Rispetto all’attuale generazione per cui il futuro è incerto e povero di opportunità, noi eravamo ottimisti, perché abbiamo avuto la fortuna di vivere in un’epoca in cui tutto sembrava possibile. Erano tra l’altro gli anni della sfida tra gli Stati Uniti d’America e l’Unione Sovietica nella travolgente corsa nello spazio. Il 20 luglio 1969 eravamo tutti incollati allo schermo della tv per assistere a un evento eccezionale che ha cambiato la percezione del nostro posto nell’universo. Per la prima volta nella storia un essere umano, Neil Armstrong, ha lasciato la terra ed ha poggiato il suo piede su un corpo celeste, sulla luna. Due anni prima, nel 1967, eravamo stati sbalorditi da un altro straordinario evento: uno sconosciuto cardiochirurgo sudafricano, Christian Barnard, aveva effettuato il primo trapianto di cuore.
Cresciuti in un periodo di grande competizione economica, eravamo ambiziosi, impegnati, stacanovisti e determinati a costruirci un futuro migliore rispetto a quello dei nostri genitori. Siamo stati abituati a considerare l’ avanzamento di carriera ed il riconoscimento professionale come indice della realizzazione personale. Era ciò che allora contava di più. Purtroppo non si parlava di soddisfazione personale o di cercare un equilibrio tra lavoro e vita privata. La retorica del successo ha impregnato così a fondo la società, da farci rimuovere l’idea di fallimento e delle altre esperienze negative, che pur sono necessarie alla crescita personale. Ecco, è questo tipo di educazione a gestire le emozioni negative che è mancata alla nostra generazione! Ci siamo trovati, perciò, spiazzati e costretti ad affrontarle senza avere, però, gli strumenti adeguati.
I boomers oggi
Noi boomers stiamo andando progressivamente in pensione e rappresentiamo oggi la generazione più numerosa. Spaventata soltanto dal nostro peso sulla spesa pubblica, la società, però, non è si ancora resa conto del nostro patrimonio di competenze e di esperienza e come questo bagaglio possa essere valorizzato nell’interesse dell’intera collettività.
Noi boomers che, negli anni sessanta e settanta, abbiamo avuto una grande influenza sulla società, oggi, da anziani, stiamo progressivamente cambiando i modelli tipici dell’invecchiamento sia dal punto di vista della salute, che sul piano sociale e culturale.
Siamo infatti la prima generazione che è attenta alla salute ed alla forma fisica. Rispetto ai nostri coetanei di qualche decennio fa siamo molto più giovanili, desiderosi di nuove esperienze e non disdegniamo neanche le tecnologie. Anche in pensione noi boomers abbiamo ancora una vita impegnata, ci piace viaggiare, coltivare degli hobby, avere buone relazioni sociali e siamo attivi nel sociale, oltre a supplire in famiglia alle carenze di un welfare praticamente inesistente.
Tra l’altro in generale la nostra generazione è quella che ha il più alto potere d’acquisto. Le persone di età superiore ai 50 anni, infatti, contribuiscono allo sviluppo dell’economia come lavoratori, consumatori, volontari e mentori. Purtroppo l’impatto di questa popolazione, cosiddetta “silver”, all’interno dell’economia nazionale è ancora ampiamente sottovalutato. Eppure i dati, diffusi dal Center for Sustainable Economies and Innovation e riportati dal Sole 24 Ore , confermano che, alla fine dell’anno scorso, “gli ultra cinquantenni rappresentano la metà della spesa globale in termini di consumi ed entro il 2050 questa cifra raggiungerà quasi il 60%”.
Vuoi commentare l’articolo? Iscriviti alla community e partecipa alla discussione.
Cocooners è una community che aggrega persone appassionate, piene di interessi e gratitudine nei confronti della vita, per offrire loro esperienze di socialità e risorse per vivere al meglio.