Come invecchiare bene
L’invecchiare è un processo naturale, graduale e continuo, causato da una serie di meccanismi, che comportano il declino di molte funzioni. Benché sia stato fissato l’inizio della vecchiaia a 65 anni, questa età è solamente convenzionale. Non si può infatti dire quando si incomincia ad essere vecchi, in quanto entra in gioco una molteplicità di fattori, come per esempio l’età cronologica, quella biologica, quella psicologica, oltre agli aspetti culturali e sociali.
Lo scopo di questo articolo, però, non è quello di trasmettere il solito elenco di ciò che si deve fare o non fare per invecchiare bene, in quanto, al di là di alcune regole di buon senso che giovano a tutti, indipendentemente dall’età, il modo di invecchiare è del tutto soggettivo. Per esempio c’è chi sta bene mantenendo una vita sociale attiva, c’è chi invece è a suo agio privilegiando attività o interessi in solitudine. La cosa importante è seguire la propria inclinazione personale.
Cosa ci impedisce di invecchiare bene?
Ciò che invece mi preme sottolineare è il fatto che l’invecchiare bene dipende essenzialmente da come consideriamo questa fase della vita. E’ questo il punto dolens!
Pur essendo un fenomeno naturale, l’invecchiamento fa paura: può subentrare il timore di cambiare in peggio fisicamente e psicologicamente, di perdere le prestazioni fisiche e le abilità cognitive oppure di perdere il ruolo sociale o il prestigio derivante dal lavoro o di perdere la propria autonomia e di dover dipendere dagli altri.
Ma attenzione, bisogna distinguere il fisiologico timore di invecchiare, che tutti possiamo sperimentare a qualsiasi età, anche se ovviamente è più frequente dopo gli anta, da quello patologico che può compromettere gravemente la qualità della vita. In questo caso la paura di invecchiare è il sintomo di un disagio più profondo. Può presentarsi per esempio nel perfezionista patologico o nel soggetto ansioso ed apprensivo che teme di rimanere solo e senza risorse o di perdere il controllo sulla sua vita e di non poter scongiurare l’imprevisto.
Quanto influisce la cultura sociale su queste paure?
Indubbiamente la paura dell’invecchiamento è alimentate pesantemente dalla cultura e dalla società in cui viviamo. Oggi ci vengono proposti continuamente dei modelli che inneggiano all’eterna giovinezza, alla perfezione estetica, all’efficienza ed alla produttività, come unici obiettivi per una vita gratificante. Questi, però, sono modelli pericolosi, non solo perché influenzano la nostra vita ed il modo di percepirci, facendoci sentire sempre inadeguati, ma soprattutto perché sono estranei alla normalità e spingono ad associare la vecchiaia ad un’accezione esclusivamente negativa.
La realtà, invece, è ben diversa e spesso è migliore di quanto la si immagini. Da una ricerca del Censis emerge, infatti, che “la longevità è oggi un valore per chi la vive al punto che ben l’87,6% degli anziani si dichiara soddisfatto della propria vita”.
La vecchiaia infatti è un periodo della vita dove non ci sono solo perdite, ma c’è anche l’altra faccia della medaglia, fatta, per esempio, di migliori capacità di critica e di discernimento e di maggior conoscenza e consapevolezza di sé e della vita.
Se il tempo si accorcia, c’è comunque sempre un futuro e ci sono sempre delle opportunità. Non dimentichiamo poi che abbiamo una riserva cognitiva e le risorse personali, affettive e sociali per compensare le perdite e le conseguenze fisiologiche causate dal passare del tempo. Contrariamente a quanto erroneamente si pensava in passato, inoltre, gli odierni studi scientifici hanno dimostrato che il nostro cervello ha la capacità di riorganizzarsi, in modo da adattarsi alle mutate circostanze della vita. Grazie alla sua plasticità, i circuiti cerebrali conservano, infatti, la loro funzionalità durante tutto l’arco della vita.
Come affrontare l’invecchiamento
Mi sembra invece che la biologia, la fisiologia geriatrica e la stessa gerontologia, puntino a ritardare l’invecchiamento, quasi a voler “sconfiggere” la vecchiaia, invece di incoraggiare chi invecchia ad avanzare lungo la linea evolutiva della vita.
Ritengo, perciò, sbagliato un approccio anti aging (che letteralmente significa contro l’invecchiamento), come se non si volesse accettare il tempo che passa. Per invecchiare bene, invece, dobbiamo abbracciare la filosofia opposta, cioè pro aging. Un tale approccio infatti punta all’accettazione di sé a tutte le età e ad avere la consapevolezza dei cambiamenti che il tempo inevitabilmente comporta.
Anche se l’aspettativa di vita negli ultimi anni è notevolmente aumentata, la struttura biologica infatti non è cambiata: la menopausa, per esempio, arriva sempre intorno ai 50 anni, a questa età non solo per le donne, ma anche per gli uomini, come sempre, il metabolismo comincia a rallentare, il nostro corpo inizia fisiologicamente a perdere la massa muscolare, immancabilmente i tessuti si atrofizzano e gli organi diminuiscono la loro funzionalità, aumenta la pressione, diminuiscono le difese immunitarie.
La vecchiaia, come qualsiasi altra fase della vita, comporta, quindi, dei cambiamenti fisiologici che non si possono arrestare. Prima abbiamo la consapevolezza che non siamo più quelli di qualche anno fa, prima potremo liberarci dell’ immagine di come eravamo, che ci fa rischiare soltanto di vivere con frustrazione e di affrontare con grande preoccupazione e delusione ogni nostra défaillance.
Abbracciare consapevolmente l’invecchiamento
Se i cambiamenti sono una realtà con cui dobbiamo fare i conti, dipende da noi, però, non subirli passivamente, ma accettarli ed adattarci attivamente alle nuove situazioni. L’invecchiamento infatti va vissuto come un processo evolutivo di adattamento continuo. E’ questo, quindi, il presupposto essenziale per poter invecchiare bene.
Solo così possiamo accettare i limiti imposti dai cambiamenti fisici, dalle perdite e dalle malattie. Noi non siamo gli stessi di prima ed a buon ragione non lo siamo dopo gli anta. Pánta rheî, tutto scorre, sosteneva Eraclito: “nessun uomo entra mai due volte nello stesso fiume, perché il fiume non è mai lo stesso, ed egli non è lo stesso uomo”.
“D’altronde quale età della vita è maggiormente in grado di accogliere la categoria del cambiamento come dimensione connotativamente esistenziale, se non la vecchiaia? Chi più dell’uomo (e della donna) che invecchia sperimenta, giorno dopo giorno, nuove e imprevedibili trasformazioni a livello fisico, psichico, emotivo, sociale, sottoponendo a revisione le sue condizioni di vita e le sue relazioni?” (Manuela Ladogana, Il tempo scelto, 2020).
E’ proprio questa disposizione a crescere nel cambiamento che rende l’anziano capace di aprirsi ad un periodo della vita diverso, ma ricco di “possibilità sconosciute,… da progettare, da costruire e da scegliere”. Ad ogni età, infatti, si può scegliere di abbandonarsi agli eventi o di vivere pienamente qualunque momento della vita. Non dimentichiamo l’insegnamento del grande fisico Albert Einstein: “non pretendiamo che le cose cambino se continuiamo a fare le stesse cose”. La nostra intelligenza si misura proprio nella capacità di cambiare, quando il cambiamento è necessario.
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