La solitudine a 50 anni
A 50 anni può capitare di ritrovarsi soli. E’ un’esperienza diffusa nella società contemporanea, ma a questa età può diventare più complicata.
Il principale errore che viene comunemente commesso è quello di vincolare la propria felicità ad una persona o ad un evento. Eppure la solitudine non dipende solo dalle circostanze esterne, ma anche dalle nostre risorse interiori. Capita spesso, che, ad esempio, dopo una separazione, sia proprio la tendenza a rimuginare sull’ evento che tiene legati ad una condizione di solitudine ed impedisce di aprirsi al cambiamento ed a nuove e magari più soddisfacenti opportunità.
Ho 50 anni e sono sola
L’essere sola a 50 anni può dipendere da vari motivi: dalla morte di un genitore, dalla separazione dal partner, dall’ improvvisa perdita del posto di lavoro, dal ritrovarsi senza i fidati amici di un tempo o magari dal ritrovarsi senza una propria famiglia.
La solitudine presenta aspetti contraddittori e non sempre è negativa. Quando la solitudine è ricercata oppure quando si accetta in modo consapevole un cambiamento, allora diventa una fase proficua che offre la possibilità di ritrovare se stessi, di riflettere, di recuperare le energie ed anche di aprirsi ad una nuova vita.
Quando invece l’essere soli è una situazione subita e/o viene vissuta come abbandono e come uno stato di definitivo isolamento può essere fonte di sofferenza e può diventare un fattore di rischio per la salute.
Essere soli e sentirsi soli
In psicologia si distingue l’essere soli, che è una condizione fisica-oggettiva, dal sentirsi soli, che è invece è una percezione soggettiva, è la cosiddetta “solitudine emotiva”. E’ una sensazione di vuoto e di distacco dal mondo che si avverte anche quando si è con il partner o in compagnia di altre persone. E’ proprio la solitudine emotiva che genera maggior dolore ed un malessere diffuso.
E’ bene sapere, però, che in ogni caso è possibile uscire da questa sofferenza.
Quando la solitudine è oggettiva e forzata si deve imparare a gestirla, cercando di spostare l’attenzione sugli aspetti positivi (maggior libertà, possibilità di riprendere i propri obbiettivi, di fare nuove conoscenze, ecc.), per aprirsi a nuove opportunità.
Nel caso della solitudine emotiva o percepita il primo passo verso il cambiamento è la consapevolezza. Si deve capire quali eventi scatenino il senso di solitudine, quali siano le proprie convinzioni e pensieri. Magari possiamo scoprire di essere vittime di cognizioni negative su noi stesse (per esempio “non sono all’altezza”, “non ce la posso fare”), per cui ci sentiamo in colpa, inadeguate, incapaci di affrontare le avversità della vita.
Rielaborare la propria storia è importante per capire l’origine di quelle convinzioni e per correggerle. Se non si riuscisse da sole e/o se queste sensazioni fossero intense ed invalidanti, però, è meglio rivolgersi ad un terapeuta.
La solitudine per la perdita di un genitore
A 50 anni può capitare di perdere un genitore. Anche se si è affrancati sia psicologicamente che materialmente da lui/lei, la sua perdita genera di solito una solitudine mai provata, che non può essere colmata neppure dalla presenza del partner, dei figli, degli amici.
Viene meno infatti non solo una presenza importante e rassicurante, ma anche una parte di noi e della nostra storia: vengono meno parole, carezze, gesti ed anche quei consigli, a volte mal sopportati.
Il senso di vuoto affettivo viene poi esacerbato, magari per la prima volta, dal confronto diretto con la morte che si fa sentire in modo ravvicinato e concreto.
Non si è mai pronti ad affrontarla, soprattutto se colpisce una madre o un padre. E’ uno dei grandi dolori della vita che non si può superare del tutto. Spesso l’unico rimedio è solo il tempo, che consente l’elaborazione del lutto.
La solitudine causata da una separazione
La situazione forse più complessa, oltre che la più diffusa, è quella in cui la solitudine è causata dalle separazioni e dai divorzi. Il loro numero infatti non è mai stato così alto come in questo momento: oggi in Italia ogni 100 matrimoni vi sono 48 divorzi, cioè ben 1 su 2.
Se è relativamente facile rifarsi una vita in giovane età, ad una donna di 50 può sembrare quasi impossibile.
Certamente a 50 anni la separazione, soprattutto se imposta, è più complessa, perché avviene in una fase delicata della vita dal punto di vista emotivo e dal punto di vista fisico. Non dimentichiamo, infatti, che, soprattutto per la donna, il corpo cambia a causa della menopausa, il metabolismo comincia a rallentare e gli sbalzi di umore diventano più frequenti.
Ritrovarsi single a 50 anni, dopo tanti anni passati insieme a pianificare un’intera esistenza, può risultare perciò più doloroso e può essere un evento veramente traumatico.
Incredulità, speranza di una riconciliazione, delusione, sensi di colpa, frustrazione, rabbia, sconforto sono gli stati d’animo che, a momenti alterni, vive la maggior parte delle persone. Anche se le reazioni sono soggettive, una separazione comunque suscita sempre sensazioni di perdita e di grande sconfitta interiore e personale.
Pesano i dispiaceri, il venir meno delle sicurezze e delle abitudini consolidate e pesa la difficoltà a dover riorganizzare la propria esistenza senza l’altra persona.
Talvolta l’interruzione di un rapporto, su cui si è investito molto, e non solo sul piano affettivo, può avere anche ripercussioni sulla propria identità: “non sono più quella di prima“, “non ho capito niente”, “non avrò più un futuro”. Questi pensieri possono generare problemi psicologici, come la depressione. Se questa fase dura troppo a lungo o se i sintomi si intensificano e condizionano pesantemente la vita quotidiana, è opportuno rivolgersi allo specialista.
Come superare una separazione
Se dopo una separazione è necessario concedersi del tempo, per metabolizzare quanto è accaduto, è anche importante, però, evitare che il periodo negativo si cronicizzi e che paralizzi ogni aspetto della vita.
Spesso sono proprio le emozioni negative ad impedire di andare avanti. Il negarle o il rimuoverle ostacolerà il percorso interiore di elaborazione, che provocherà ulteriore sofferenza e anche delle somatizzazioni. E’ necessario allora ascoltare le proprie emozioni, per esprimerle ed anche sfogarsi.
Ma è anche importante capire quando l’inevitabile focalizzarsi sul passato, per individuarne gli errori, non sia più utile, anzi rischi di diventare una trappola mentale.
A volte ciò che tormenta di più non è tanto la perdita “dell’altro”, quanto appunto l’incapacità di smettere di rimuginare, di perdonarsi o di perdonare e di accettare il senso di perdita.
Ecco, la parola chiave è proprio questa: accettare.
Accettazione
Accettare vuol dire riconoscere la realtà dei fatti e prendere coscienza che una determinata situazione sia definitivamente pregiudicata. E’ soltanto l’accettarla infatti che permette di andare oltre e di riaprirsi alla vita.
L’accettazione non è rassegnazione, in quanto quest’ultima comporta impotenza e quindi inevitabilmente la resa, l’accettazione invece non implica un atteggiamento passivo, ma attivo, in quanto consiste nel prendere atto di una realtà e muoversi di conseguenza.
Nel caso specifico vuol dire guardare la separazione da un’altra prospettiva, cioè non come una fine, ma come una opportunità di cambiamento, che, se gestita in modo costruttivo, può far rinascere a una nuova vita.
Imparare a vivere di nuovo sola
Dopo una rottura la vita richiede degli adattamenti. Il primo è indubbiamente imparare a vivere di nuovo da sola. Convivere con la solitudine è allo stesso tempo convivere con se stessa, per cui l’essere sola dà la possibilità di conoscersi, di capire le proprie paure e lavorare su di esse.
La cosa peggiore è pensare che arrivate a 50 anni non ci sia più niente di buono da aspettarsi, per cui subentra la paura di rimanere sole per sempre.
Niente di più sbagliato! Non c’è nessun presupposto dal punto di vista fisico e psicologico che impedisca ad una 50enne di riprendere in mano la propria esistenza. Attualmente in Italia la speranza di vita si aggira infatti per gli uomini a 80,1, mentre per le donne a 84,7 anni, perciò a 50 anni si ha ancora la possibilità di rimettersi in gioco.
Per molte donne infatti questo momento coincide con la conquista di una nuova libertà e con la riappropriazione dell’essere donna e non solo moglie o compagna di qualcuno. La sofferenza si trasforma quindi in una nuova consapevolezza: quel vuoto, lasciato dalla fine di un rapporto, deve essere riempito dall’amore per sé, iniziando a prendersi cura della propria salute fisica e mentale.
Prendersi cura di sé
Non è da trascurare l’ elevato livello di stress che una separazione procura al corpo ed alla mente, soprattutto se perdura nel tempo. In questo caso è opportuno ricorrere ad alcuni accorgimenti:
- mantenere una dieta equilibrata
- praticare attività fisica che permette di ridurre stati d’ansia e di stress e libera le endorfine
- curare l’insonnia, uno dei primi processi fisiologici che può alterarsi in momenti di tensione
- praticare la meditazione
- appoggiarsi alle persone care
- distrarsi e dedicarsi ad attività piacevoli
- apportare piccoli mutamenti nel quotidiano: cambiare posti, abitudini di vita, esplorare nuovi hobby, anche per allargare la cerchia delle conoscenze
- chi ha figli deve mantenere il proprio ruolo genitoriale senza lasciarsi condizionare dai sentimenti negativi che si provano nei confronti del partner.
Superare una separazione è comunque un processo articolato che implica di volta in volta un “aggiustamento” ed un’integrazione di ciò che rimane del passato con i nuovi aspetti della vita, per arrivare finalmente ad una fase in cui si comincia una vera ricostruzione di sé.
Iniziare una nuova relazione
Iniziare una nuova relazione nella “mezza età” , dopo una separazione, potrebbe essere gratificante, perché
- si ha una migliore conoscenza di sé
- si è consapevoli degli aspetti positivi e di quelli negativi di un rapporto
- entrambi i partner si sentono più maturi e sanno cosa vogliono o non vogliano l’uno dall’altra
- la sessualità viene vissuta più liberamente e con maggiore serenità.
E’ necessario, però, aver prima maturato l’idea della separazione non come una fine, ma come l’inizio di una nuova vita ed aver raggiunto un equilibrio emotivo. Altrimenti la paura di incorrere in un altro fallimento potrebbe impedire di aprirsi ad un nuovo amore oppure, al contrario, la paura di rimanere sole potrebbe spingere a capofitto in una nuova relazione. Ed in entrambi i casi non si ottiene nulla di positivo.
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