A che punto siamo con la riforma delle pensioni?
In seguito alle numerose modifiche inerenti alla Legge di Bilancio 2022, prosegue il tavolo di discussione tra Governo e sindacati in riferimento alla riforma pensioni. I presupposti per realizzarla entro il 2022, teoricamente, ci sarebbero tutti, visto che da mesi, oramai, le varie proposte convergono nell’affrontare con un approccio sistematico la problematica della flessibilità dei tempi di uscita. Inoltre, è da tempo che si discute di rafforzare in maniera considerevole il sistema di previdenza integrativa e di prospettive di tutela previdenziale per i più giovani.
La fine della sperimentazione della Quota 100 e la proroga delle agevolazioni in scadenza sono state solamente alcune delle problematiche maggiormente trattate dalla recente Legge di Bilancio.
La Direttiva n.28 del 2022 ha reso noto quali sono le principali strategie e gli obiettivi operativi che il Ministero del Lavoro è tenuto a realizzare: il sistema previdenziale, pertanto, dovrà confermarsi flessibile ed equo nell’uscita dal mercato del lavoro.
Riforma pensioni: quali sono le proposte emerse fino a questo momento?
Sono in molti che si domandano “A che età posso andare in pensione?”. Per fugare ogni dubbio, è bene tenere conto sia delle ultime proposte di riforma pensioni, a cui i mezzi di comunicazione hanno comunque dato il giusto risalto, sia delle potenziali intenzioni dell’attuale Governo, messe in evidenza nell’apposito documento del Ministero del Lavoro.
Riforma pensioni: cosa propone la Corte dei Conti?
Nel tradizionale rapporto annuale dedicato al coordinamento della finanza pubblica, i magistrati della Corte dei Conti avevano sottolineato il rischio che nei prossimi due anni la spesa previdenziale potesse costituire una vera e propria criticità per i conti pubblici. La loro proposta, di fatto, mirava a favorire gradualmente l’uscita anticipata sulla stessa età per ciò che concerne i lavoratori in regime contributivo puro e in regime retributivo.
Alla base, la proposta della Corte dei Conti intende garantire a ogni lavoratore l’opportunità di pensionamento anticipato, a oggi già prevista per i lavoratori in regime contributivo puro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996, a 64 anni, con almeno 20 anni di versamenti e con trattamento di importo corrispondente a 2,8 l’assegno sociale del valore di 468,10 euro al mese.
Sulla base di quanto riportato dalla Corte dei Conti, agire in questo modo non comporterebbe costi eccessivi. Si tratterebbe di un vantaggio tutt’altro che di poco conto, specie se si considera che l’età media della popolazione italiana cresce di anno in anno e che le prestazioni previdenziali da erogare in futuro sono inevitabilmente destinate ad aumentare.
Per quanto riguarda la componente retributiva dei trattamenti, la Corte dei Conti suggerisce di preservare gli elementi di gradualità sulle pensioni, affinché non ci si imbatta in problematiche di equità di trattamento fra assicurati con livelli di anzianità analoghi.
Riforma pensioni: cosa emerge dal lavoro della Commissione tecnica?
In tema di riforma pensioni, già nel 2021 il Governo si era mosso in maniera tempestiva, predisponendo un tavolo tecnico di esperti e una Commissione tecnica di studio dedicata ai lavori gravosi. A presiederla, l’ex Ministro del Lavoro del Secondo Governo Prodi, Cesare Damiano.
Cosa si è evinto da quest’ultima? Sostanzialmente, è stata stilata una lista delle mansioni usuranti e particolarmente gravose, tenendo conto deli infortuni e delle malattie professionali maggiori rispetto alla media.
Nella Legge di Bilancio, di fatto, c’è spazio per alcune misure, come il passaggio da Quota 100 a Quota 102, ossia 64 anni di età e 38 di contributi per un solo anno e poi vi sarà il conseguente ritorno alla Legge Fornero. Altra misura degna di nota è l’istituzione di un fondo di 550 milioni di euro per anticipi pensionistici nelle piccole e medie imprese in crisi.
Interessante, poi, la proroga di Opzione Donna, indirizzata alle lavoratrici dipendenti ed autonome con una conferma dei requisiti di età pari a 58 o a 59 anni. Infine, merita attenzione la proroga dell’APE Sociale: si allarga, di fatto, la lista degli ammessi tra i lavoratori con mansioni gravose e il conseguente abbassamento del requisito contributivo necessario, valevole per i lavoratori nel comparto ceramico e nel settore edile.
Da notare poi l’ampliamento del Contratto di Espansione: dell’anticipo pensionistico potranno beneficiarne i lavoratori a cui manchino massimo 5 anni alla pensione. Se prima potevano usufruirne solamente le aziende sopra i 100 dipendenti, adesso anche le imprese sopra i 50 dipendenti potranno servirsene. Per tutte queste misure, la spesa complessiva ammonta a 1.500 milioni di euro.
Riforma pensioni: quali sono le linee guida proposte dal Ministero del Lavoro?
L’obiettivo di fondo verterà attorno a un intervento importante sul sistema pensionistico: la strada su cui si proseguirà sarà quella del dialogo e del confronto con le parti sociali, affinché il sistema che verrà fuori risulti il più equo possibile. Inoltre, la flessibilità nell’uscita dal mercato del lavoro viene vista come un punto indispensabile della riforma pensioni.
Tra le linee guida proposte dal Ministero del Lavoro, di fatto, si distinguono:
– il monitoraggio della sostenibilità finanziaria dell’intero sistema previdenziale;
– l’accurato controllo sulla corretta applicazione delle norme in vigore in ambito internazionale;
– la precisa valutazione delle potenziali forme di flessibilità in uscita dal mondo del lavoro. Di base, dovranno necessariamente risultare pienamente compatibili con la sostenibilità dell’odierno sistema previdenziale;
– l’intervento mirato a sviluppare la previdenza complementare;
– il supporto alla rinnovata governance, che ha per protagonisti gli istituti previdenziali privati;
– il riassetto delle strutture organizzative degli enti pubblici previdenziali;
– il sostegno a favore di forme pensionistiche che mirino a rafforzare le politiche previdenziali, senza però che incidano negativamente sulla situazione finanziaria del sistema previdenziale obbligatorio.
Non è passata inosservata la presenza esplicita di tutele previdenziali per i giovani. I sindacati avevano richiesto la cosiddetta pensione di garanzia, ma a quanto pare non sono stati accontentati.
La proposta unita dei sindacati
Da diverso tempo a questa parte, CGIL, CISL e UIL chiedono di pensare a una riforma del sistema pensionistico. Il testo prevede flessibilità nell’accesso alla pensione. Andare in pensione a 60 anni di età oppure con 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età rappresentano i capisaldi dei sindacati che mirano anche a ridurre i vincoli del sistema contributivo, visto che gli importi minimi del trattamento, corrispondenti a 1,5 e a 2,8 l’assegno sociale, non fanno altro che penalizzare i redditi più bassi.
Sempre i sindacati sostengono che le categorie più deboli, vale a dire lavoratori che hanno svolto professioni gravose e usuranti, i disoccupati, le donne e gli invalidi dovrebbero avere condizioni più favorevoli.
In particolar modo, CGIL, CISL e UIL vorrebbero che rientrassero tra i lavori gravosi e usuranti anche le professioni con esposizioni a materiali nocivi. Lo stesso dicasi per coloro che hanno una malattia professionale riconosciute dall’INAIL e per coloro che hanno malattie che impattano sull’attesa di vita.
Infine, i mezzi di comunicazione dovrebbero favorire un sistema pensionistico basato sulla previdenza complementare.
La proposta dell’INPS
Tra i primi a proporre la pensione anticipata era stato Pasquale Tridico, il presidente dell’INPS: andare in pensione a 62 anni con almeno 20 anni di versamenti è un’opzione percorribile con l’assegno parziale, inerente alla parte di pensione maturata con il metodo contributivo. L’erogazione della parte retributiva verrebbe spostata a 67 anni, soglia necessaria per effettuare l’accesso alla cosiddetta pensione di vecchiaia.
Riforma pensioni: i dati INPS
Per capire a che punto siamo con la riforma pensioni, è imprescindibile citare alcuni dati. Iniziando con quelli dell’INPS, viene fuori che a oggi si contano grosso modo 16 milioni di pensionati: 8,3 milioni sono donne e 7,7 milioni sono uomini. Le prestazioni previdenziali costituiscono l’81%, mentre quelle assistenziali rappresentano il 19%.
Le pensioni di anzianità e quelle anticipate rappresentano la principale categoria con una percentuale pari al 30,9%. Seguono poi con il 24,5% le pensioni di vecchiaia, con il 20,5% le pensioni ai superstiti, con il 15,3% le pensioni ali invalidi civili. Se le prestazioni di invalidità previdenziale rappresentano il 5%, gli assegni sociali costituiscono il 3,9%.
Dai dati INPS viene fuori che il rapporto che intercorre fra il numero di pensionati e degli occupati, in Italia si mantiene su un livello che risulta complessivamente fra i più alti dell’Unione Europea.
Riforma pensioni: il rapporto OCSE
Il rapporto OCSE sull’Italia mette in evidenza come la spesa previdenziale in Italia sia destinata ulteriormente a salire. Nel 2019, ad esempio, rappresentava poco meno del 14% rispetto al PIL. Negli altri Paesi OCSE, la media non andava oltre l’8,5%.
Alla base di questo rapporto viene fuori la necessità di riformare tassativamente la politica fiscale e la spesa pubblica nel nostro Paese. Integrare il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sembra essere la necessaria contromisura, perché allo stato attuale delle cose le spese correlate alle pensioni tolgono spazio agli investimenti nelle infrastrutture, nella formazione e nell’istruzione. A essere penalizzate sono le giovani generazioni, come si evince dall’aumento della disoccupazione. Molti di loro, infatti, sono a rischio povertà.
Il rapporto OCSE, inoltre, chiedeva la fine della Quota 100 e dell’Opzione Donna e di procedere al ripristino immediato dell’aggancio dei requisiti previdenziali alla speranza di vita. Proprio come stabiliva la tanto discussa Legge Fornero, bloccata dalle regole del Conte-1, sino al 2026.
Andare in pensione a 57 anni
A oggi, andare in pensione a 57 anni è possibile, anche se visto l’andazzo è probabile che la cosa non duri ancora a lungo. Al momento, basti sapere che l’importo minimo di pensione previsto non deve risultare inferiore a quello dell’assegno sociale, vale a dire 468,10 euro, a cui occorre aggiungere una maggiorazione di 20 punti percentuali. Quindi, come minimo 561,72 euro al mese. Per ambire a questo importo a 57 anni, il montante contributivo deve essere uguale o maggiore di 174.000 euro.
Vuoi commentare l’articolo? Iscriviti alla community e partecipa alla discussione.
Cocooners è una community che aggrega persone appassionate, piene di interessi e gratitudine nei confronti della vita, per offrire loro esperienze di socialità e risorse per vivere al meglio.