Mick Jagger, il mito che non invecchia mai
Nel post Elvis The Pelvis, nell’epoca della creazione dello stardom legato all’allora fresca leggenda del pop rock e dei suoi idoli, per i quali piangere, urlare, andare in iperventilazione e poi svenire anche volentieri, Mick Jagger, 79 anni il 26 luglio, ha rappresentato un modello raggiungibile, di
facile identificazione: connotati da birbante simpatico, sguardo e smorfie via via sempre più maliziose, viziose, diaboliche, vocalità lontana da educazione e virtuosismi, eppure unica e cangiante nel trascorrere delle stagioni e delle emozioni, una fisicità minuta, quasi fragile, che
invita alla protezione, ma è pronta a trasformarsi in una scossa elettrica.
Uno di noi, avranno inconsciamente pensato i giovani degli anni 60. Michael Philip Jagger, così lontano, a rischio sorpasso da parte di Jim Morrison, pantaloni in pelle, camicia jeans, occhiali da sole, un vero e
proprio modello ante litteram, o di Robert Plant, il tuono vichingo proveniente dai cieli tempestosi dello Zeppelin. Invece, Mick – bocca a canotto – Jagger è rimasto un uomo solo al comando e, a questo punto, il traguardo da tagliare in solitaria è assicurato. Con ancora le immagini di questo giovane anziano che prende per mano 60mila persone, tra appassionati e curiosi, accorsi a Milano, in quel di San Siro, una delle tante date dell’ennesimo tour dei Rolling Stones, “Quello finale, accorrete gente, prezzi non modici, ma mica la prossima volta torneranno… “. E se invece Mick Jagger fosse ancora oggi, a distanza di 60 anni dal debutto, un rebus irrisolvibile, nonostante l’iper esposizione e i riflettori sempre ben accolti?
Proviamo a trovare qualche scorciatoia per schematizzarne la vicenda. Nel mentre, in sottofondo, fate scorrere quel puzzle in bianco e nero di
“Exile On Main Street”, una delle icone discografiche della storia, non solo quella degli Stones, fresco cinquantenne, al debutto nei negozi il 12 maggio del 1972.
Mick Jagger e Keith Richards
Mick e Keith, si narra, incrociarono gli sguardi la prima volta che non sapevano ancora leggere, per poi perdersi di vista. D’un tratto, ecco il ritrovarsi, lungo i binari di una ferrovia, adolescenti e pare che quel giorno uno dei due avesse sotto braccio dei vinili di r’n’b, musica nera, forse proibita. Fu la mattina in cui furono poggiate le basi del futuro sodalizio, dei Glimmer Twins, di uno dei binomi cantautorali più celebrati e imitati di sempre. E invidiati, in primis da Brian Jones, il biondo fondatori delle Pietre Rotolanti, musicista dotatissimo ma, purtroppo per lui, non un autore. Ed ecco palesarsi all’orizzonte il regista della storia, Andrew Loog Oldham, il manager illuminato che chiude i due in una stanza e intima loro di scrivere, cosa per incanto accade e si susseguono riff su riff, parole e sconcezze, il blues riletto e reinventato, il rock del futuro che si manifesta e avanza e non fa prigionieri. Ma poi, come nei migliori matrimoni, qualcosa si incrina: la smorfia beffarda di Jagger vola alta e il suo padrone entra a far parte del jet set e il business sotto la sua egida cresce a dismisura, mentre il vecchio compagno affoga nell’eroina e nell’eroismo generazionale. Keith Richards, per gli amici Keef, ce la fa, guarisce, si avvicina all’amico Mick e glielo dice: “Sono pronto a tornare a bordo e a occuparmi anche degli affari”, ma Jagger fa finta di nulla e volano i coltelli,
per un attimo anche quelli veri, fino alla pace sancita, tra sponsor e conseguenti milioni di dollari, del 1989, l’anno in cui cade il Muro.
Mick Jagger e le donne
“In verità vi dico, Mick Jagger non ha una buona considerazione delle donne” (Marianne Faithfull).
Mick il latin lover, Mick l’amante dotatissimo, Mick lo spasimante che non indietreggia. E ha ragione lui: 4000, forse di più, donne passate sotto la sua protezione, le sue carezze, il suo potere.
Marianne sembra un angelo, McCartney le scrive i primi brani, lei diventa la donna degli Stones, vestita solo da una pelliccia quando la polizia fa irruzione in quel di Londra e arresta tutti. Mick però la lascia, per rischiare di non rimanere stecchito, lei disperata e tossica tenta il suicidio. Mick però trova Bianca, che è il suo sosia e diventa la signora Jagger, con un matrimonio celeberrimo, anche perché ricco solo di celebrità, a Saint Tropez. Ma gli anni 70 sono un turbinio di tradimenti, finché non spunta Jerry Hall, bionda modella americana, la quale per venti anni subisce umiliazioni in serie e, nel frattempo, diventa più volte mamma. Nel bel mezzo, sul finire del 1989, l’amico Eric Clapton si presenta al Madison Square Garden di NY per salutare i suoi amici rotolanti, ma fa l’errore di portare con sé la nuova, giovanissima, fidanzata, Carla Bruni.
Un mese dopo Mick e Carla sono amanti e, si vocifera, Jagger sconterà non poco la sua arroganza, divenendo lo schiavo della modella italo-francese, fino alla liberazione, che porta il nome di Luciana Gimenez Morad,
brasiliana e ovviamente bellissima e ben presto mamma. Jerry molla tutto. Anche Mick, ma è solo un momento. Incontra la modella e stilista L’Wren Scott con cui fa coppia fissa, finché un giorno lei non si uccide. È il 2014. Due anni dopo, Mick, padre, nonno e anche bisnonno, a 73 anni, diventa di
nuovo un papà; la giovane mamma è Melanie Hamrick, di professione ballerina.
Mick Jagger e gli uomini
C’è un non so che di equivoco nelle movenze di Mick, nel suo atteggiarsi, nella sua parlata. C’è chi giura che sia bisex. La cosa comincia a montare in epoca glam, quella del pop britannico avveniristico e super truccato di inizio seventies: scorrono le immagini rubate, ma forse non così
tanto, che lo ritraggono troppo abbracciato con David Bowie e con Lou Reed, due che non si fanno problemi all’epoca. Spunta anche Rudolf Nureyev, con il quale scatta la competizione, tra conquiste femminili, maschili e lo scontro amichevole su chi sia più bravo, tra passi di danza e
buffetti. Ma c’è anche l’amicizia, con Ahmet Ertegün, fondatore dell’Atlantic Records, il patron della discografia moderna, amato da tutti i suoi protetti, tra mille rivendicazioni di preferenze. Ma quando muore, Jagger è l’unico a poter leggere l’elogio funebre.
Mick Jagger e gli affari
“Abbiamo sempre saputo che Mick avrebbe tirato fuori qualcosa di buono dai suoi studi di economia” (Basil Fanshawe ed Eva Ensley Mary, genitori in vena di confidenze). Dopo la prima sbornia di successo, Jagger si guarda allo specchio e decide di prendere in mano la situazione. Lo si
capisce quando, al principio dei 70 convince i suoi compagni di bisboccia a mollare l’Inghilterra e le sue tasse esagerate, per trasferirsi in esilio fiscale in Costa Azzurra. La fuga dura due anni, il tempo di sistemare i conti e di trasformarsi nel padrone del giocattolo. Una mattina del 1972, mentre
tutti dormono a Nizza, prende i nastri delle registrazioni infinite, decolla con l’aereo personale a New York, mixa le tracce e fa uscire “Exile On Main Street”, capolavoro che, senza la sua azione decisiva, forse non sarebbe mai uscito. Tra il 1976 e il 1982 inaugura il grande circo del rock: tour
sponsorizzati in grandissimi spazi. L’esperienza diventa enorme dagli anni 90 fino a oggi. “Io dittatore?! Ora vi racconto una storia: quando abbiamo aperto per gli Stones a Los Angeles, per quattro concerti, ho visto Jagger scendere dal palco e infilarsi in ufficio per organizzare i pagamenti
di tutta la crew, oltre 400 persone. Ogni sera” (Axl Rose, frontman e padrone dei Guns N’ Roses, 1990).
Mick Jagger e gli imitatori
Il rock attuale, come pure quello dell’altro ieri e, si sospetta, pure quello del futuro, devono moltissimo alla progressione degli Stones, cattivi, viziosi, duri, sporchi eppure sofisticati ed eleganti. Così, chiunque abbia deciso di cimentarsi dinanzi al microfono rock qualche movenza, un
passo di danza, una smorfia, un urlo riecheggianti Jagger deve averlo fatto. Uno dei primi omaggi-imitazione fu quello di David Johansen, leader dei truccatissimi americani New York Dolls, fautori di un rock veloce e stradaiolo, anche proto punk, nella Grande Mela di inizio 70. Sempre
americano, di origine italiana, è Steven Tyler (all’anagrafe Tallarico), leader degli Aerosmith, dichiarato discepolo. Non male neanche il povero Michael Hutchence, frontman degli INXS, come pure Chris Robinson dei Black Crowes, un tempo genero di Goldie Hawn.
Mick Jagger e l’età
Perché Jagger invecchia ma si muove, agisce, ‘performa’ come se avesse venti anni di meno? Ha stretto un patto con il diavolo? O è lui il diavolo? (“Please allow me to introduce myself, I’m a man
of wealth and taste, I’ve been around for a long, long years Stole million man’ soul an faith”,
Sympathy For The Devil). Lui, furbo, si lascia ammirare ma non ha mai scritto un libro di ricette, né un manuale di istruzioni.
Mick Jagger, uno di noi, si fa per dire. Basta crederci.
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