Il teatro dei sogni di Andrea De Carlo
Un’incredibile quanto fortuita scoperta archeologica in una prospera cittadina del Settentrione diventa il pretesto per smascherare la superficialità di una certa Italietta -compito per il quale viene richiesta anche la collaborazione del lettore- ne Il teatro dei sogni, il nuovo romanzo di Andrea De Carlo (edito da La Nave di Teseo). Un libro che racconta in maniera sarcastica, con la complicità di un impianto narrativo che fa perno su vicende strampalate e personaggi inventati in cui è facile ritrovare i riferimenti reali, il Belpaese attuale e le sue assurdità e disegna una spassosa commedia degli equivoci in bilico tra la finzione e una realtà ridicola e paradossale.
La trama
Guiscardo Guidarini è il tipico personaggio decarliano, con il suo bagaglio di fascino anarchico e la sua ribellione malinconica, una “rockstar dell’archeologia”, che la mattina del primo di gennaio salva in maniera rocambolesca la vita a Veronica Del Muciaro, giornalista d’assalto di una trasmissione tv carnascialesca alla quale rivela il ritrovamento di un teatro ellenistico nel terreno di sua proprietà. Da qui prende l’avvio il secondo teatro del libro, quello che mette in scena ambizioni e conflitti di giornalisti “specialisti in verità alternative” pronti a vendere fuffa pur di fare notizia, di politici sgomitanti con la chimera di ottenere voti, di amministratori locali che denunciano la paternità del sito per farne fiore all’occhiello del territorio.
Teatri allo specchio
Ma non è tutto. Andrea De Carlo allestisce poi un teatro più grande, quello che rimanda metaforicamente all’Italia stessa, con le sue rappresentazioni di politica e di costume in cui personaggi improbabili indossano maschere che nascondono, senza sublimarla, la contemporaneità. Una matrioska narrativa che richiede l’intervento del lettore per trasformare l’immaginario romanzesco in satira tout court con cui, forse, poter rispondere all’interrogativo che muove tutto il libro. “Cos’è successo ai sogni, dove sono andati? Sarà necessaria una catastrofe collettiva perché si riprenda a sognare? Un blocco del nastro trasportatore che ci trascina a grande velocità verso il nulla?”.
Una provocazione gestita con mano sicura e ironica da un autore che, una volta di più, mostra il suo sguardo attento sulle fragilità della società contemporanea usando la storia di un teatro antico per dare voce ai sogni di oggi, forse irrimediabilmente perduti.
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